
Il decollo delle Città Metropolitane deve poggiare su risorse robuste, da aggiungere a quelle fiscali ereditate dalle vecchie Province. Si può pensare a intervenire sul diritto di imbarco per aeroporti e porti, a prelievi su insediamenti produttivi e compartecipazione all'imposta sul patrimonio immobiliare, prelievi su attività terziarie e compartecipazione alle imposte sull'uso di suolo pubblico, forme di tassazione sui grandi insediamenti commerciali e sugli ingressi in città con finalità di controllo della congestione: sono queste alcune ipotesi prese in esame in un convegno in corso a Roma, promosso da Irpet Toscana, Anci e Ires Piemonte, presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, e analizzate in un rapporto dell'Irpet Toscana su “Le risorse per la Città Metropolitana. Dal quadro europeo alle proposte per il contesto italiano”, curato da Chiara Agnoletti, Claudia Ferretti, Patrizia Lattarulo e Mauro Massaro. Dai diritti d'imbarco (2 euro per passeggero in arrivo) è stata calcolata una cifra di ricavo complessiva di 125 milioni per tutte le Metrocittà.
Quella stesso gettito potrebbe essere ottenuto percorrendo altre ipotesi di imposizone fiscale, anche senza la necessità di istituire nuovi tributi. “Si pone la necessità di individuare le risorse più coerenti ai compiti assegnati alle Città Metropolitane – spiegano i curatori della ricerca - tanto di governo del territorio di area vasta quanto di pianificazione e progettazione degli investimenti. Le risorse sono da ricercare all’interno del quadro delle funzioni trasferite e degli interventi promossi dai finanziamenti comunitari, mentre il principio del beneficio e l’esperienza internazionale focalizzano l’attenzione sulle economie di agglomerazione e sulla categoria dei city users”. I city users sono persone non residenti che si recano nelle città per usufruire di servizi pubblici e privati. Sono chiamati anche “consumatori metropolitani”. La situazione delle Città Metropolitane in questa fase di transizione e lo sforamento del Patto di stabilità
La riforma nel nostro Paese è ancora in una fase di avvio. Le funzioni fondamentali sono di natura prevalentemente programmatoria, mentre la legiferazione in merito alle funzioni non fondamentali (trasporti, scuola, ambiente) da parte delle regioni è avvenuta solo in parte. In particolare solo la Toscana (e in parte la Puglia) ha compiutamente operato il riordino delle funzioni non fondamentali, promuovendo la regionalizzazione; mentre altre -Liguria, Emilia, Veneto, Piemonte e Campania- hanno rinviato di fatto, confermando in via transitoria le funzioni ex provinciali, e altre, infine, -Lazio, Marche e Lombardia- hanno previsto solo una parziale riallocazione di funzioni, in senso regionalista, rimandando le decisioni in merito alle altre. In questa fase di transizione, le città metropolitane non sono state in grado di sostenere il Patto di stabilità 2015 poiché solo in due casi (Bologna e Reggio Calabria) il saldo è positivo.
Lo sforamento del Patto di stabilità è stato di 370 milioni di euro nel 2015. In ogni caso gli sforzi richiesti alle Città Metropolitane sono stati notevoli se si considera che nel 2015 gli investimenti si sono dimezzati rispetto al 2010 (es, Firenze circa 12 milioni di euro di pagamenti in conto capitale, come Bari, Venezia e Genova, mentre Roma, Napoli e Milano raggiungono circa 50 milioni di Euro). La Legge di stabilità del 2016 ha dato qualche segnale positivo a favore delle città metropolitane poiché è stato abolito il patto e le norme sul pareggio di bilancio sono più favorevoli ai bilanci degli enti; dall’altro il Governo ha reso disponibili 250 milioni di euro da destinare a interventi di viabilità e di edilizia scolastica.
