"Non c'è più la Toscana felice, né dobbiamo essere la bella addormentata nel bosco". Il presidente della Toscana Enrico Rossi spiega così il senso del rapporto annuale sui fenomeni di criminalità in Toscana affidata alla Normale di Pisa, presentato oggi a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze alla presenza del ministro Orlando.
"Non c'è, ad oggi - spiega Rossi - in Toscana una presenza territoriale organizzata della mafia. Ma domani potrebbe accadere. Già oggi del resto la Toscana è terra dove le mafie e la criminalità investono e sono state certificate presenze preoccupanti: sulla gestione dei rifiuti, sulle tratte e il caporalato, sul commercio della droga o i traffici del porto di Livorno. E non dobbiamo farci dunque trovare impreparati". "Serve – dice Rossi - un'attenzione consapevole, anche quando non ci sono grossi titoli, perché chiudere gli occhi in questi casi è esiziale. La Toscana è attraversata da tutte le contraddizioni dell'epoca che stiamo vivendo". Da qui la metafora del tumore e della prevenzione. "Serve uno screening periodico – sottolinea il presidente -, per evitare sorprese e far sì c he l'intervento chirurgico sia meno invasivo e con maggiori possibilità di successo". "Chi sa può contrastare meglio – conclude Rossi - ma sapere smuove anche la coscienza civile e questa è una grande ricchezza della Toscana: un tessuto sociale reattivo riconosciuto anche da più di un magistrato, vivo anche nelle istituzioni quando non si chiudono in se stesse e decidono di collaborare. Ed è quel fuoco attivo che ci permetterà di non fare passi indietro che con questa ricerca vogliamo stimolare, affinché i cittadini che sanno si facciano coraggio e montino le scale delle procure denunciando anomalie di ogni sorta".
L'impegno toscano è stato apprezzato anche dal ministro Orlando. "La Regione ha colto con questo rapporto lo spirito della nuova autorità nazionale. Tra gli avversari della lotta alla mafia – ha detto – c'è il negazionismo della sua presenza. Un elemento irrinunciabile deve essere dunque l'analisi dei questi fenomeni per affinare la capacità di reazione e siccome ogni territorio e ogni realtà ha la sue specificità, rapporti regionali e locali sono importantissimi".
Nell'intervento in sala Pegaso il presidente Rossi si è soffermato su ulteriori temi, partendo dalle inchieste giudiziarie in corso. "Dobbiamo combattere anche quei fenomeni che giuridicamente non si possono definire mafia ma sono altrettanto preoccupanti" premette. Accenna così a Prato, alle aziende cinesi, al mancato rispetto delle regole sulla sicurezza sul lavoro e all'evasione fiscale e contributiva, che "creano un intreccio e una zona grigia di criticità". "Credo – afferma – che la politica e le istituzioni debbano prendere consapevolezza e schierarsi in maniera netta". Rammenta le indagini sulle frodi nel settore vinicolo, "su cui già ci sono risultati importanti", l'impegno contro il caporalato e la tratta delle donne, quello nel contrasto al mercato della droga.
Rossi rimarca la parte che vuole fare la Regione, senza tirarsi indietro, "perché anche le pubbliche amministrazioni devono fare il loro dovere". "La politica – si sofferma - deve fare il primo passo, prima ancora della magistratura, e rafforzare tutti quei presidi che consentano di combattere i fenomeni corruttivi". Serve trasparenza e la Toscana lo sta facendo con l'attività ad esempio dell'osservatorio sugli appalti pubblici, il primo a partire tra le Regioni.
Le mafie in Toscana, il rapporto annuale della Normale di Pisa
"La Toscana non è terra di mafia, ma la mafia c'è". Lo diceva lo scomparso giudice Caponnetto e la ricerca realizzata dalla Normale di Pisa lo conferma. Già dopo i primi mesi di studio si rafforza infatti la consapevolezza che non esistono regioni sul territorio nazionale immuni dalle mafie e dai fenomeni corruttivi. E la Toscana non fa eccezione. La situazione di fatto supera la fotografia scattata da giudici, perché ci sono reati che talvolta non sono qualificati giuridicamente con una matrice mafiosa ma nella sostanza lo sono, ricondotti a gruppi autonomi o singoli individui, ugualmente pericolosi da un punta di vista sociale e che dimostrano l'elevata vulnerabilità di alcuni territori. Pochi e sporadici casi insomma da articolo 416 bis, ma ben più numerose attività criminali a sostegno di associazioni di stampo mafioso.
