
Pubblichiamo la lettera di Simone Campinoti, imprenditore empolese e grande amico dell'Opera Madonnina del Grappa, in chiusura dell'evento fiorentino dell'11 dicembre 'Parole Note', con gli interventi di Giancarlo Cattaneo e Maurizio Rossato e la sand art di Giulia Ghibli.
"Lunedì 11 dicembre è andato in scena, nella sala teatro della Parrocchia di San Pio X al Sodo, qualcosa di speciale, una di quelle cose che pur brevi sono un momento di amore, ciò che io chiamo la “Scintilla del Cuore”. Nella sua semplicità, ha dato dimostrazione che ciò che conta è la concretezza e non la sola apparenza, che è il male supremo del nostro disorientato tempo.
Bravissimi Giancarlo Cattaneo (Radio Capital) ed il suo collega Maurizio Rossato (Radio DJ), il team di questo progetto innovativo che si chiama PAROLE-NOTE, e che insieme a Giulia Rubenni, in arte Giulia Ghibli Ru, con la sua magistrale Sand Art, ci hanno fatto riflettere con le loro parole, la musica e le immagini.
La cornice perfetta alle parole e alle lettere toccanti di don Vincenzo Russo dell’Opera Madonnina del Grappa e Casa Caciolle che, con la complicità di Simone Campinoti umile amico fraterno e forse “Nipote dell’Opera”, ha creato e sostenuto l’evento.
Abbiamo parlato di Amore. Amore per un figlio, amore della madre, amore per lui o lei. Amore in tutte le sue sfumature. Durante le poesie recitate in modo toccante e coinvolgente da Giancarlo sono state proiettate le immagini dinamiche di sabbia di Giulia che interpretava in modo speciale i temi.
Sono anche state proiettate scene di vari film speciali, dove erano ricorrenti i concetti di non mollare mai. Forse proprio questa frase identifica bene quello che è stato il primo esperimento speriamo di una lunga serie.
Il tema concettuale da cui siamo partiti era carcere, perdono, gli ultimi. Uomini e donne che in una società dell’apparire, dove qualsiasi media propone, come modelli vincenti, persone sempre bellissime e profumatissime, che ostentano consumisticamente la felicità dalle cose, ovvero ripongono tutto il loro essere felici nel possedere un orologio più bello, una macchina più grande o qualsiasi altra cosa.
Qualcosa che in ultima analisi, invece di generare vera felicità, schiavizza le persone portandole a perdere di vista il loro vero essere persona, trasformando tutti in stupidi e sorridenti consumatori frenetici e dipendenti. Come, e forse anche peggio della droga. Per questo ormai si misura la felicità con cose che si possono comprare e l’infelicità con cose desiderate ma che sono spesso oltre le personali possibilità e così generano frustrazione e talvolta anche odio sociale nei confronti di coloro che diversamente da noi possono averle, fino anche a spingere le persone al compromesso morale e all’illegalità per averle.
Poi, una volta avute tutto ricomincia da capo. Insomma una finta corsa alla felicità, che, invece di creare ponti di solidarietà, che oggi sarebbero sempre più necessari, crea argini e barriere di serpeggiante odio, senza rendersi nemmeno conto del perché si odia.
Ed è in questo contesto, che specie sotto le feste di Natale, la società dà il peggio di sé, disperdendo quel poco che rimane del vero senso della Festa. Tutti siamo inconsciamente alla disperata ricerca di amore, il che ci rende egoisti e ci dimentichiamo del diverso, anche se nello stesso luogo delle luci e dei sorrisi, vivono nell’ombra, nascosti da questa società ingrata, uomini e donne che la felicità non l’hanno mai avuta o l’hanno persa insieme alla speranza. Ignorati perché considerati in alcuni casi colpevoli, brutti, puzzolenti, esteticamente inaccettabili in una società dove l’apparenza ormai vince la sostanza.
Qui entra in gioco Don Vincenzo e tutta l’Opera della Madonnina Del Grappa in tutte le sue ramificazioni, istituzione che tanti anni fa venne fondata da Don Giulio Facibeni per dare concretamente una speranza e un po’ amore e felicità agli orfani di guerra. Ancora oggi il suo messaggio viene portato avanti faticosamente da uomini e donne, che per missione o per lavoro, (dove spesso il lavoro diviene esso stesso missione), danno il proprio cuore ed il proprio sudore, donando amore agli ultimi e tra questi oggi ci sono i carcerati, vecchio sogno di don Facibeni.
Ecco che, dopo un lungo e tortuoso percorso di parole, il tema di lunedì si è riconnesso perfettamente e si è svelato attraverso uno spettacolo, che mira ad accender il cuore di chi ascolta, raccontando la parte bella dell’amore sperando di accendere la riflessione sulla parte nascosta della società. In questo periodo Natalizio, fatto di luci scintillanti, alberi e grandi abbuffate, il vero senso del Natale è Gesù, un uomo che, se per i fedeli è il figlio di Dio, anche per i laici è un esempio universale di umiltà, sacrificio, perdono.
E oggi più di ogni altro tempo, Gesù non si trova nei negozi scintillanti e nelle manifestazioni consumistiche che vorrebbero celebrare la sua nascita, ma con certezza si trovano nei luoghi degli ultimi, nei quali si vive la sofferenza vera, la povertà il disagio, luoghi dove oggi si trova più umanità che in ogni altro luogo.
Dopo un’ora di parole e musica, dopo una lettera che Don Vincenzo ha scritto al Papa dopo la sua visita ai luoghi di Don Milani, altro grande generatore ante litteram di quell’ amore vero e profondo che don Vincenzo e tutta l’Opera Madonnina del Grappa strenuamente cercano di tenere alto.
Alla fine il viaggio di questa sera magica è finito o forse, se siamo stati bravi, è solo iniziato nel cuore di tutti i partecipanti, in tutti coloro che sono riusciti ad aprirsi con occhi puri di bambino per potere vedere questa diversa prospettiva del nostro mondo".