
“Mi ero ripromesso di non parlare nuovamente di D'Alema ma devo farlo per difendere la dignità e i risultati del Pd toscano dalle sue ricostruzioni pretestuose”, inizia così un lungo post su face book il segretario regionale del Pd della Toscana Dario Parrini dopo aver letto l’intervista di Massimo D’Alema di oggi al "Corriere della Sera", che definisce “piena di affermazioni bizzarre”, nella quale afferma che il Partito Democratico in Toscana abbia perso voti alle ultime elezioni regionali.
“Nell’intervista – replica Parrini - D'Alema fa una cosa buona e una meno buona. La cosa buona: accoglie finalmente l'ovvia regola che i paragoni elettorali si fanno solo tra dati omogenei (elezioni nazionali con elezioni nazionali, regionali con regionali, e così via). La cosa meno buona: per evitare che dall'applicazione di quella regola discenda una conclusione non conforme alla posizione che ha pregiudizialmente deciso di portare avanti, snocciola cifre false. Per esempio dice che il Pd in Toscana nelle regionali del 2015 ha perso 315 mila voti rispetto alle regionali del 2010. Si dà il caso che il Pd in Toscana abbia preso 641 mila voti nel 2010 e 615 mila nel 2015. In percentuale siamo passati dal 42,2 al 46,3%! Siccome – sottolinea il segretario Dem – dover tornare su questi numeri a tre mesi dalle elezioni è francamente seccante, dico solo questo: D'Alema lamenta che contro di lui vengono usati toni sprezzanti, bene, io sono sempre contro i toni sprezzanti: ma far notare che, per alimentare una polemica di corto respiro, si deforma una realtà costruita in una lunga campagna elettorale con la dedizione sincera di migliaia di militanti e con l'impegno di decine di candidati, non significa usare toni sprezzanti. Significa opporsi a una colossale mistificazione ai danni del nostro Pd”.
E tra le “affermazioni bizzarre” di D’Alema nell’intervista Parrini elenca “l'esercitazione retorica su una presunta rottura sentimentale tra popolo e Pd nel giorno in cui si apprende che oltre mezzo milione di cittadini hanno deciso di finanziare il nostro partito col due per mille dell'Irpef; l'attribuzione di tendenze staliniste a chi osa criticarlo o la rivendicazione del suo impegno pro-Ulivo quando è storia che nel 1998 divenne Presidente del Consiglio a scapito di Prodi e coi voti dichiaratamente anti-Ulivo di Cossiga”
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