Il timore del giudizio

Il timore del giudizio altrui, è una della paure più comuni dell’essere umano; sarà sicuramente capitato a tutti noi di avere pensieri quali “Chissà cosa pensano gli altri di me”, “Che figura che ho fatto, che vergogna …” oppure  “Ora cosa diranno?”.

C’è la tendenza a prestare maggiore attenzione ad evitare di ricevere un giudizio negativo, piuttosto che a costruire un spontaneo e autentico; proprio per questo possiamo perdere tantissimo tempo a scegliere cosa indossare, provando tutti gli indumenti dell’armadio e avendo sempre in mente l’altro e la suo opinione, con l’obiettivo di evitare di essere giudicati negativamente; oppure perdiamo tempo a ripetere più volte un discorso da dover affrontare, proprio per avere la certezza di ricevere un giudizio positivo da parte dell’altro.

Per la nostra autostima ricevere una valutazione positiva da parte degli altri ha un potere fortissimo, poiché allontana, fin da bambini, dolore e frustrazione ed è così che il giudizio altrui diventa un vero e proprio bisogno, in quanto sentiamo la necessità di ricevere un’ opinione positiva da parte di chi ci sta vicino, come genitori,  fratelli,  amici, e non  tolleriamo di ricevere valutazioni negative.

Affinchè l’altro mi giudichi in maniera positiva, occorre soddisfare le sue aspettative, quando siamo piccoli le attese altrui sono facili da adempiere, ma, mano a mano che cresciamo, diventano sempre più difficili; in quanto, per  ricevere  un  giudizio  positivo  da parte degli  occorre soddisfare  le  loro aspettative, le quali, nel corso della vita,  diventano  via  via  più  impegnative.

Cosa c’è alla base della ricerca del giudizio positivo degli altri?

Dietro alla paura di ricevere un giudizio negativo, si ritrova fondamentalmente il timore di essere rifiutati, messi da parte, non considerati ed emarginati. Secondo Maslow, essere amati ed accettati da chi ci circonda è uno dei nostri bisogni umani essenziali; infatti egli, nella famosa Piramide di Maslow (1954), colloca il bisogno di appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale) al terzo gradino, subito dopo il bisogno di sicurezza (fisica, occupazionale, mentale, familiare etc.). Tale bisogno è così rilevante che, come già detto, una delle paure più diffuse è proprio la paura del giudizio degli altri. Tante sono le motivazioni che ci spingono ad aver timore di non essere accettati, considerati, amati o emarginati; alcuni motivi sono il nostro aspetto fisico, le nostre origini, il nostro livello di educazione, il nostro lavoro, la nostra età, etc.

Ognuno di noi ha paura di essere giudicato su un aspetto piuttosto che su un altro, ma alla base di tutto vi è il timore dell’umiliazione, dell’esclusione dal gruppo, dell’emarginazione.

In alcune persone questa paura può perfino trasformarsi in fobia sociale (o ansia sociale): è il timore di agire, di fronte agli altri, in modo imbarazzante o umiliante e di ricevere giudizi negativi.
Questa paura può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per il timore di comportarsi in modo “errato” e di venir giudicati male.

Spesso il timore di essere valutato dagli altri è collegato alla scarsa tolleranza della vergogna che proveremmo di fronte a loro; in quanto c’è la tendenza ad attribuire  alla vergogna un significato unicamente negativo: “Se mi vergogno, allora non sono all’altezza, non sono adeguato e bravo”, “Se mi vergogno significa che non riesco ad affrontare le situazioni e allora sono una persona incapace”, “Se mi vergogno, l’altro mi prenderà in giro”, etc. Questi pensieri non fanno altro che accrescere l’imbarazzo, che ci renderà incapaci di affontare la situazione.

Occorre imparare a tollerare la vergogna, tenendo sempre presente che si tratta semplicemente di un’emozione umana, nel momento in cui la vergogna non viene alimentata da pensieri negativi su di sé, essa non potrà essere  in grado di condizionarci e sarà solamente uno stato emotivo passeggero.

Inoltre, occorre tenere in considerazione che l’altro non pensa esclusivamente e necessariamente a noi, magari nella mente ha anche altro: problemi familiari, pensieri riguardanti cosa dovrà fare il giorno successivo, riflessioni attinenti il proprio lavoro … quindi iniziamo a pensare che l’altro può avere di meglio da fare che mettersi a giudicare e dare valutazioni su quello che diciamo, come ci comportiamo, come ci vestiamo o che livello socio- culturale possediamo; non rivestiamo la totale attività mentale dell’altro, ma solamente una piccola parte.

Se proviamo ad assumere questa prospettiva , allora si abbasserà la nostra percezione che l’altro ci stia giudicando o valutando in maniera negativa.

 

Nel caso in cui vogliate suggerirci un argomento da affrontare o esporci una vostra problematica o preoccupazione scriveteci a studiopsicologicoilcammino@gmail.com e noi vi risponderemo o pubblicando la lettera in forma anonima o affrontando la tematica da voi richiesta

 Lo Studio Psicologico Il Cammino augura a tutti i lettori un buon Natale e sereno 2016 e vi diamo appuntamento per un nuovo articolo il 7 gennaio 2016

 

 

Federica Giacinti