Siamo stati ricoverati quasi tutti, purtroppo, per periodi più o meno lunghi, in ospedale. In un ambiente decisamente poco piacevole come questo, il rapporto umano è estremamente fondamentale: l'affetto e il calore, la sensibilità, sono una cura che si aggiunge a quella tradizionale, una medicina che amplifica gli effetti benefici della scienza. Oggi ho deciso di pubblicare, così, una testimonianza splendida, un po' lunga, ma che merita assolutamente di essere letta:
"Ciao Iacopo, perdona il disturbo. Potrei anche evitare di scriverti, ma avevo voglia di raccontarti ciò che spesso mi capita di vivere.
Sono una ragazza di 24 anni, tra qualche mese diventerò un infermiera, e per tale motivo passo gran parte del mio tempo in ospedale per il tirocinio. Quando cominci l'università t'insegnano che la prima cosa che un infermiere deve saper fare è Assistere il paziente, e ció comprende sviluppare l'empatia, saper ascoltare e tante altre belle cose che in tre anni non ho mai visto praticare nei confronti di nessun ammalato, specie nei confronti dei disabili, visti solo come un enorme peso. Ti racconto ciò che ho vissuto qualche giorno fà: arrivo in ospedale come sempre (mi trovo in un reparto di pneumologia), e subito mi informano che durante il weekend è giunto un paziente pesante da gestire, "palloso" lo definisce un infermiere. Entro nella camera a questo punto, curiosa di conoscerlo, e capisco subito a cosa è riferito il "pesante da gestire". Conosco F., un uomo di 45 anni, in carrozzina, con l'ossigeno collegato 24h al gg per un grave problema, e non proprio magrissimo. Mi sorride subito e mi chiede se posso gentilmente aiutarlo ad accendere la tv. Un'ora dopo F. deve scendere al primo piano (il reparto è al 4piano) per fare un ecoaddome e una tac. Ovviamente chiamano noi tirocinanti per portarlo giù, perchè F. pesa e loro non si scomodano a scendere una carrozzina con annessa anche bombola di ossigeno che la rende ancora più pesante. Io e un mio amico ci offriamo volontari (non è che avessimo scelta). Passiamo mezz'ora in compagnia di F., gli chiedo della sua vita, mi racconta che era fidanzato un tempo, che peró da quando ha scoperto di essere malato ha preferito lasciarla per permetterle di rifarsi una vita serena senza dover badare lui. Mi dice che le manca, che è triste che è sempre solo insieme alla madre, mi dice che gli ricordo tanto lei, e mentre me lo racconta scoppia in lacrime. Io rimango spiazzata. La prima cosa spontanea che faccio è abbracciarlo. Sento subito che, grazie alle mie braccia, comincia a rilassarsi e a tremare di meno, fino a quando non si calma. Passo l'altra mezz'ora a stringergli la mano. Una volta terminato i controlli, F. mi ringrazia, mi dice che da quando passa molto tempo in ospedale, mai nessuno gli aveva dimostrato questo calore e questo sostegno. Lo riaccompagniamo in reparto, e mentre spingo la carrozzina non avverto alcun peso, l'unica cosa a cui penso è che non voglio essere un'infermiera come tutte le altre, che voglio ascoltare i bisogni delle persone, che senza dare un minimo d'amore ai poveri ammalati la nostra professione perde valore, che al mondo ho conosciuto milioni di F. che si sentono soli, e a cui non viene data alcuna mano. Giunti in reparto, riaccompagno F. in stanza che ritorna ad avere gli occhi lucidi, forse perchè avverte di nuovo la solitudine imminente. Un infermiere nota i suoi occhi, e non appena usciamo dalla stanza, mi rimprovera, dicendo che non dobbiamo perder tempo a parlar con gli ammalati, specie con questi più problematici (e per problematici intende disabili), perchè noi non possiamo aiutarli in alcun modo.
Sono ritornata a casa e allora ho pianto io, ho pianto perchè non mi riconosco in queste persone, perchè vorrei poter fare qualcosa, perchè ho capito che solo aiutando gli altri sto veramente bene, perchè cerco di sensibilizzare gli altri, di fargli sviluppare una certa sensibilità ma niente. Sono delusa dalle vecchie generazioni, da cui avrei dovuto ricevere insegnamenti ma che mi hanno solo insegnato ad emarginare chi è più debole; ancor più demotivata se penso alla mia di generazione. Il mondo è bello perchè esiste gente come F. che riesce a condividere i proprio pensieri, il proprio dolore ad un estraneo per ricevere amore, perchè ha fiducia di riceverlo. Ma chi è disposto davvero a darne?
Perdona lo sfogo Iacopo. In cuor mio conservo ancora qualche speranza. Da quando ho conosciuto te e la tua pagina, la voglia di poter fare qualcosa di concreto per gli altri, è aumentata ancora di più. Spero solo che questa motivazione non venga sopraffatta dai cattivi pensieri, che qualche volta mi affliggono. Nel mio piccolo cerco di far sentire meno sole, tutte le persone che mi capita di incontrare. Ti abbraccio Iacopo, sei un grandissima persona."
Cara C. , la splendida persona sei tu che incarni esattamente quella parola che cerco di portare avanti e inculcare nella gente: "empatia". Ma quanto è bella? Quanto è splendido mettersi nei panni degli altri, assorbirne la bellezza ma anche i malumori, provare a curarne i brutti pensieri cercando di soffiare via le loro nuvole?
Sono certo che sarai una splendida infermiera e che curerai tanti pazienti, non solo nel loro corpo ma anche nella loro anima, perché quando si cura l'aspetto emotivo anche quello fisico ci mette prima a risanarsi. E lo dice la scienza, peccato che poi se ne dimentichino in molti di coloro che dovrebbero metterla in pratica, quella stessa scienza appunto.
Pubblico il tuo messaggio perché sei un esempio, ma soprattutto una scintilla di speranza. Ti prego, non farti coinvolgere dalla negatività, non farti abbattere mai. Sei un fiore bellissimo in un terreno arido, resisti perché solo così, qualcuno, prima o poi, sarà spinto a seminare altri fiori.
Ti abbraccio io, stavolta, forte.
Iacopo Melio