
Alla fine ha mollato anche lui che alla vita era sempre stato attaccato nonostante gli avesse riservato delle batoste che avrebbero ammazzato un leone. Per Ademaro Lombardi, storico presidente dell'Use, è suonata la sirena dell'ultimo quarto. Si alzano gli occhi al cielo e stavolta, purtroppo, non si guarda il tabellone segnapunti ma si guarda volare in alto una persona che è difficile ricordare con distacco per quello che ha significato non solo per noi che abbiamo avuto ed abbiamo l'onore di essere a casa sua, l'Use, ma per tutta la città. Sì perchè Ademaro Lombardi rientra in quella ristretta cerchia di personaggi che saranno ricordati per sempre nella storia sportiva di Empoli, persone che con passione e senza secondi fini, hanno fatto crescere nel tempo una società divenuta punto di riferimento per chi vuol fare o semplicemente ama lo sport. Il suo amore era la palla a spicchi, il suo cuore era biancorosso come l'Use, società della quale aveva sempre fatto parte al massimo livello. Per lunghissimi anni presidente, poi con la carica di presidente onorario assunta nel 2003 quando al suo posto si insediò Massimo Francalanci e dopo di lui Gianni Cerrini e Corrado Quaglierini. Ma, al di là delle cariche, Ademaro era sempre rimasto lì, in cabina di regia, presente ad ogni riunione di Consiglio a dire la sua grazie all'esperienza che aveva maturato ed alla quale nessuno voleva ed ha mai voluto rinunciare. Non c'è mai stato, anche negli ultimi anni, un passaggio importante della vita societaria che prima di essere affrontato non avesse il parere suo. <Ma Ademaro che ne pensa?>, la frase che qualunque dirigente diceva in questi momenti.
L'Use è sempre stata fino all'ultimo giorno la sua passione, una passione che lo faceva sentire vivo e che gli era forse servita a pensare un po' meno ai colpi che, in tempi diversi, la vita gli aveva riservato con la perdita di due figli, la cosa più crudele che un padre può subire. Lui, però, non aveva mai mollato e non mollava mai, non aveva mai perso uno spirito invidiabile ed andava ogni giorno al palazzetto con la sua bombolina dell'ossigeno, il bambino come scherzosamente la chiamava. Negli ultimi mesi, quando non riusciva più ad andare alla Lazzeri per motivi di salute, voleva che gli venissero portate a casa le registrazioni delle partite e, se capitava che la squadra giocasse in trasferta e il lunedi non fosse pronto il Dvd, aspettava massimo metà pomeriggio e poi chiamava per sapere perchè nessuno era ancora andato a casa sua. Perchè lui le partite dei suoi ragazzi le doveva vedere, sempre e comunque. E se, come accaduto in occasione delle recenti finali nazionali Under 18, le partite dell'Use si vedevano in streaming al computer lui chiedeva che qualcuno gliele mettesse e cercava di capire come fare a vederle da solo armeggiando a quel portatile che teneva nello studio e che, seppur con difficoltà, provava a usare facendo ammattire anche Andreina, la moglie che fino all'ultimo non lo ha mai lasciato un secondo da solo.
Non aveva un carattere facile, era uno abituato a dire pane al pane e vino al vino e soprattutto non le mandava mai a dire dietro chiunque avesse davanti, dote purtroppo spesso rara. C'erano poi quel suo bonario modo di fare, quella affabilità e quel carisma che aveva e che rendevano impossibile non volergli bene anche quando, magari, diceva in faccia quello che doveva dire. Come ha ricordato Mario Ferradini, uno dei suoi tanti allenatori, la sua era <la pallacanestro romantica e un po' naif nella quale sono cresciuto, quella delle strette di mano che contavano come e piu' dei contratti, quella dove l'uomo veniva prima del giocatore, quella dove non c'era il netcasting ma Ademaro era li, sul campo sia giocasse la prima squadra che l'ultima delle giovanili>. Uomo di un mondo diverso, un mondo che manca e mancherà sempre a chi lo ha vissuto. Come ci mancherà lui. L'Use perde suo 'babbo', la città perde una persona che ne ha scritto la storia sportiva. Addio presidente e grazie di tutto.
Marco Mainardi
Tutte le notizie di GoBlog