L'attualità fiscalità delle Città Metropolitane
Oggi le Città Metropolitane possono contare sulla fiscalità ereditata dalle vecchie province: l’imposta sulle RC auto per 703 milioni di euro, l’imposta provinciale di trascrizione (480 milioni) e l’imposta ambientale, che utilizza la stessa base imponibile della TARSU/TIA (151 milioni). In definitiva le città metropolitane possono contare su risorse tributarie per importi che vanno da 50 a 100 euro pro capite, a seconda dei territori. Questa fiscalità fa riferimento principalmente alla base imponibile relativa all’automobile, retaggio delle competenze delle province in ambito di mobilità. I margini di manovrabilità delle imposte sono stati largamente esauriti nello sforzo di far fronte alle ristrettezze di bilancio. Il ripensamento degli strumenti di finanziamento delle città metro deve prendere spunto dalle caratteristiche del nuovo ente e del suo territorio.
In particolare: 1. La città metropolitana è generatrice di una serie di vantaggi che derivano dalle economie di agglomerazione, questo determina una concentrazione di reddito superiore al resto della regione; 2. Di questi vantaggi godono le attività economiche del territorio, ma anche la popolazione che gravita sulla città, i city users; 3. La congestione urbana può comportare delle esternalità negative critiche per lo sviluppo e pertanto è necessario che venga controllata e contenuta. Sulla base del principio del beneficio e della responsabilità fiscale, è possibile considerare che: coloro che godono dei vantaggi della competitività urbana possono essere chiamati a reinvestire nella città e che, parimenti, i city users dovranno contribuire al sostegno dei servizi di cui usufruiscono.
Alcune ipotesi di finanziamento
Sulla base di questi principi si sono esplorate alcune ipotesi di finanziamento, in primo luogo compartecipazioni alla fiscalità erariale o dei comuni aderenti, quindi a parità di gettito (non sono tasse nuove); oppure alcune ipotesi di fiscalità ambientale. L’ipotesi più discussa nel dibattito è il DIRITTO DI IMBARCO (aeroporto e porto). L’ipotesi analizzata è di far contribuire con 2 euro i passeggeri in arrivo (di cui uno destinato alla città che ospita l’infrastruttura di riferimento). Il prelievo è modesto e il gettito complessivo piuttosto contenuto, pari a 125 milioni di euro. Gli arrivi agli scali aerei sono commisurati alla dimensione metropolitana, mentre i porti sono distribuiti in modo dettato dalla geografia del territorio.
Insediamenti produttivi e compartecipazione all’imposta sul patrimonio immobiliare delle imprese (IMU D)
L’ipotesi nasce dall’effetto positivo delle economie di agglomerazione sulle performance d’impresa e dalla capitalizzazione delle rendite di posizione nei valori immobiliari. Ipotizzando un gettito totale di 125 milioni di euro, la realtà più avvantaggiata è quella di Milano (11 euro pro capite), mentre Reggio Calabria si fermerebbe a 1 euro pro capite. I gettiti sarebbero, quindi, molto concentrati, in relazione alla localizzazione di attività produttive sul territorio. Si tratterebbe di una compartecipazione al gettito statale (pari al 10% dell’intero ammontare del prelievo) per la parte ad aliquote standard; mentre potrebbe ipotizzarsi una compartecipazione al gettito dei comuni per la parte extrastandard, cioè per le eventuali manovre fiscali. Data l’ampia base imponibile, la compartecipazione è modesta e potenzialmente ripartibile tra stato e comuni.
Attività terziarie e compartecipazione alle imposte sull’uso di suolo pubblico (Imus, cioè Imposta sulla pubblicità, Tosap, Cosap e Cimp)
La ratio fiscale sta nell’addensarsi di attività commerciali nelle aree metropolitane e nello sviluppo di capacità contributiva locale. Questo prelievo, con una compartecipazione dei comuni pari al 22%, porta alle casse della CM, 125 milioni di euro.
Grandi insediamenti commerciali (es. Tascom francese)
Il prelievo sarebbe rivolto a compensare gli impatti generati da queste infrastrutture. La tariffa a metro quadro stimata sulla dotazione di grandi strutture di vendita della città metropolitana fiorentina sarebbe pari a 33 euro a mq. Data la base imponibile molto ristretta, l’aliquota risulta elevata a parità di gettito. Questo tipo di prelievo potrebbe essere utilizzato in integrazione ad altri.
