
Questa settimana ho deciso di parlarvi di come le fotografie possano essere uno strumento terapeutico. Come sappiamo quasi l’80% degli stimoli sensoriali viene percepito attraverso i nostri occhi e l’informazione basata sulla vista svolge un ruolo chiave nella comprensione di quello che stiamo vivendo. Le fotografie, quindi, possono essere considerate come delle impronte della nostra memoria, o come uno specchio delle nostre vite, non solo documentano i posti che abbiamo visitato, ma indicano anche la strada verso cui si sta andando. Si dovrebbe imparare a parlare con loro e prestare attenzione a quello che possono svelarci. Ad esempio trovare delle vecchie foto, che riguardandole ci dicono qualcosa in più di quel dato momento che magari ci era sfuggito. La fotografia, oltre ad avere una funziona di documentazione, può anche avere la funzione di costruzione della realtà: c’è la scelta di un momento da raffigurare seguita dall’imposizione di una cornice messa intorno al frammento che abbiamo selezionato dall’intero panorama. Secondo Judy Weiser la foto è una rappresentazione simultanea della parte pensante e della parte in grado di provare sentimenti delle persone.
Ma cosa succede quando guardiamo una foto?
Quando guardiamo uno scatto la nostra mente non separa la vista dei contenuti da quella degli eventi, è come se fossimo dentro il tempo e il suo spazio, in pratica fa un salto cognitivo che fa corrispondere il guardare la foto con l’essere realmente nella scena che si osserva. Pensate per un attimo a quando riguardiamo le foto di una vacanza, di una serata particolare, di un evento importante, non vi sembra di rivivere quei momenti? Le foto sono permeate di emozioni e sentimenti, difficilmente riusciremo a guardarne una in modo distaccato e oggettivo. Gli scatti hanno quindi il potere di connettere i vissuti di un momento catturato con la persona che la sta guardano. Quando si scatta una foto si cerca di creare un resoconto permanente di un momento speciale, ogni scatto ha storie da raccontare, segreti da condividere e memorie da portare alla luce. Inoltre possono dire molto su chi le ha scattate o colleziona, in particolare quelle che per noi sono più speciali raccontano molto sul nostro conto e sulla nostra vita.
Qual è la forza della Fototerapia?
Molto spesso nel corso della Fototerapia le spiegazioni date dai pazienti sul significato di uno scatto risultano meno importanti delle loro spiegazioni del perché ciò che sanno sia vero e di come sappiano che ciò sia vero. Nel momento in cui viene approfondito l’aspetto emotivo di una fotografia vengo rivelate molte cose. Inoltre i pazienti che sono capaci di considerare le foto come dei punti di partenza e non di arrivo, e che riescono ad usarle per porsi delle domande per esplorare i loro sentimenti, possono imparare molto su sé stessi durante questo processo. Il potere delle fotografie è che riescono a catturare ed esprimere sentimenti e idee in modi visivo-simbolici, che possono costituire delle metafore personali. Questi simboli o metafore che emergono possono essere considerati un linguaggio , che, con l’aiuto di un professionista riescono ad essere compresi a pieno. La Fototerapia risulta essere un modo efficace per ottenere informazioni del contesto relazionale, familiare o lavorativo, del paziente aiutando a far emergere il ruolo che giocano determinate relazioni.
Concludo prendendo in prestito una frase tratta del libro di Judy Weiser:
“Se conservi ancora la mia fotografia, vuol dire che mi tieni ancora nel cuore.”
Nel caso in cui vogliate suggerirci un argomento da affrontare o esporci una vostra problematica o preoccupazione, scriveteci a studiopsicologicoilcammino@gmail.com e noi vi risponderemo, o pubblicando la lettera in forma anonima o affrontando la tematica da voi richiesta.
Chiara Paoli