Avvocato Gianfranco Amato (Presidente di Giuristi per la Vita e organizzatore del Family Day di Roma), la legge 76/2006 sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso non prevede l’obiezione di coscienza, com’è quindi giuridicamente possibile che un sindaco si rifiuti di celebrare una simile unione?
Si tratta di sostenere l’interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa, ricordando quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 467 del 1991, che intervenne sulla disciplina dell’obiezione di coscienza al servizio militare, allora obbligatorio. Come ha recentemente dichiarato Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale, «la sentenza n. 467 del 1991 della Consulta afferma una tutela della coscienza individuale quando sono in gioco valori morali importanti», come quelli interessati dalla legge Cirinnà «che ha un carattere sostanziale per la nostra società». E proprio per questi motivi il Presidente Baldassarre ritiene che «l’obiezione di coscienza possa essere esercitata da un pubblico ufficiale quando a questi sia richiesto di celebrare unioni civili tra due persone dello stesso sesso».
Ma non si rischia, esercitando un simile diritto all’obiezione di coscienza, di violare dei diritti costituzionali?
No, al contrario Si tratta di garantire il nucleo essenziale di uno o più diritti inviolabili dell’uomo, quale, ad esempio, la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici (art. 21 della Costituzione) o della propria fede religiosa (art. 19 della Costituzione).
Un sindaco, però, può evitare di celebrare le unioni delegando un funzionario comunale. Perché non ricorrere a questo escamotage?
Un sindaco può legittimamente ritenere che anche la sottoscrizione di una simile delega possa integrare un atto contrario ai propri principi morali. Un Sindaco che non intendesse partecipare, neppure indirettamente, ad un provvedimento finalizzato alla celebrazione di un’unione ex Legge 76/2016, o che intendesse sollevare la questione della (grave) mancanza nella legge della previsione dell’obiezione di coscienza, potrebbe evitare di delegare un funzionario comunale e rifiutarsi poi di ricevere le dichiarazioni finalizzate alla costituzione dell’unione civile.
In questa ipotesi si prospettano due scenari: a) il Prefetto potrebbe adottare l’atto in via sostituiva, ai sensi dell’art.54, comma 11, TUEL (testo unico enti locali), a fronte dell’inerzia del Sindaco, quale ufficiale dello stato civile; b) gli interessati potrebbero proporre un’azione giudiziaria, di fronte al TAR o al Tribunale ordinario (a seconda della prospettazione difensiva) e il Sindaco potrebbe eccepire in quella sede l’incostituzionalità della legge n.76 del 2016, nella parte in cui non prevede l’obiezione di coscienza. Al di là degli effetti che questa seconda può sortire, ma avrebbe il pregio di sollevare il caso e di aprire un dibattito politico sul diritto di rifiutare il compimento di atti contrari alla propria coscienza.
Ma tutto questo non rischia di creare dei disagi nei cittadini che intendono avvalersi della Legge 76/2016?
Il disagio per gli utenti è determinato dalla mancata previsione della possibilità di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza. Se la legge avesse previsto tale diritto (come richiesto da già parti) avrebbe anche disciplinato come tale diritto si sarebbe potuto esercitare senza incidere sul buon andamento della pubblica amministrazione e senza creare i disagi lamentati.
Eppure ci sono tante persone che attendono di poter celebrare un’unione civile…
Sì ma ci sono molte più persone – non solo amministratori, politici, giuristi e operatori del settore –, che hanno chiesto al legislatore di inserire la clausola dell’obiezione di coscienza, come è stato fatto, ad esempio, per la Legge 194/1978 in tema di aborto. Purtroppo il legislatore è rimasto sordo rispetto a questa istanza, preferendo assumere un atteggiamento ideologico improntato alla mera logica del consenso mediatico.
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