Nada e Bobo Rondelli. Due Cantastorie d’eccezione al Marea Festival

Bobo Rondelli - Marea Festival

Benché l’esperienza di un concerto di Bobo Rondelli sia sempre qualcosa di così coinvolgente da lasciare un segno indelebile, devo ammettere che quella di sabato scorso al Marea festival di Fucecchio mi ha colpita più del solito. Vuoi perché il nuovo album è veramente bellissimo, vuoi perché la performance è stata rafforzata dalla collaborazione con Nada che ha aperto lo show  per poi cedergli il palco a metà serata. Ho avuto l’occasione di ammirare Nada dal vivo solo una volta in teatro e nel diverso ruolo di attrice. Devo ammettere che anche il suo live musicale risulta essere molto teatralizzato. Nella gestualità, nella modulazione della voce, per le pause ad effetto, le espressioni, i vocalizzi armonizzati in accordo con la risposta del pubblico. L’ho percepita come una novella cantastorie, di follia, di tristezza. Storie ben costruite, intendiamoci. Ma molto cupe e drammatiche, appunto. Difficilmente godibili se decontestualizzate. Comunque, anche se il suo repertorio musicale non è molto nelle mie corde, non se ne può certo negare il grande valore. I brani sono microcosmi. E poi vuoi mettere il cantare a squarcia gola grandi successi come Ma che freddo fa e Amore disperato? Brani così radicati nella cultura nostrana che se pur vecchiotti ormai sono degli ever green conosciuti e canticchiati anche dai bambini. Già, perché quel che non vi ho detto è che il pubblico presente era veramente variegato. Da zero a ottantanni credo che tutte le fasce di età siano state equamente rappresentate. E dopo aver celebrato in coppia con Rondelli il poeta livornese Carnevali, Nada ha lasciato il posto sul palco al collega suo conterraneo. E il contrasto tra i due modi di abbracciare il pubblico, tra i due diversi modi di essere cantastorie,  ha forse fatto apprezzare ancor di più l’artista per eccellenza, il livornese dal piglio allegro e allo stesso tempo impegnato. Un grande della canzone d’autore, da intenditori, stimato da critica e pubblico per la sua schiettezza oltre che per il suo talento. Bobo Rondelli. Ilare. Originale. Divertente. Profondo. Un animale da palcoscenico dotato di grande carisma e della capacità, più o meno improvvisata, di passare con disinvoltura da un linguaggio squisitamente musicale ad un altro più cabarettistico, prendendo in prestito la voce da altri grandi artisti come Tognazzi, Pelù, Celentano, Monni, Mastroianni, per far presenti, tramite la loro voce - spersonalizzandosi, ma neanche troppo - le proprie idee. Posizioni sempre oneste su argomenti squisitamente attuali. Una campagna di diffusione della  cultura come non ce ne sono più da anni, da quando i cantautori e i loro successi avevano anche un ruolo più attivo, divulgativo, per sensibilizzare e  far riflettere. Insomma parliamo proprio di un vero front man, un artista completo, come pochi ce ne sono. Rondelli è uno capace di farvi ridere a crepapelle e un minuto dopo portarvi alle lacrime per la commozione. Un po’ buffone un po’ poeta insomma, passa da una gag all’altra in maniera così naturale e fluida che ti accompagna continuamente in porti dove non credevi saresti mai approdato, prendendo coscienza senza nemmeno accorgertene di cose più che serie. Solo per questo meriterebbe di essere più conosciuto a livello nazionale.

Nel Live Bobo ha presentato tutto il suo meraviglioso repertorio, in particolare l'ultimo album, Come i Carnevali, passando con disinvoltura dai brani degli esordi con gli Ottavo Padiglione a classici della canzone napoletana passando per una stupefacente  versione di I Don't Want to Grow Up dei Ramones.

L’ascolto del nuovo disco, frutto della collaborazione con Francesco Bianconi dei Baustelle, mi ha spinto a un’analisi dei testi. Il potere della parola per me è importante quanto quello della musica. Li ho trovati così veri, poetici, e onesti, che mi chiedo ancora perché Bobo non goda di una notorietà adeguata al suo talento. Questo lavoro omaggia grandi personaggi, alcuni purtroppo sconosciuti ai più. Dallo scrittore Neryk Goldszmit, che salvò, sacrificandosi,  bambini nel campo di sterminio nazista di Treblinka, a  Emanuel Carnevali,  poeta precursore della beat generation. Ma è pieno di tante altre citazioni squisitamente letterarie e cinematografiche, come ad esempio il brano Cielo e terra che  racconta di una grande amore ispirato a Le notti bianche di Dostoevskij. Eccezionali anche Qualche volta sogno d’ispirazione felliniana, o  La voglia matta dedicata alle avventure anni '70  del grande  Tognazzi. Più autobiografica invece, la scanzonata Autorizza papà,  una canzone che esplicita  la voglia di un padre di tornare bambino insieme al figlio per insegnarli l’amore attraverso la leggerezza.

Riassumendo, se ve lo siete perso, stavolta mi dispiace proprio tanto per voi. Ma tanto.

 

 

 

 

 

Giusi Alessandra Vaccaro

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