
Vista l’ affluenza di visitatori, l’ Assedio di Canelli (AT) si conferma appuntamento seguito da un numero sempre maggiore di pubblico, con il consueto bagno di folla ad assistere alla Disfida della Carra, vinta – domenica 21 giugno - dalla forte squadra di Cerreto Guidi che, per il secondo anno consecutivo, ha sconfitto gli energumeni macedoni di Alessandro Magno, in gara per la Città di Canelli.
Il team cerretese,– composto da Giomini Andrea, Feri Alessandro, Caponi Alessandro, Calistri Alessio, Mattia Scardigli, Mirco Mercuri, Carlo Squarci, Vannetti Gianni e Tozzini Simone – ha concesso, sostenuto – come sempre - da una fetta consistente di pubblico locale, una sola manche nella prima sfida con la squadra degli Occitani di Castelmagno (2-1), proseguendo poi con sonori 2-0 nei successivi scontri diretti.
Con lo stesso punteggio sgominava - con tenacia vigorosa (ben 900 Kg di “forza peso”) - Canelli, composta dai fortissimi atleti della comunità dei Macedoni, apprezzati lavoratori in agricoltura, stabilitasi da tempo nelle terre del Moscato.
“Non c’è stata storia per nessuno” – ha commentato Gianni Vannetti, determinato ed invidiato trainer della squadra, che alla “voce” ha saputo dare i “giusti op” per gli “strappi” decisivi.
Ad onor di cronaca non si può non registrare il forte disappunto dei Macedoni, che quest’anno si erano presentati all’ appuntamento ben allenati e sicuri di riprendersi il primo posto, loro da ben dieci anni.
Cerreto Guidi – per il secondo anno consecutivo - ha infranto questo primato: ne inizierà un altro toscano ?
Il verdetto nel 2016 e, nel frattempo, si è brindato tutti insieme, come si conviene cavallerescamente nel “c.d terzo tempo”.
Anche in questa edizione i concorrenti hanno ricevuto premi in natura e gli atleti di Cerreto si sono assicurati 36 bottiglie di Moscato di Canelli, vanto della Città, una “damigiana di 34 litri di buon “Barbera” locale e lo scudo de “La Carra”, realizzato e dipinto da un valente Pittore locale.
Il gioco della "Carra"
Nel pomeriggio di domenica, per celebrare la vittoria, ha luogo in piazza Cavour lo spettacolare gioco della "carra" che vede contrapposte due squadre di sette spingitori ciascuna.
La "carra", grossa botte posta sopra un carro, conteneva sino a dieci-dodici brente attuali (circa 650 litri), era usata in Piemonte, nel Seicento, oltre che per il trasporto del vino, anche come sua unità di misura nel commercio. Il carro, ricostruito dai "maestri falegnami" canellesi, consta di un piano centrale sul quale è montato un grande contenitore in legno lavorato. Al suo interno, viene posta una grande botte, che andrà in premio al vincitore.
Alle due estremità del carro è montato un enorme timone in legno, che sporge per oltre due metri, lungo il quale sono fissati quattro pioli. Due squadre, composte da otto elementi, si piazzano tra i pioli dei due timoni per spingere la carra (vedere foto). Vince la squadra che riesce a ricacciare l'avversaria oltre il limite stabilito. Oltre al trofeo realizzato da un artista famoso, è in palio la "carra" (225 litri di vino).
La disputa fa riferimento alla realtà storica: l'esercito nemico si ritirò tanto precipitosamente da abbandonare vettovaglie e armi. La suddivisione del bottino scatenò numerose liti tra i canellesi e gli abitanti dei paesi vicini accorsi ad aiutare.
Il colonnello Taffini ordinò dunque che le spoglie più preziose fossero assegnate al gruppo di persone in grado di spingere il gran carro su cui esse erano ammassate, vincendo la resistenza di un'altra squadra di contendenti.
Il gioco si ripete oggi con le stesse regole.
