La crisi dell'educazione alla infanzia raccontata dai Cobas

"Nell'arco di un quindicennio si sono persi centinaia di posti nei servizi educativi comunali . Parliamo di nidi e materne comunali, un servizio per altro assente in gran parte del paese

Solo nel comune di Pisa in dieci anni abbiamo perso due asili nido a gestione diretta quasi trenta educatrici dagli organici comunali

minori organici, un rapporto educatrici\bambini accresciuto dalla regione toscana significano anche perdita di qualità (non solo di sorveglianza visto che questo termine non si addice all'educazione)

Un recente convegno della Fondazione Debenedetti ha dato dei numeri preoccupanti solo il 13% dei bambini e delle bambine frequentano un nido con percentuali diversificate a seconda delle Regioni, si va dal 27% dell'Emilia Romagna al 3% della Calabria.

I nidi sono servizi a domanda individuale, una legge di oltre 30 anni fa, la n.16 del 1984 stabiliva quali fossero le categorie  dei servizi a domanda individuale che in parte sono a carico della stessa utenza.

Negli anni novanta si è a lungo parlato di inserire i nidi all'interno della pubblica amministrazione consapevoli della importanza formativa di questo percorso e con una letteratura scientifica proveniente anche dal Nord Europa  che analizzava il legame positivo tra la frequenza dei nidi e lo sviluppo cognitivo dei bambini e delle bambine.

In questi 30 anni  poco si è fatto, ci sono numerosi Comuni nei quali non esistono nidi pubblici, del resto solo la metà dei comuni italiani offrono posti nido in strutture pubbliche.

La tendenza degli ultimi lustri è stata quella di esternalizzare il servizio, di darlo in gestione a cooperative e al terzo settore. Abbiamo analizzato le condizioni retributive e lavorative di queste strutture , molte delle quali sono all'avanguardia per efficienza e modello educativo, una efficienza pagata interamente dalla forza lavoro che nei mesi di chiusura delle strutture si trova senza stipendio, con contratti precari, sovente a tempo determinato, con contratti sfavorevoli e carichi di lavoro ingenti.

Molti Comuni a gestione Pd non distinguono piu' tra servizi educativi a gestione diretta e in convenzione, anzi diversi assessori e sindaci ormai considerano servizio pubblico anche quello esternalizzato al terzo settore dimenticandosi di accordare al personale di quest'ultimo condizioni contrattuali uguali al personale degli enti locali.

Fatti due conti la gestione non diretta conviene ma questo risparmio deriva dagli stipendi da fame del personale esternalizzato, dalle strutture spesso pubbliche date in affido a prezzi stracciati.

Le spese per i servizi educativi rientrano nei vincoli stringenti a cui sono stati sottoposti enti locali e la loro spesa di personale, oggi piu' che mai, anche alla luce di quanto analizzato dalla Fondacione De Benedetti , sorge spontanea qualche domanda.

Si vuole escludere il servizio educativo (nidi e materne)dai patti che limitano la spesa in materia di personale e servizi? Una necessità che si fa sempre piu' stringente.

Vogliamo provare a reinternalizzare, una volta rimossi i vincoli di spesa e di assunzione, queste strutture con relativo personale?

Sarebbe non solo una battaglia di civiltà ma un investimento per le generazioni future".

 

 

 

 

Delegati\e rsu e lavoratori\trici indipendenti

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