Il rapporto della Scuola Normale di Pisa, primo di tre studi concordati dalla Regione con l'ateneo fino al 2018, è stato approvato a luglio dalla giunta regionale. L'ha curato la professoressa Donatella Della Porta, con la collaborazione di Andrea Pirro, Salvatore Sberna e Alberto Vannucci.
L'indagine è innovativa e sperimentale nella metodologia e nel focus, ma anche nel processo che lo guida, partecipativo. La ricerca ha visto infatti il coinvolgimento delle principali istituzioni impegnate in Toscana nell'attività di prevenzione e contrasto fenomeni criminali esaminati. I risultati e punti salienti sono stati messi in evidenza oggi, nel corso di una conferenza stampa, dal presidente della Toscana Enrico Rossi assieme all'assessore alla presidenza e legalità Vittorio Bugli.
Mercati illeciti e capitali ‘ripuliti'
Gli interessi dei clan criminali sono duplici: far affari ma anche reinvestire il frutto di attività consumate altrove. Da un lato ci sono così i mercati illeciti, fin troppo fiorenti e vasti anche in Toscana da non attirare gli appetiti di gruppi criminali ben organizzati come le mafie storiche italiane o le mafie straniere, e dall'altro ci sono i capitali illeciti, che inquinano l'economia della Toscana.
Ecco così che il porto di Livorno si evidenzia come hub di ingresso per i traffici in larga scala di droghe e stupefacenti. Quello toscano è tra i mercati più fiorenti tra le regioni italiane, in mano non ad una ma più organizzazioni; ma la Toscana e il porto di Livorno sarebbero uno snodo centrale soprattutto nel traffico internazionale di stupefacenti in ingresso in Europa, in particolare quello di cocaina, diretto da organizzazioni in gran parte riconducibili all''ndrangheta calabrese.
Ecco la connessione, forte, tra gioco d'azzardo e usura, riconducibile al clan dei ‘casalesi' e alla malavita casertana, mentre pochi (a Prato nella comunità cinese, in Versilia, Lucchesia e Valdarno) si dimostrano i casi di pizzo e estorsione. Ecco lo sfruttamento della prostituzione, legato a fenomeni di tratta e riduzione della schiavitù, con un ruolo prevalente di gruppi stranieri rispetto a quelli italiani. Ecco il caporalato e lavoro irregolare, con la Maremma e il Senese più esposti di altri territori, e ultimo ma non certo meno grave il traffico di rifiuti. La Toscana, secondo le statistiche raccolte e rielaborate ogni anno da Legambiente, si posiziona infatti tra le prime regioni in Italia per fenomeni di criminalità ambientale, anche se va detto che, come accade per molti indici che partono dalla misura di denunce e azioni penali, le regioni più virtuose sul fronte dei controlli sono anche quelle che rischiano di più il possibile paradosso di presentare un numero più elevato di violazioni.
Pochi gli omicidi di matrice mafiosa, in particolare concentrati nei primi anni Novanta. Tra gli ultimi ce n'è uno a Tirrenia, nel 2015, legato a traffici di stupefacenti.
C'è poi la criminalità che non solo approfitta dei mercati illeciti, ma viene anche a sciacquare e ripulire in Toscana i capitali frutto di attività consumate altrove. La ricerca offre al riguardo una prima ricognizione. Gli investimenti, ingenti e diversificati, riguardano turismo, commercio e settore immobiliare, ancora il principale canale di investimento e riciclaggio della mafie storiche. C'è poi un'imprenditorialità mafiosa e criminale che riguarda lo smaltimento dei rifiuti, il tessile, le confezioni e l'edilizia, senza escludere a priori possibili forme di complicità e collusione con l'amministrazione pubblica.
Beni confiscati
La ricerca mostra anche una mappatura dei beni sotto sequestro o confiscati ad associazioni criminali. Il dato, aggiornato ad oggi, ci dice che sono 451, di cui 64 già riutilizzati per uso sociale. Le aziende confiscate sono 46, in gran parte ancora da destinare. Il grosso delle aziende si concentra a Prato e provincia, Lucca, Livorno e Firenze.
