
Francesco ha una storia molto simile a un altro samminiatese che abbiamo incontrato nei racconti dei 'Toscani in giro', quello di Marco Vigneri. Gli studi, la laurea in Infermieristica e infine il trasferimento in Inghilterra. La paura di esercitare la professione in Italia si contrappone agli affetti: il proprio compagno, gli amici e i parenti. Questa è la sua storia
Nome e Cognome: Francesco Cianetti
Anni: 25
Cresciuto a: Ponte a Egola, San Miniato (PI)
Studi: Liceo scientifico “il Pontormo”, Empoli (FI), in seguito Università degli Studi di Firenze, Scuola di Scienze della Salute Umana, corso di laurea triennale in Infermieristica (sede Empoli)
Residenza e Professione: Salisbury, Wiltshire, UK. Registered nurse (infermiere) nel reparto acute respiratory medicine dell’ospedale pubblico di Salisbury
Lavoro in Italia: Volantinaggio e “pony pizza” durante gli studi
Prima esperienza all’estero: Si
Perché hai deciso di andare all’estero?
Le motivazioni principali che mi hanno spinto a cercare un lavoro in Inghilterra sono essenzialmente due: la mia personale voglia di imparare l’inglese e la possibilità che ha l’infermiere in Inghilterra di specializzarsi in una determinata area clinica. A queste si è unita la grande diffusione negli ultimi anni di agenzie inglesi che reclutano infermieri italiani, anche senza esperienze lavorative, per lavorare con “permanent contract” (contratti a tempo indeterminato) in ospedali pubblici.
Le tre cose si sono alimentate a vicenda, e qualche mese dopo la laurea ho deciso di inviare il mio curriculum ad una di queste agenzie: il giorno stesso mi hanno contattato, proponendomi un colloquio a Milano.
Quali sono le principali differenze fra il mondo del lavoro italiano e quello estero?
Domanda difficile, in quanto non ho molta esperienza lavorativa né in Italia né in Inghilterra (mi sono trasferito solo sei mesi fa), ma posso dirti con sicurezza che, per quanto riguarda il mio campo, il lavoro è molto diverso. Per esempio, l’assunzione in ospedali pubblici non è per concorsi, ma per colloqui. Inoltre l’infermiere ha la possibilità di proseguire la formazione e di specializzarsi, in alcuni casi a spese dell’ospedale.
Ci sono figure professionali che non esistono in Italia, e il paziente viene trattato molto anche dal punto di vista sociale. Per quanto riguarda il lavoro in generale, senza voler sembrare banale, credo che rispetto all’Italia ci sia più richiesta. Passeggiando per la città dove vivo, per esempio, si incontrano spesso richieste di personale appese alle entrare dei negozi e degli uffici.
La vita e il lavoro all’estero sono diversi dall’idea che ti eri fatto prima di partire?
Si, molto diversi. Prima di partire avevo moltissimi interrogativi in testa: sulle persone, sul cibo, sulla lingua, sullo stile di vita. Nonostante gli inglesi siano un popolo che fa di tutto per differenziarsi dal resto d’Europa, in realtà siamo più simili di quello che si pensa.
Le differenze culturali non sono un muro, anche perché gli inglesi sono abituati a convivere e a lavorare con molti stranieri. Basta pensare che spesso nel mio reparto in turno ci sono spagnoli, portoghesi, italiani, indiani, inglesi, romeni. E’ un’esperienza che arricchisce indubbiamente.
Per quanto riguarda il lavoro, pensavo di trovare un ambiente meno stancante che in Italia, invece gli orari sono da matti, e il carico di lavoro a volte è eccessivo. Ma ci sono anche aspetti positivi, come un salario che ti permette di essere indipendente e la possibilità di avere uno sviluppo professionale.
Cosa ti manca dell’Italia?
Mi mancano le persone. Il mio ragazzo, la mia famiglia, i miei amici. Ma ci sono mille modi di vedersi e di connettersi con gli altri, anche se lontani. Altra cosa che mi manca è capire le persone! A volte è dura comprendere i pazienti, i colleghi... ma suppongo sia una questione di tempo.
Torneresti a lavorare in Italia?
Diciamo che tornerei a lavorare in Italia se avessi la possibilità di mantenermi in autonomia e un lavoro dignitoso. Purtroppo leggo molto spesso di infermieri costretti a lavorare in ambienti frustranti, con un numero di pazienti esorbitante ed obbligati per questo a fornire un’assistenza scadente e non sicura. Comunque non sento conclusa la mia esperienza qui. Voglio restare qualche anno, imparare bene la lingua, magari specializzarmi.. e poi si vedrà.Tutte le notizie di San Miniato