Referendum, il Prc della Valdelsa: "Sì e No sono stati voti di classe"

(foto gonews.it)

“I giovani, i disoccupati, le persone con un reddito più basso. Sono loro ad aver portato alla vittoria del No al referendum costituzionale. Tra chi, oltre a essere giovane, è anche disoccupato, le ragioni del No hanno fatto ancora più presa”: non lo scrivono  né Granma né Pravda; lo dice Il Sole 24 ore, organo di Confindustria.
“A me non appartiene il merito di aver scoperto l'esistenza delle classi e la lotta tra di esse. Già molto prima di me gli storici borghesi avevano esposto l'evoluzione storica di questa lotta delle classi”, scriveva Karl Marx.

Il voto del 4 dicembre è stato uno schiaffo sonoro a chi da anni, anche a sinistra, proclama la scomparsa delle classi e del loro antagonismo. Oggi, a ricordare la loro esistenza, è proprio il giornale del padronato, pur con tipico linguaggio liberale: “nei numeri c'è tutta la protesta per una crisi economica che non accenna a esaurirsi”.

Se il Sì ha prevalso nei quartieri più agiati o nelle città più “trend”, rimanendo comunque confinato a 12 province su 106, è nelle periferie cittadine, nelle aree  marginalizzate del Paese, che si sono registrate le più alte percentuali di No alla politica “lacrime e sangue” dei tagli a servizi sociali e pensioni, della disoccupazione e del precariato, condotta dai governi italiani negli ultimi trent'anni ed estremizzata dal governo Renzi.

E' stato un voto di classe: tanto il Sì quanto il No.

A dimostrarlo è ancora una volta l'organo padronale che, in maniera rudemente esplicita, ha bollato come “idiota” e “conservatore”, da privare del diritto di voto, chiunque non si sia adeguato allo stravolgimento della Costituzione pianificato dalle nuove logge massoniche italiche su incarico di BCE, UE, JP Morgan e Confindustria.

E' stato un No di classe che nessun tentativo imbonitore del governo è valso a scongiurare. “Non siamo stati convincenti” ha detto l'ex presidente del Consiglio. Da televenditore di chiacchiere, ha finto di non capire che non si trattava dell'ennesima comparsata TV per convincere i poveri che sia loro interesse che i ricchi diventino ancora più ricchi: erano e sono in campo i bisogni urgenti dei milioni di lavoratori schiacciati tra una crisi funzionale a banche, monopoli, UE e gli appetiti clientelar-mafiosi.

Se qualcuno, tutt'oggi, continua a parlare di “accozzaglie”, possiamo dire che l'unica ammucchiata (al di là del guazzabuglio “ideologico” che ha visto, nei centri più ricchi, buona parte di berlusconiani ed elementi dichiaratamente nazisti schierati per il Sì) sia stata quella di strati e classi sociali “superiori” in crisi di egemonia e ossequiati da giullari di corte, vip, sociologi in astinenza da visibilità e affabulatori mediatici che ora, alla maniera de Il Sole 24 ore, strepitano che ad aver votato No sono stati quelli che “non capiscono niente”, che preferiscono un “mondo abitato dai peggiori” e non sanno che “il mondo si divide in falliti e riusciti”.

Che sia stato di un voto di classe, lo dimostrano le manovre che hanno condotto all'incarico al nuovo presidente del consiglio, coi vecchi e nuovi democristiani di un PD espressione di spinte antioperaie e antipopolari, affastellati in un comitato d'affari che continui ad assicurare gli interessi massonici di congreghe economiche locali, nazionali e sovranazionali e riuniti attorno al novello San Paolo-Gentiloni, che rinnova agli sfruttati di oggi l'ammonimento apostolico “Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore”, mentre lui continuerà la sudditanza a USA e NATO in Libia, Afghanistan e ovunque ci sia da inviare armi e soldati italiani a “esportare la democrazia”.

Il voto del 4 dicembre ha solo sventato, ma non eliminato, il sacrificio della Costituzione sull'altare della grossa finanza. Per dare continuità alla volontà sociale uscita dal referendum, è essenziale tirarsi fuori dalla palude di governi cosiddetti tecnici, di responsabilità nazionale o istituzionali che siano.

E' essenziale che le forze progressiste e democratiche vigilino contro ogni tentazione di alleanze elettorali qualunquiste, tra schieramenti che hanno sostenuto il No per puro interesse di bottega; vigilino contro ogni scorciatoia che porti al governo formazioni attente solo ai premi di maggioranza per continuare ad amministrare gli interessi economici e finanziari di quello schieramento sociale uscito sconfitto dalla volontà popolare.

Soprattutto, è fondamentale che i comunisti e i progressisti riescano ad esprimere una rappresentanza politica chiara del massiccio blocco sociale che ha detto NO a Renzi e alle politiche della troika UE-FMI-BCE e impediscano qualsiasi inciucio che tenga ancora a galla destre, populisti di varia natura e logge clientelari-affaristiche.

L’obiettivo più immediato è quello di azzerare i provvedimenti neoliberisti renziani, a cominciare da quelli su lavoro, pensioni e scuola".

Partito della Rifondazione Comunista - Circoli di Certaldo-Gambassi e Castelfiorentino-Montaione

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