
Nella mattinata di lunedì 21 dicembre è stato recuperata la carcassa del ventesimo cetaceo in Toscana durante quest’anno. Si tratta di un tursiope (Tursiops truncatus) il delfino costiero più comune lungo le nostre coste, di 227 cm di lunghezza (senza coda) e 180 Kg di peso.
Il delfino femmina, morto da un paio di giorni in buone condizioni di conservazione, si trovava da domenica sera arenato nella caletta del Rogiolo, subito a sud di Livorno, nella località di Quercianella.
Vista la difficoltà di raggiungere la zona con i mezzi, per recuperare l’animale è stato necessario aspettare stamani l’intervento del gruppo sommozzatori del CASM (Centro Assistenza e Soccorso in Mare) di Rosignano. Grazie a loro, e soprattutto all’intervento del sommozzatore Roberto Cecchini, il cetaceo è stato imbracato con una immagini del recupero del delfinocima attorno alle pinne pettorali e trainato dal gommone del CASM nel porticciolo di Quercianella dove una ditta specializzata per il recupero e lo smaltimento di questi animali, ha potuto rimorchiare il delfino sul proprio mezzo.
Prima dello smaltimento, nel primo pomeriggio, sarà eseguita una accurata necroscopia da parte della veterinaria dell’ IZSLT di Pisa, Dr.ssa Giuliana Terracciano e saranno prelevati campioni di organi e tessuti per le analisi di routine, tra cui lo stomaco per lo studio della dieta ed alcuni denti per l’attribuzione dell’età, analisi queste che verranno eseguite dal Settore Mare dell’ARPAT di Livorno che ha coordinato il recupero del tursiope per conto dell’Osservatorio Toscano per la Biodiversità di Regione Toscana.
In questo caso possiamo comunque azzardare un’ipotesi sulle cause della morte. Al delfino manca completamente la coda, che appare tagliata di netto; inoltre la sua delicata pelle riporta numerosi segni paralleli ed obliqui, indicazioni queste che fanno pensare ad una cattura accidentale da parte di una rete da posta e quindi una morte per annegamento.
Succede infatti che spesso questa specie di delfino seguano le reti a strascico o si avvicinino alle reti da posta (tipo tramagli) per cibarsi dei pesci intrappolati o che tentano di sfuggire dalle maglie. A volte, però, può accadere che non siano troppi veloci o attenti in queste operazioni e che rimangano impigliati nella rete, soprattutto nelle sottilissime reti di nylon. Per il pescatore l’unico modo per liberare la carcassa dalla rete è appunto quello di tagliare la coda che resta di solito maggiormente “impigliata”.
Fonte: ARPAT - Ufficio Stampa
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