Il dolce sapore della vendetta


Non bisogna essere esperti di mass-media o di psicologia delle masse per stimare che i contatti delle trasmissioni sportive delle emittenti fiorentine e toscane, quelle – per capirsi - che si concentrano sulla rimasticatura delle vicende della giornata di campionato e nobilitano (o, squalificano, a seconda dei punti di vista) le estenuanti e inconcludenti chiacchiere da bar, abbiano avuto ieri sera dei picchi di ascolto da guinness dei primati.

Come tutti sanno, ieri la Fiorentina ha superato la Juventus per la prima volta dal 1998 e “Pepito” Rossi è finalmente succeduto a Batistuta fra i giustizieri della “Vecchia Signora”. Quale fine di domenica più dolce per gli appassionati viola, intenti a farsi carezzare l’orgoglio risarcito di fronte al teleschermo fino a notte fonda per ascoltare le balsamiche celebrazioni di giornalisti e di tifosi legittimamente in estasi?

Qui interessa però soprattutto ricordare che il 4-2 firmato dai ragazzi di Montella chiude finalmente una ferita emotiva aperta dall’ancora più remoto 3-2 patito a Torino dalla prima Juventus di Lippi il 4 dicembre 1994. La piaga è finalmente rimarginata perché ripagata con la stessa moneta del successo conseguito in rimonta, dopo una gara condotta all’inseguimento e quando anche i frequentanti più ottimisti della curva Fiesole si erano ormai rassegnati ad archiviare un’altra giornata di amarezza, al cospetto degli odiati bianconeri.

Il contesto

Nel dicembre 1994, “Quelli che… il calcio” era appena alla sua seconda edizione ed era ben lungi dal diventare la trasmissione stucchevole e pettegola di oggi, che riciclando naufraghi dei reality e insistendo su formule che erano innovative 20 anni fa, è ormai diventata la parodia di se stessa. La Juventus, invece, veniva da un’insolita astinenza in fatto di Scudetti, che ancor più eccezionalmente aveva compensato con alcune vittorie continentali, una delle quali proprio contro la Fiorentina nella finale di Coppa Uefa del maggio 1990, segnata psicologicamente dal già avvenuto trasferimento di Roberto Baggio alla corte degli Agnelli. La Fiorentina, dal canto suo, nel 1994, aveva ormai sgrezzato l’inesperto Batistuta che ne guidava l’attacco col piglio del “Re Leone”, sulla via per diventare il più prolifico marcatore viola di tutti i tempi.

Le panchine erano guidate, da una parte, da Marcello Lippi, arrivato a Torino con alle spalle appena un buon campionato al Napoli e sul quale la nuova dirigenza bianconera aveva sorprendentemente puntato per un definitivo rilancio ai vertici del calcio italiano, e dall’altra da Claudio Ranieri, che stava conducendo un inaspettato torneo di vertice dopo aver prontamente riportato la Fiorentina nella massima serie, a seguito dell’inopinata retrocessione di due anni prima, quando Vittorio Cecchi Gori aveva affrettatamente licenziato Gigi Radice per far posto ad Aldo Agroppi.

La partita

Per farla breve, prima di misurarsi quel 4 dicembre 1994, la Juventus e la Fiorentina occupavano rispettivamente il secondo e terzo posto, dietro la capolista Parma, distanziate da un punto l’una dall’altra. Alla fine del primo tempo, la Fiorentina stava confermando il proprio ruolo di mina vagante del campionato, poiché Baiano e Carbone l’avevano issata sul 2-0 sfruttando certe amnesie difensive juventine. Il rassicurante vantaggio aveva a lungo resistito agli assalti veementi di una delle formazioni bianconere più muscolari mai assemblate – anche troppo “muscolare”, avrebbe insinuato Zdenek Zeman e cercato di dimostrare il PM Raffaele Guariniello anni dopo.

Anche allora, quando sembrava che il risultato non fosse più in discussione, una doppietta di un indemoniato e redivivo Vialli nel giro di tre minuti rimise in equilibrio il match, fino a che un anonimo lancio di Alessandro Orlando (che l’anno successivo sarebbe approdato proprio alla Fiorentina) favorì la piena espressione della spavalda gioventù del ventenne Del Piero, che con sprezzo della vergogna osò una spaccata acrobatica che depositò il pallone alle spalle dell’incredulo Toldo.

Per la storia, quel 3-2 conquistato in “zona Cesarini” collocò la Juventus sul favorevole piano inclinato dell’incrollabile fiducia nei propri mezzi e la spinse verso il primo Scudetto dal 1986, mentre Del Piero cominciò da lì la scalata verso i vertici del calcio internazionale.

Se pare segno di cedimento alle ragioni del cuore prefigurare alla Fiorentina di Montella e a Giuseppe Rossi lo stesso destino di successo scaturito da quel 3-2 del “Delle Alpi”, le analogie con il 4-2 del “Franchi”, purtroppo, finiscono qui.