Trent'anni senza il 'Professore': incontro a Empoli per commemorare Gianfranco Guerri

Gianfranco Guerri in una foto dell'epoca

Domani, sabato 11 marzo, alle 10.30 ricorreranno i 30 anni dalla scomparsa del professor Gianfranco Guerri, pilastro della Empoli che fu. A ricordarlo saranno tanti amici dell'epoca nella sala delle assemblee della Misericordia di Empoli in via Cavour. In nome del "Professore", così veniva chiamato in virtù del titolo di medico, saranno raccontati ricordi, aneddoti e memorie da Grazino Cioni, Antonio Caponi, Carlo Giannoni, Paolo Cappetti, Roberto Taviani, Enrico Puccioni e Vera Falorni. Introdurranno la giornata Paolo Pianigiani e il figlio Giovanni Guerri.

Intanto riportiamo due contributi, quello di Cioni e quello di Taviani


Il mio amico Gianfranco Guerri , "il Professore"
Di Graziano Cioni

Sono passati 30 anni da quando Gianfranco ci ha lasciato, se ne è andato in silenzio, era nel suo ambulatorio dove, gratuitamente, visitava i pazienti.
E’  morto all'interno della sua seconda casa, l'ospedale di Empoli.

La professione di medico era per lui una missione, il suo pensiero era sempre vicino ai suoi pazienti. La domenica sera, quando a casa sua eravamo a cena, poche volte ho disertato questo appuntamento settimanale, si alzava per telefonare ai suoi collaboratori di turno nel reparto e si faceva fare il "bollettino". Se c'era bisogno della sua presenza ci lasciava e correva in ospedale… il malato prima di tutto.

Quando arrivarono le domeniche ecologiche senza auto, la sua mamma ci regalò due biciclette, acquistate dall'amico Mazzino, per non mancare all'appuntamento domenicale. Già, Mazzino, sempre disponibile a fare da autista a Gianfranco, al bisogno.

Danilo Sani, Remo Scappini, Enzo Puccioni, Sergio Bonistalli, Rina Chiarini tutti amici fraterni del "Professore" che lo frequentavano, io credo, anche per me era la stessa cosa, con lui ti lasciavi alle spalle tutte le porcherie di questo mondo...

Rina, medaglia d'argento al Valore Militare, lei torturata dai fascisti nella famigerata Casa dello Studente a Genova, durante un pranzo in campagna, dove Gianfranco aveva una casetta, ebbe a dire, le persone si dividono fra buoni e cattivi, questo prescinde dalla appartenenza ai partiti.

Lo diceva con il sorriso a Gianfranco che lei, ovviamente, considerava un "buono" per eccellenza. Quanta ragione aveva!

Famiglia, Chiesa e Ospedale può sembrare un orizzonte ristretto e invece no, come lo viveva lui gli sarebbero state necessarie le giornate doppie.
Amato dagli empolesi che lo hanno conosciuto e che lui ha sempre considerato la "sua" famiglia.

Figlio, Babbo, Marito e Amico, ha fatto sentire, palpabile, l'amore e l'affetto.

Sono passati 30 anni, ma è come se con te, avessimo preso il Caffè, stamattina, al Bar Vittoria... il più vicino all'ospedale… Ciao Gianfranco.

Un ricordo del Professore
Di Roberto Taviani

Ricordo bene di averlo conosciuto nell'aprile maggio 1969 per il "Tirocinio prelaurea ", poi tanti giorni, tante notti passate in Ospedale… Il Professor Guerri… preparato, ottima cultura, buona manualità chirurgica… beh rappresentava il “mio modello”.

E poi, calmo, sempre disponibile per un aiuto, un consiglio. Sempre in Ospedale, anche troppo.

Quando non era in sala operatoria o in corsia, lo trovavi sempre nel Suo ambulatorio. Me lo ricordo, piuttosto defilato, una sala d’attesa spartana, sempre affollata, di gente comune, silenziosa, che attendeva pazientemente il suo turno di essere visitata, consigliata, forse anche solo ascoltata.
Già allora mi dava l’idea di un posto sacro, dove appunto si aspettava composti, in silenzio.

Quando dovevo andarci a chiedere consigli, a ragguagliarlo su un nuovo ingresso, e magari lo portavo via per un “caso” impegnativo, e quando si è giovani i “casi” impegnativi sono tanti, tantissimi, quasi mi dispiaceva portarlo via dai suoi Pazienti in attesa, di rubarglielo.

A volte non nego di aver pensato a “quel luogo” come a un “Santuario”. Mancavano solo le grucce alle pareti e gli ex voto.

Anche in Sala Operatoria, trasudava di “misticismo”. Quasi sofferente nei momenti impegnativi, sudaticcio, … il Vecchio invece reagiva incazzandosi, prendendosela con gli altri e magari col Padreterno.

Questa ricerca della “perfezione” del pelo nell’ovo. Non per nulla il Vecchio (il prof. Tuci) lo chiamava cavillo. Il non staccare, il portarsi il lavoro a casa. No… non puoi reggere... e un brutto pomeriggio appunto di trenta anni fa....

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