Un omaggio ai mestieri e alle tradizioni, ai fornaciai e ai focaioli. Si può riassumere così la giornata di sabato all'interno della fornace MITAL di Impruneta.
Una giornata nata e voluta per celebrare degnamente i primi cento anni di storia della fornace e colui che nella famiglia Mariani ha lasciato un'impronta indelebile nelle scelte che hanno caratterizzato quello che è a tutti gli effetti il lavoro di una vita: Anselmo Mariani. Una persona che con i suoi saldi principi ha fatto sì che quelle stesse scelte siano rimaste intatte per quattro generazioni.
Dopo di lui, infatti, è stato Angiolo Mariani a far conoscere il cotto di famiglia in tutto il mondo e oggi l'azienda di Impruneta poggia le sue solide radici sui suoi tre figli, Luigi, Franco ed Enrico, e sul nipote Marco, producendo non solo oggetti artistici ma anche materiali tradizionali, realizzati a mano, del classico cotto imprunetino impiegato appunto nelle costruzioni di residenze e ville.
Oltre ovviamente a una vasta gamma di prodotti per l'arredamento (conche, vasi, orci, giardiniere, cassonetti e fioriere), con una specializzazione in più, particolarmente gradita da una vasta clientela sparsa in tutto il mondo, quella delle figure e della statue di varia dimensione. Insomma, una presenza centenaria per un lavoro antico e inserito
nella storia secolare di Impruneta e del suo pregiato cotto. Tutto ciò adesso è raccolto anche in un libro, “Anselmo Mariani e la sua fornace – Mestiere e tradizione”, a cura di Alberto Greco per “Le Lettere”, presentato ieri all'interno dell'azienda da Marco Cellai, dallo stesso autore, dal professor Giuliano Pinto, docente di storia medievale, e naturalmente dal padrone di casa, Angiolo Mariani che con forte determinazione ha voluto la stesura del libro.
Un libro che richiama a valori importanti, visto che Anselmo non accettò mai l'introduzione di macchine per la lavorazione delle terrecotte laddove queste fossero state concepite per sostituire il lavoro degli operai; questo non solo per non abbandonare la tradizione “ma anche e soprattutto – si legge nel libro – perchè era fermamente convinto che ognuno ha bisogno e diritto di lavorare e non si potevano dunque licenziare i collaboratori solo per ottenere un maggiore guadagno”.
Valori importanti e una scelta, quella di non meccanizzare la produzione, che alla lunga è stata premiata.
Come testimoniano le tantissime persone presenti ieri per spegnere le cento candeline ma soprattutto per dimostrare il loro affetto ad Angiolo e alla sua famiglia: “Sono molto orgoglioso di questo evento che ho fortemente voluto per onorare la figura di mio padre”, queste le sue parole.
Parole scolpite nella roccia, anzi nel cotto, un'ulteriore dimostrazione della forza di una storia secolare ma che non intende certo fermarsi alla pagina appena scritta.
Fonte: Ufficio Stampa
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