
L’anniversario della Liberazione e le altre ricorrenze legate alla fine della seconda guerra mondiale, come quella celebrata sabato scorso a Staffoli con i reduci e i rappresentanti della Feb (Força Expedicionária Brasileira), hanno rappresentato un momento di riflessione sul nostro passato e sui valori su cui poggiano le radici democratiche del nostro paese. Ma non solo.
“Queste ricorrenze – dice il sindaco di Fucecchio Alessio Spinelli - ci hanno proposto momenti di riflessione che possono essere molto utili per l’attualità. Viviamo da alcuni anni momenti di forti tensioni internazionali nei quali l’Europa non riesce ancora a mostrare il suo volto unitario. Il processo di integrazione, iniziato oramai da decenni, non riesce a concretizzarsi appieno e sullo scenario internazionale il nostro continente appare ancora fragile e diviso. Eppure le ricorrenze di questi giorni ci parlano di concetti completamente diversi. Non ci parlano di divisioni e di titubanze ma di slanci di generosità, di partecipazione e di coraggio. Incontrando sabato scorso i reduci dell’esercito brasiliano ho ripensato a quanto distante fosse per loro l’Europa negli anni ’40. Eppure di fronte alla minaccia nazi-fascista, che rischiava di cambiare il destino del mondo, partirono per raggiungere paesi lontani e semisconosciuti come il nostro. Ogni anno tornano nei boschi di Staffoli, dove avevano una loro base, per ricordare quei momenti: i giorni della paura ma anche quelli della felicità, della fine della guerra, della gioia e degli amori nati lontani da casa. Con lo stesso coraggio migliaia di ragazzi italiani salirono sulle montagne lasciando i loro cari con lo scopo di riconquistare la libertà e riscattare l’Italia dopo la dittatura fascista. Oggi quei sentimenti sono molto lontani. Di fronte alla disperazione di paesi lacerati dalla guerra troppe persone preferiscono voltarsi dall’altra parte. Interi paesi, anziché proporre soluzioni umanitarie, preferiscono costruire muri dietro i quali nascondere i loro pregiudizi. Se l’Europa si è ridotta ad avere un ruolo poco più che di spettatore temo sia anche perchè non siamo riusciti a trasmettere ai nostri giovani quei valori di cui abbiamo parlato in questi giorni durante le celebrazioni. E la colpa è anche delle istituazioni. Dobbiamo fare autocritica. Perché un ragazzo oggi, a 70 anni di distanza, dovrebbe scendere in piazza con un fazzoletto tricolore al collo e intonare “Bella ciao”? Perché dovrebbe farlo quando, in molti casi, non ha più neppure un nonno che possa testimoniargli i sogni e la voglia di rinascere che animò l’Italia il 25 aprile del 1945? Siamo tutti chiamati a fare di più: istituzioni, associazioni, società civile. Se continueremo a riempire le nostre piazze soltanto durante le altre ricorrenze (che sempre giustamente celebriamo) ci troveremo con una parte di mondo sempre più disperata e con i muri come riprovevole risposta”.
Fonte: Comune di Fucecchio - Ufficio stampa
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