Certo, indicano gli studiosi, la possibile espansione dello strumento della confisca strumenti ad altre forme di reato impone la ricerca di soluzioni per superare le criticità legate ai tempi di assegnazione. Pochi sono infatti i beni per cui è stata decisa l'assegnazione definitiva. La tenuta di Suvignano, in provincia di Siena, è un caso emblematico. L'anno scorso è stata firmata un'intesa per la sua gestione con un progetto pilota di agricoltura sociale ma ancora manca l'ultimo passo.
Corruzione
La vulnerabilità di certi territori e mercati, come quello degli appalti pubblici, interessa anche le istituzioni. La ricerca passa così in rassegna alla fine anche il fenomeno della corruzione, incrociando i dati dei tribunali con quelli delle notizie apparse sui media. Si parte dalla Toscana, per poi successivamente allargare il raggio a tutta l'Italia. Gli enti locali, emerge chiaramente, sono il livello che resta più vulnerabile.
I numeri raccontano una netta linea di tendenza verso la crescita dei reati contro la Pa e in particolare dei reati di corruzione ad Arezzo (dove sono più che triplicati, passati da 36 a 113), a Firenze, Lucca e Prato; sono stabili invece a Livorno, Pisa e Siena. Almeno 21 processi per corruzione, sei per concussione e 39 per peculato sono stati avviati nei tribunali toscani tra il 2014 e 2015. Spiccano, dopo la provincia aretina, i ben 13 processi per corruzione avviati a Firenze, i 12 per peculato a Grosseto, i 13 sempre per peculato a Pistoia.
La ricerca non ha solo lo scopo di scattare una fotografia. La mappatura aiuterà a comprendere quali settori della pubblica amministrazione e quali funzioni e procedure siano più vulnerabili. Irpet e l'Osservatorio regionale sugli appalti, che collaborano, hanno elaborato dei primi indicatori di anomalia a partire da un'analisi di tutti i contratti banditi dalle amministrazioni pubbliche che operano in Toscana. Questi indicatori di rischio saranno messi a disposizione sia delle amministrazioni – per aiutarle nell'elaborazione dei piani anticorruzione previsti dalla normativa nazionale - sia di tutta la società civile, che così potrà vigilare sui comportamenti delle istituzioni pubbliche.
Per approfondire, consulta il rapporto
Corruzione, Di Giorgi: “Investire su formazione e contrasto”
“La globalizzazione e la finanziarizzazione dell'economia hanno reso più semplice anche per le attività criminali delinquere e occultare i proventi illeciti. Per contrastare ciò è necessario investire sempre di più in sicurezza ma anche nella formazione. Formazione delle forze dell'ordine per aggiornare i metodi investigativi, formazione agli amministratori pubblici per monitorare i fenomeni e indirizzare politiche ad hoc, ma anche formazione ai cittadini perché conoscere e riconoscere tali fenomeni è il primo passo per vincere le sfide contro le mafie”, lo afferma la vicepresidente del Senato Rosa Maria di Giorgi in occasione della presentazione del primo Rapporto annuale sui fenomeni corruttivi e di criminalità organizzata in Toscana alla presenza del ministro della giustizia Andrea Orlando.
“Rispetto a questo, giova ricordare che i governi Renzi e Gentiloni, hanno reintrodotto il falso in bilancio, inasprito le pene e resi più lunghi i tempi di prescrizione per i reati specifici, garantendo protezione a chi denuncia fatti corruttivi nelle pubbliche amministrazioni, mentre la richiesta di patteggiamento è ora condizionata all'ammissione del fatto da parte dell'imputato e alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato. Inoltre, come avviene già per i mafiosi, al condannato per corruzione la legge prevede che saranno sequestrati tutti i beni di cui non è in grado di dimostrare la provenienza lecita. Senza contare l'istituzione, nel 2014, dell' Autorità Nazionale Anticorruzione, affidata a Raffaele Cantone, con il compito di prevenire la corruzione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate”, sottolinea Di Giorgi
“Non solo, nell'ultima legge di bilancio sono state aumentate le risorse per le forze di polizia e per i nuclei investigativi” aggiunge la vicepresidente del Senato, che conclude: “è importante che il sentimento morale contro le mafie cresca sempre più: la conoscenza dei fenomeni è il primo passo per contrastarli. Mi auguro pertanto che questi rapporti escano il più possibile dalle aule dei tribunali e dalla ristretta cerchia degli addetti ai lavori, perché diventino patrimonio comune di riflessione. E' importante infatti che se ne parli il più possibile e si crei quella massa critica necessaria per alzare il livello di attenzione nella società”.
Fonte: Giunta Regionale
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