La storia e le foto di Rio Macone nel volume di Aurelio Cupelli

Domenica 20 novembre, alle ore 17:30, in San Miniato, nella splendida cornice della Cappella di Sant’Urbano, gentilmente concessa dalla ProLoco, con ingresso dalla via Angelica da Piazza del Popolo, all’interno del programma di eventi culturali collaterali alla 46a. Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco di San Miniato, Aurelio Cupelli presenta il suo nuovo libro dal titolo: Rio Macone. Diario, racconti, immagini.

Durante tutto il secondo fine settimana dell’annuale kermesse dedicata al pregiato tartufo bianco sanminiatese, nella cappella di Sant’Urbano Aurelio Cupelli esporrà le 54 immagini che compongono la collezione fotografica che illustra tutto il percorso del Rio Macone, dalla valle di Scoccolino fino alla cataratta sull’Arno in località Ventignano. La mostra è completata dalla presenza di 8 tavole che riproducono altrettante ortofoto del bacino del rio Macone datate dal 1954 al 2013, che mostrano come è mutato il territorio in questi ultimi 60 anni.

Aurelio Cupelli ha scritto, nella sua ormai trentennale attività di artista ecclettico, forse più di cento libri e libretti, ma mai come stavolta il lettore verrà catturato dalla densità del racconto e anche delle immagini. Siamo davanti a qualcosa di davvero particolare, un teatro della natura, che del teatro ha soprattutto la problematicità, il dramma che sta dietro all’azione degli uomini e delle cose.

Nella sua vita Cupelli ha rappresentato paesaggi, persone, eventi, spettacoli, film, con fotografie e racconti. Preso sempre dall’incanto, ma mai ha restituito quello che è descritto in questo suo viaggio lungo il Rio Macone.

Con quest’opera, un diario con immagini e parole, non didascaliche ma romanzate e concatenate, è tornato a sperimentare una formula letteraria che nel 2006 gli valse, con il suo “trenAretino”, la selezione alla finale della ventiduesima edizione del Premio Pieve, organizzato dall’archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano AR.

Le fotografie e le parole di Aurelio, pur documentando, senza nascondere gli odori fetidi della degenerazione della natura, ma facendolo andando a toccare le corde più emozionali, riesce con la sua narrazione a trasformare il Rio Macone, facendolo diventare una metafora dell’oggi e anche un luogo mitico del passato e a volte anche del presente.

Cupelli ha compiuto, a piedi con la sua macchina fotografica in mano, tutto il tracciato del rio Macone, in un mattino di quest’ultima arida estate, addentrandosi in un territorio che è definito spesso da segni invisibili per molti, come un piccolo ponte, due cipressi, un noce o una quercia. Qui, per descrivere i luoghi, racconta anche di se stesso bambino, che cade nel rio sfondando la superficie ghiacciata o di suo padre che lo portava con sé a tagliare gli sterpi di piante a noi sconosciute, che serviranno per far crescere i piselli. O come ancora di pomodori che, proprio lungo il tracciato del rio, la sua famiglia coltivava a campi interi, portandoli al tempo del raccolto fino alla fabbrica, alla SAIAT, luogo anche questo mitico, almeno per gli abitanti di San Miniato Basso. Ancora oggi segnalato da una ciminiera che si alza vicina alla stazione ferroviaria.

Ci racconta di pomodori mangiati a voraci morsi appena raccolti, o diventati conserve dentro ad una fabbrica dalla quale fuoriescono rumore e vapori infernali.

Il libro è arricchito dalla prefazione di Andrea Mancini, intellettuale ed artista anche lui sanminiatese, che parla di un autore, Aurelio Cupelli, che cammina per il suo tragitto lungo il Rio Macone, condotto dalla memoria e ancora di più dalla cultura, che è la sua: antica, contadina, fatta di esperienze importanti, a terra o sul trattore; ma che, ed è ancora la sua, di contadino acculturato, che può e sa usare la tecnologia per conoscere l’altezza e i tempi della luna, così come faceva accanto al padre, osservando semplicemente il cielo, per non sbagliare il tempo della semina dell’insalata.

Mancini, per come Cupelli conserva una memoria viva, non nostalgica, che può condurre avanti, lo accomuna ai suoi amici animatori del Teatro Povero di Monticchiello, protagonisti di una eccezionale esperienza di teatro e di vita, che li ha tenuti svegli negli ultimi cinquant’anni, davanti ai cambiamenti, alle tante variazioni a cui è stata sottoposta la loro civiltà.

Pensando che anche loro hanno camminato lungo il Rio Macone, scoprendo che non è più quello di un tempo, che ha cambiato molto della sua stessa natura, forse stravolto in molti punti, con l’arrivo di altri fossati, nelle storture e negli stringimenti, ma che può condurci, anche tutti noi, verso un futuro possibile, sostenibile. Dove probabilmente molte cose sono cambiate in modo assoluto, irrevocabile, dove le antiche case, gli alberi, i ponti crollano, magari anche per l’incuria degli uomini, ma dove questi stessi uomini potrebbero ancora salvarne almeno le tracce, i segni di una natura antica, che ancora sopravvive, persino dentro le gallerie di cemento, sotto le alghe verdastre che proliferano nonostante i detersivi e le bottigliette di plastica.

Ecco, è forse questo quello che Aurelio vuole dirci. Che non è possibile tornare indietro, dobbiamo solo andare avanti, anche attraverso il nuovo e il moderno, fermandosi ogni tanto a riflettere e a ricordare, così per meglio capire in quale direzione andare.

La presentazione del libro verrà accompagnata musicalmente dagli allievi dell’Accademia Musicale di San Miniato Basso, che si alterneranno a letture di brani del libro eseguite da Benedetta Giuntini e Silvia Bagnoli. Porteranno dei contributi gli architetti Anna Braschi e Francesco Fiumalbi che illustreranno le ortofoto del bacino del Rio Macone descrivendone l’evoluzione storica dal punto di vista urbanistico e paesaggistico.

Per arrivare, attraverso l’esperienza della lettura del diario e delle ortofoto, a concludere che il “paesaggio” non è altro che il risultato di una stratificazione plurimillenaria di esperienze umane, magari strettamente connesse alle utilità e ai limiti fisici, geografici, culturali, tecnologici e politici, e che nel susseguirsi hanno progressivamente aggiunto livelli di complessità. Per scoprire che il paesaggio odierno è il risultato della sommatoria di una notevole serie di fattori e si concretizza come l’immagine della nostra società e del nostro approccio alla vita, che risulta imprescindibile rispetto alla storia e, attraverso le opportunità che noi stessi siamo capaci di generare, alle aspirazioni per il futuro.

Fonte: Ufficio Stampa

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