Mobilità privata e congestion charge
Questa ipotesi prevede la tassazione degli ingressi in città con finalità di controllo della congestione dovuta alla attrattività dei grandi centri urbani, come road princing (Londra, Stoccolma, Milano) o il park princing. Il gettito riscosso dal comune di Milano sul road princing è di 25 milioni di euro. Interessante è l’ipotesi di una sovra tariffazione agli ingressi autostradali in città. Si stima, sul caso di Firenze, una sovra imposta pari a 0,18 euro per i veicoli leggere e 0,3 per i veicoli pesanti, a parità di gettito con le precedenti simulazioni .
La natura ambientale di questo tributo è facilmente apprezzabile, seppure risenta del limite di gravare almeno in parte sui flussi pendolari in ingresso. Risorse per gli investimenti Tra le principali attese rivolte alle città metro c’è quella di avviare investimenti di area vasta che troveranno un parziale supporto nei 250 milioni di euro stanziati con la legge di Stabilità per il 2016 e finalizzati ad interventi di edilizia scolastica e viabilità. E’ inoltre previsto uno specifico Programma operativo plurifondo nazionale, il PON “Città Metropolitane 2014-2020”, che conta su una dotazione finanziaria di 892 milioni di euro. Nonostante si tratti di importanti stanziamenti in favore dei grandi sistemi insediativi, resta aperta la questione legata alla necessità di garantire continuità alle risorse da destinare allo sviluppo del capitale urbano.
Le città metropolitane in Europa
Le città metropolitane in Europa sono spesso enti di governo sovra comunale che uniscono funzioni di programmazione alla gestione di servizi di area vasta (trasporti e rifiuti). Si finanziano con fiscalità generale, tariffazione e trasferimenti. In alcuni casi le risorse, pur elevate, sono molto concentrate su una unica base imponibile (es. Stoccolma), a fronte di realtà per le quali le entrate proprie sono molto più limitate e provengono da una varietà di imposte diverse (es. Atene).
Le città metropolitane francesi offrono un interessante esempio, per la rilevanza dei servizi gestiti e la varietà di fonti di entrate proprie, basate sul patrimonio immobiliare, ma anche sul valore aggiunto di attività produttive e terziarie, nonché su altre imposte rivolte alle imprese (le risorse gestite dalle metropole francesi vanno dai 400 agli 800 euro pro capite). A queste si aggiungono prelievi rivolti a finanziare gli investimenti (oneri di urbanizzazione e non solo).
In Inghilterra il processo di riorganizzazione è stato avviato e porterà alla gestione integrata di servizi di area vasta. Il ripensamento dell’architettura istituzionale dell'Italia Il ripensamento dell’attuale architettura istituzionale del nostro Paese è orientato, da un lato, a ritrovare maggiore coerenza tra confini reali delle comunità e quelli formali delle istituzioni deputate a prendere le decisioni collettive (così da favorire lo sfruttamento di eventuali economie di scala e di scopo) e, dall'altro, a ridurre i tempi della decisione pubblica (così da rendere più reattiva al ciclo l'intera economia del Paese).
All'interno di questo processo, la nascita della Città metropolitana rappresenta certamente una delle tappe principali. Questo progetto è sostenuto dall’Europa, poiché le città metropolitane si candidano ad assumere il ruolo di snodo delle politiche internazionali volte a rafforzare la coesione nello spazio europeo, ed è sostenuto dalle imprese, poiché rivolto a soddisfare le istanze legate alla competitività dei grandi agglomerati urbani. Alla luce delle molte attese, si pone, dunque, la necessità di individuare le risorse più coerenti ai compiti assegnati a questo ente, tanto di governo del territorio di area vasta quanto di pianificazione e progettazione degli investimenti. Le risorse sono da ricercare all’interno del quadro delle funzioni trasferite e degli interventi promossi dai finanziamenti comunitari, mentre il principio del beneficio e l’esperienza internazionale focalizzano l’attenzione sulle economie di agglomerazione e sulla categoria dei city users.
Fonte: Irpet
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