Io sto male e non te lo dico, Tu stai male e non te lo chiedo

Capita a tutti di passare periodi più o meno difficili e sentire di non avere nemmeno un supporto emotivo da parte delle persone che abbiamo intorno, come capita a tutti di sapere che un’altra persona sta vivendo un momento problematico e non sapere come starle vicino.

Chi non parla, spesso, aspetta che qualcuno si interessi “se ne dovrebbero accorgere da soli che sto male”, ma se questo non succede, vive sentimenti di solitudine, non si sente capito, accolto, compreso e prova ancora più tristezza per la situazione che sta vivendo, chiudendosi ancora più in se stesso; chi non chiede, nonostante sappia, di solito lo fa per paura di essere invadente o inopportuno, quindi preferisce stare sul vago ed evitare di fare domande “pericolose”: questo lo porta a vivere emozioni di disagio, preoccupazione e talvolta imbarazzo quando incontra la persona che non parla.

Inevitabilmente questi comportamenti portano a una maggiore distanza fra i due, difficile poi da ridurre .

Queste modalità fanno perpetuare un circolo vizioso disfunzionale che non fa altro che allontanare e far sentire più sole le persone:

Io: ho un problema, mi sento solo e non parlo di quello che sto vivendoà l’altro: so che sei in difficoltà, ma per paura di essere inopportuno non ti chiedo e mi allontanoà io: mi sento non accolto nel mio dolore, non ascoltato, ancora più solo, e non parlo di quello che sto vivendoe il ciclo ricomincia.

Tutti ci siamo trovati nella parte di uno dei due attori descritti, prima dell’uno, poi dell’altro e se il ciclo disfunzionale sopra descritto rimane inalterato, non farà altro che aumentare le distanze e irrigidire le convinzioni negative su di sé e sugli altri.

I pensieri disfunzionali di chi non parla sono:

  • “sono solo”
  • “ nessuno mi capisce”
  • “ non posso parlarne con nessuno”
  • “ nessuno può alleviare il mio dolore “
  • “non voglio essere di peso agli altri”
  • “tanto poi ne parlano dietro e non voglio”
  • “nessuno può far nulla per me”

I pensieri disfunzionali di chi non chiede sono:

  • sta male non voglio farlo preoccupare di più domandando”
  • “chiedo ad altri come sta, a me non lo direbbe”
  • “se poi mi dice cose dolorose, poi sto male anche io”
  • “tanto non posso fare niente se non peggiorare la sua situazione se gli chiedo”
  • “non sono abbastanza forte/, amico/ vicino per ascoltarlo e perché si apra con me
  • “prima o poi gli passerà e potremo ricominciare a parlare come prima”

Entrambi, pensando queste cose, sbagliano: l’uno perché non comunica il suo stato d’animo, cercando di non appoggiarsi ed aprirsi con gli altri che potrebbero condividere e alleviare la sofferenza, e l’altro perché non chiede per paura di peggiorare la situazione dell’altro o di essere sconveniente.

Spesso succede che chi non parla e quindi che non si è sentito accolto durante un suo periodo difficile, è il primo che non chiede quando sa che l’altro è in difficoltà, facendo sentire l’altro come lui stesso si è sentito nella situazione problematica.

In questo articolo parlo degli altri in generale, ma immaginiamo il sentimento di solitudine e di distanza se per altri consideriamo le persone che abbiamo più vicine, come compagni di vita, genitori, amici stretti…

Parlare con gli altri delle proprie difficoltà non serve a risolvere i propri problemi, ma a condividere un peso che stiamo portando, sentendoci più alleggeriti: un dolore diviso è dimezzato, mentre la felicità divisa è raddoppiata.

È importante imparare a chiedere, a interessarsi dell’altra persona, a incuriosirsi del mondo interno dell’altro, del significato che dà alle cose che vive.

Ascoltare una persona che sta male, non va solo a vantaggio di chi si sfoga, ma diventa una importante opportunità per chi ascolta in modo autentico e privo di giudizio, di entrare in una relazione intima e nuova con la persona e questo ci permette di conoscere meglio l’altro, ma anche se stessi. È prezioso ascoltare anche storie dolorose, immedesimarsi e pensare come ci saremmo potuti sentire noi, come l’avremmo affrontato in maniera diversa o simile: questo ci dirà molto di noi e ci aiuterà ad affrontare i nostri momenti difficili.

Se poi accade che chiediamo e l’altro non ne vuol parlare, non accadrà niente di terribile, semplicemente ce lo comunicherà, ma dentro di sé, se la vostra domanda è posta con una sincera preoccupazione, apprezzerà il vostro sincero interessamento e inevitabilmente vi sentirete più vicini.

Condividere un dolore avvicina: “ nel momento del dolore, un gesto di vicinanza affettiva è recepito come dotato di un particolare carattere d’autenticità. La persona sofferente avverte che chi lo compie le sta diventando molto caro. Il sentimento, spesso, trova corrispondenza. A sua volta, chi ha saputo condividere la sofferenza di una persona avverte che questa le diviene cara.” (Claudio Neri, La condivisione del dolore)

La condivisione di un momento difficile è uno dei modi più importanti ed efficaci per riuscire sopportarlo e per dargli un senso: quando soffriamo, l’unica cosa che ci può dare sollievo è avere vicino gli altri.

 Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l'animo può superare molte sofferenze.”   (William Shakespeare)

Nel caso in cui vogliate suggerirci un argomento da affrontare o esporci una vostra problematica o preoccupazione, scriveteci a studiopsicologicoilcammino@gmail.com e noi vi risponderemo, o pubblicando la lettera in forma anonima o affrontando la tematica da voi richiesta.

Dania Prestini