
Bambagioni: “Importante alzare il velo sui manicomi, triste piaga della nostra storia”
“Ora prendete il telescopio e misurate le distanze e guardate fra me e voi chi è il più pericoloso”, scrive un ricoverato in una lettera rivolta ai familiari che lo hanno fatto internare al manicomio di Volterra. Quella lettera, mai spedita, è solo una delle tante che la direzione di quel manicomio ha manomesso, censurato, mai inviato o consegnato, ai propri degenti, in linea con quanto accadeva in tutti o quasi gli ospedali psichiatrici d’Italia.
Proprio dalla lettura di un libro sulle lettere negate agli internati nel manicomio di Volterra, mai spedite o mai recapitate loro, il pittore Fulvio Leoncini, toscano di Santa Croce sull’Arno, ha realizzato la mostra “Elettroshock”, dedicata al dolore di quei “reclusi”. Oggi l’esposizione è stata aperta nelle sale al secondo piano di palazzo Bastogi.
Ad inaugurare la mostra, con l’artista e il critico d’arte Nicola Nuti, il consigliere Paolo Bambagioni, che ha detto: “Abbiamo voluto che questo pittore esponesse qui sia perché fa un percorso d’arte nel silenzio della sua bottega, senza andare in cerca di facili clamori, sia perché la sua pittura ci consente di alzare il velo sui manicomi, triste piaga della nostra storia”.
In occasione della mostra è stato stampato un catalogo, con presentazione di Bambagioni e testo di Nuti, che riporta le testimonianze di altri due cultori d’arte, Fabrizio Mugnaini e Carlo Ricciardi, nonché frasi significative sulla follia e sui manicomi di Milan Kundera, Alda Merini e Jack Kerouac.
Ha spiegato Nuti: “Leoncini è un artista interessato all’interiorità dell’essere umano, a quella parte in ombra che è dentro ognuno di noi, ma sulla quale, come dice egli stesso, si può sempre accendere una luce”. E ancora: “Questa mostra è il frutto di due anni e mezzo di intenso lavoro”.
Leoncini, da parte sua, ha così concluso: “La lettura di quelle lettere e il successivo lavoro hanno rappresentato, per me, un’immersione totale in un dolore inimmaginabile. A me, d’altronde, non interessava descrivere la follia, ma rappresentare il dolore di chi ha subito la doppia violenza dell’essere prima internato e poi privato di ogni più tenue filo di voce. E per rappresentare quel dolore, occorreva prima viverlo”.
La mostra sarà visitabile, nella sede del Consiglio toscano a palazzo Bastogi (via Cavour 18, Firenze), fino a venerdì 15 novembre, tutti i giorni, eccetto il sabato e la domenica, dalle 14 alle 18
Fonte: Regione Toscana
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