Palio di Fucecchio: Ferruzza, più che il dolor poté il digiuno?

Continua lo speciale sul Palio di Fucecchio: andiamo alla scoperta della contrada Ferruzza


Nel trentatreesimo canto della Commedia, Dante fa esclamare al Conte Ugolino una delle frasi più famose dell'opera: poscia, più che 'l dolor poté il digiuno. Nel corso degli anni questo verso ha avuto una duplice interpretazione, spesso infatti si è parlato di vittoria degli istinti brutali dell'uomo sul suo dolore. Trasportando le parole del Conte Ugolino al Palio di Fucecchio, e svuotandole del loro significato un po' troppo pesante, ecco che il digiuno potrebbe avere la meglio sul dolore per la contrada Ferruzza.

Nel 1981 ebbe inizio la storia recente del Palio delle Contrade e al 1981 risale l'ultimo successo di Ferruzza, che poi sarebbe anche il primo. Una soddisfazione e anche un incubo, l'inizio di una grande storia che diventa una maledizione come quella europea del Benfica: è Ferruzza a scrivere la storia per prima, ma è anche la contrada che da più tempo non vince il palio. A tenerle compagnia c'è Cappiano, l'acerrima rivale: ogni palio perso dai calligiani è quasi una vittoria per i bianconeri, ma la vittoria vera manca ormai da troppo tempo. E chissà, magari più del dolor potrà il digiuno.

Ferruzza: l'araldica e la storia

Si chiama Ferruzza quella parte a nord-ovest di Fucecchio che si trova ai piedi della collina. Oggi è una delle parti più frequentate della cittadina di Montanelli - e da poco è stata inaugurata in zona una statua per ricordare il celebre giornalista - ma le sue radici risalgono a centinaia di anni fa. Le prime notizie si hanno agli inizi del XIV secolo, quando si incomincia a fare il nome di questa 'Ferruzza', e proprio il nome divide gli storici. Un po' come la frase del Conte Ugolino, e tutto torna.

Ferruzza deriverebbe da Fonte della Peruzza, una fonte costruita da Pieruccio di Nuto, conosciuto anche come Perizzo. Da Peruzza a Ferruzza il passo è foneticamente breve e sono in molti a pensare che l'attuale denominazione della contrada, e conseguentemente anche dell'Oratorio edificato nel XV secolo, sia dovuta proprio a Pieruccio di Nuto. Una seconda versione invece vuole che la zona si chiami così per via della presenza in antichità ferraioli (i 'ferrucci' e dunque la 'Ferruccia'). Altri invece affermano che debba il nome al podestà Antonio Ferrucci, che fece costruire la Fonte e il Tabernacolo alla Madonna, la Vergine Ferruccia. A oggi, la versione più quotata rimane quella di Pieruccio-Perizzo, presa per buona dagli stessi contradaioli e tramandata con fierezza di generazione in generazione.

Se il nome è nato nel XIV-XV secolo all'incirca, a un centinaio di anni prima, come minimo, si deve la nascita dell'area. Inizialmente pare che vi fosse un rifugio per eremiti lungo la via Francigena, ma soprattutto la fascia vicina alla collina era ricca di giacimenti ghiaiosi da cui veniva estratta la ghiaia per fare le strade. Quando la storia ci mette lo zampino non rimane che rimanere sbalorditi: la ghiaia venne infatti utilizzata per la strada tra Ferruzza e Ponte a Cappiano. C'è da scommettere che qualcuno tra i bianconeri non sia troppo contento.

Bianco e nero sono infatti i colori presenti nello stemma di Ferruzza. La contrada ha come stemma un vaiato di bianco e nero, caricato di un airone cenerino d’argento. Nobiltà e onore sono i valori che simboleggia l'araldica e che i contradaioli riconoscono ancora oggi.

Ferruzza: la prima (e unica) cosa bella

Non bisogna vivere di ricordi, ma per Ferruzza questa regola non vale. Entrando nella sede della contrada si respirano il senso di appartenenza e una volontà di rivincita che non si trovano altrove. Se le altre contrade bene o male sono riuscite a trionfare nel corso degli anni, Ferruzza ha sulle spalle il peso di una generazione pronta a riscattarsi e a far colorare di bianco e nero - tra l'altro, i colori della Fucecchio calcistica - la Buca del Palio.

Quel 1981 è lontano nel tempo ma non nello spazio, almeno non in contrada. Il cencio di trentasei anni fa fa bella mostra nella sede: allora fu Luca Sardelli a regalare la prima e finora unica gioia ai bianconeri. All'epoca il fantino su Vola Vola staccò tutti e trionfò nella prima edizione, quella a tredici contrade visto che Querce esisteva ancora. I ricordi non sono sfocati ma ben vividi: le ore piccole a far festa, l'ultima curva con Sardelli arcuato su Vola Vola a tagliare il traguardo, i fiumi di spumante tra i contradaioli festanti.

Trentasei anni fa però era il primo Palio delle Contrade, non si parlava ancora di tradizione, non era una questione di vita o di morte come oggi. C'è gente che in vita sua non ha mai goduto per un cencio in bianconero: motivazioni in più per tenere sott'occhio questa contrada, giovane e vogliosa di vincere.

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