Turini (CNA) contro la delocalizzazione: "Serve una nuova politica aziendale"

"Apprendiamo dalla stampa del brutto episodio in cui è rimasto coinvolto incolpevolmente il Calzaturificio Lion Shoes che, a causa di uno spedizioniere in difficoltà o poco serio, forse si troverà costretto a ri-pagare l'IVA già anticipata per ottenere lo sdoganamento di merci semilavorate affidate all'estero. All'impresa, a Paolo Nacci e soci e a tutto il Consorzio Toscana Manifatture che Nacci guida, va la solidarietà della CNA  e di tutte le aziende del settore che rappresentiamo molte delle quali hanno già vissuto esperienze simili. Ci auguriamo che tutto si possa risolvere favorevolmente per l'azienda e ci rendiamo disponibili per collaborare in tutte le iniziative a difesa delle nostre aziende” così introduce il tema delle produzioni delocalizzate Graziano Turini, coordinatore Area Cuoio CNA “che, con ogni evidenza, non solo generano sempre complicazioni logistiche, ma aggiungono nuove quote di rischio al già alto rischio commerciale consueto e come non  bastasse disperde un patrimonio di conoscenze, esperienza e saper fare che è la vera ricchezza dell’Italia".

"Ma Paolo Nacci imprenditore di lungo corso, - fa notare Turini - sottolinea intelligentemente anche un aspetto più 'politico' della vicenda e cioè il fatto che il ricorso alle lavorazioni c/terzi all'estero è imposto dalle condizioni di mercato e dal progressivo venir meno di aziende specializzate nelle lavorazioni esterne nella nostra zona. Ecco, su questo CNA aggiunge una riflessione: le aziende di lavorazione calzaturiera specializzate, è vero, sono rimaste poche in zona, ma non era così fino a non molti anni fa. Una riflessione anche sulla responsabilità in capo alle aziende committenti, andrebbe fatta, secondo noi. L'epoca della globalizzazione selvaggia e della "caccia" al contenimento dei costi delocalizzando in tutto o in parte le produzioni all'estero del 'made in Italy' ha prodotto questi effetti, così come l'assoluta mancanza di un politica industriale, per il settore manifatturiero di qualità, a livello nazionale negli ultimi vent'anni. Gli Stati Uniti, patria del capitalismo e del liberismo, hanno da tempo messo in campo azioni e risorse a tutela delle aziende nazionali con Progetti come 'BUY AMERICA' rilanciato anche da grandi distributori come Walmart. Non si tratta di protezionismo, ma di riconoscere e sostenere le competenze e capacità delle aziende esistenti nel nostro territorio nei vari settori produttivi. Soprattutto, come in questo caso, quando è sempre più essenziale puntare sull'alta qualità, sul saper fare, come elementi competitivi. E’ già troppo tardi per chiedere a Regione e Governo, azioni serie ed incisive sul fronte della ricostituzione delle filiere produttive? Noi speriamo di no e ci consola un recente rapporto prodotto dal CER (Centro Europa Ricerche) e pubblicato da 'il Sole 24 ore' il 9/5, che analizza il cosiddetto fenomeno del 'reshoring' (il rientro in Italia di produzioni precedentemente delocalizzate)".

I dati aggiornati al Giugno 2015 (ultimi disponibili) parlano di 101 casi di rilocalizzazione produttiva in Italia. Tra i settori industriali coinvolti spiccano quelli del tessile-abbigliamento-moda (43%) ed apparecchiature elettriche ed elettroniche (21%). Oltre il 70% dei casi si concentra nell'industria del fashion.

"Presto o tardi che sia non possiamo più stare a guardare se non vogliamo definitivamente smantellare un apparato produttivo di altissima qualità. Secondo noi la forza del nostro sistema produttivo manifatturiero sta ancora in gran parte sulle spalle delle nostre MPMI e possiamo ancora recuperare grosse occasioni di creazione di impresa e di lavoro. CNA è impegnata da tempo su questo fronte - conclude Turini-, vorremmo solo non sentirci più soli".

Fonte: CNA provinciale di Pisa

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