L'assedio di Canelli - Anno 1613
L'Assedio di Canelli è molto più di una semplice rievocazione storica: è la festa dei canellesi che, rivivendo il passato, sanciscono forte e chiara la propria identità, e si riappropriano di quelle "radici" che sono il presupposto fondamentale di ogni comunità.
E' una festa in cui l'esatta ricostruzione storica viene resa viva ed autentica dal coinvolgimento popolare, che riesce a creare un clima difficilmente riscontrabile in altre manifestazioni in costume.
Musica, teatro, storia, costume, arte, artigianato ed eno-gastronomia sono gli elementi di una miscela avvincente che richiama ogni anno più di 50.000 visitatori. E' una festa senza schemi e senza forzature, in cui la storia rivive attimo per attimo anche nei più piccoli gesti, nelle espressioni dei volti, nelle ombre e nelle pietre della Città antica.
Sul canovaccio degli avvenimenti principali, più di duemila figuranti in costume rappresentano lo storico assedio subìto nel 1613 ricreando per due giorni l'atmosfera e le situazioni di una città assediata e coinvolgendo il visitatore che diventa al tempo stesso testimone degli eventi e protagonista, sia che si confonda tra ufficiali e soldati o tra contadini sbandati con i loro animali, sussultando per gli imprevisti scoppi delle artiglierie nemiche, evitando i carriaggi di masserizie che strepitano sul selciato, sia che frequenti le osterie e le taverne dove convengono anche i malfattori e gli accattoni.
Come per i soldati e i popolani, il visitatore, deve sottostare agli obblighi ferrei del lasciapassare: deve accettare di buon grado l'eventuale inquisizione da parte delle guardie di ronda e rischia la berlina se nelle osterie alza troppo il gomito. E poi odore di polvere da sparo ovunque, tamburi, ordini concitati, ispezioni a sorpresa, momenti di relativa tranquillità alternati a quelli eccitati delle sortite, alterigia degli ufficiali e dolore della povera gente. Una sorpresa dopo l'altra, un'emozione continua.
Il fatto storico
La manifestazione prende il via da un fatto storico ben documentato che si inquadra nell'ambito delle guerre per la successione del Ducato di Monferrato (1613-1617). Nel 1612 moriva Francesco Gonzaga, duca di Mantova, che aveva diritti sul Monferrato. Alla sua morte si aprirono innumerevoli controversie per la successione. Carlo Emanuele I, duca di Savoia (che era il nonno dell'unica figlia del defunto Duca), per difendere i secolari interessi che casa Savoia aveva sul Monferrato, decise di risolvere le controversie con le armi. Si diede inizio a quella che fu definita la "guerra per la successione del Ducato di Monferrato".
Canelli, posta sul confine tra Savoia e Monferrato, interamente fortificata, fu teatro di innumerevoli combattimenti e subì numerosi attacchi.
Nel giugno del 1613, approfittando della mancanza di soldati dalle fortificazioni canellesi, Carlo Gonzaga, duca di Nevérs con un reggimento di cavalleria, uno di fanteria e con diversi cannoni, attraversò il fiume Belbo e pose l'assedio alla città. Le truppe monferrine tentarono in più modi di entrare in Canelli, ma la piccola guarnigione rimasta fu aiutata in modo determinante dalla popolazione che, con non pochi sacrifici riuscì a resistere a tutti gli attacchi e a reagire in modo decisivo. I nemici furono costretti "al ritirarsi con morte d 'alcuni cavalieri principali, capitani, soldati, et molti feriti" fuggendo "con tanto spavento et fuga che lasciarono sopra la piazza, i petardi et le scale con alcuni pezzi di bronzo et altri carri carichi di moschettoni da posta, piche et altre armi".
Il Duca di Savoia per ringraziamento e per premiare gli uomini e le donne di Canelli del loro comportamento li esentò per trent'anni, con apposito decreto, dal pagamento delle tasse.
Fonte: Ufficio Stampa
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