Alvise di Robilant: il delitto del Conte

In Toscana gli omicidi rimasti irrisolti non sono pochi. Ovviamente, la nostra memoria va subito ai duplici omicidi del Mostro di Firenze, ma ne abbiamo un altro, altrettanto misterioso ed efferato, anche se articolato con un modus operandi del tutto diverso, ed è quello del Conte Alvise di Robilant. Gentleman di stile inglese, impeccabile nel vestire, dal fare elegante che affascinava le donne, inequivocabilmente di sangue blu. Apparteneva all'alta società italiana ed internazionale, era imparentato con gli Agnelli e con l'antica casa fiorentina dei Rucellai. Gran frequentatore di salotti dell'alta società, il conte Alvise di Robilant era nato a Bologna il 19 febbraio del 1925. A cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta era stato direttore italiano della 'Sotheby's' la famosa casa d'aste inglese con sede anche a Firenze. Quando questa lasciò l'Italia, il conte aveva proseguito a lavorare per conto proprio trattando quadri.

L’omicidio del conte Alvise Di Robilant ha tutti gli ingredienti giusti per poter essere  un romanzo uscito dalla penna di un grande scrittore giallista. Il delitto ha come sfondo una delle più belle città d’arte d’Italia, Firenze, come teatro, l’antico palazzo Rucellai, ricco di storia e di arte e per ultimo, come protagonista, la figura di un conte, apparentemente senza nemici, amante dell’arte e della vita. Ad intessere una sottile ma intricata rete tra tutti questi elementi è la morte, che arriva all'improvviso, all'età di 72 anni. Il cadavere del conte viene ritrovato a terra, con il cranio fracassato e una singolare traccia lasciata dall'assassino, un quadro di San Girolamo, rabbiosamente sfregiato. Fu l’autopsia a stabilire la modalità con cui era stato operato il massacro: i colpi sferrati dall'alto in basso, i primi alla fronte e gli ultimi alla nuca, non avevano lasciato alla vittima neanche il tempo di difendersi. Il corpo era stato poi coperto dall'assassino, segno che dopo la furia omicida, evidentemente dettata da forte impeto e passione, resosi conto della brutalità del gesto commesso, ebbe un segno di pietà per il corpo massacrato.

Dai rilievi effettuati sul posto, era risultato il seguente quadro: la porta di casa non presentava segni di scasso, quindi con molta probabilità doveva essere stata la vittima stessa ad aprire al suo spietato assassino, la stanza era in disordine, del sangue era schizzato alle pareti, in camera il letto era disfatto e sul tavolo della cucina c’era una bottiglia di spumante ancora chiusa. Oltre al quadro sfregiato, che si trovava sopra il letto, venne rinvenuto il computer con il vetro dello schermo rotto. La polizia stabilì che il disordine rappresentava una messa in scena durante la quale l’assassino era stato molto attento a cancellare le tracce della sua presenza.  Molte furono le ipotesi avanzate: delitto passionale? In un primo momento si pensò che ad uccidere il conte potesse essere stata una mano femminile, per questo si cominciò ad indagare nel circolo di amicizie della vittima, ma, dopo aver interrogato molte donne, l’ipotesi venne scartata escludendo, in base alla modalità del delitto che una donna potesse essere stata capace di colpire con tanta efferatezza. Delitto a sfondo economico-lavorativo? Si iniziò a seguire anche la pista legata all'ambiente del lavoro, ma poiché secondo le testimonianze di antiquari fiorentini era da un po’ che il conte era fuori dal “giro grosso”, venne abbandonata anche questa.

In questa storia intricata, finiscono per essere chiamati in causa anche fantasmi del passato. Gli inquirenti rispolverano vecchi fascicoli di due delitti, analoghi per particolari a quello di palazzo Rucellai. Il primo, è quello di Filippo Giordano delle Lanze, antiquario veneziano, ucciso a Cà Dario, palazzo sul Canal Grande. Fu trovato morto dalla domestica, il cadavere, seminudo, giaceva a terra in camera da letto in una pozza di sangue, accanto, un quadro. Era stato colpito più volte alla testa. Il secondo caso, avvenuto nel luglio del ’91, ebbe come vittima Rodolfo Lodovigi, un rappresentante di moda che venne trovato morto colpito alla testa da un oggetto contundente e accoltellato. Ad ogni modo, a parte alcuni particolari che accomunano i tre omicidi niente di utile venne trovato ai fini dell’indagine. Sono passati 20 anni e il caso Alvise Di Robilant sembra essere destinato a rimanere uno dei tanti intricati gialli irrisolti della storia italiana.

Giulia Meozzi

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