Sabato 24 Ottobre ad inaugurare la stagione Teatrale del Teatro Dante - Carlo Monni una particolare serata d’onore capitanata da Paolo Villaggio, ultima grande vera maschera del panorama artistico italiano, in Mi piacerebbe tanto non andare al mio funerale.
La serata è stata largamente partecipata. Un grande successo di pubblico per uno spettacolo che è stato più una chiacchierata informale, se pur mediata da Pino Strabioli, che altro.
Un Villaggio lucido e arzillissimo, nei suoi 83 anni suonati, ha atteso a sipario aperto che il teatro si riempisse. Proprio come se dovesse accogliere degli amici nel salotto di casa propria. Curioso, attento, l’inventore di Fantozzi ha fatto gli onori di casa in un dialogo alla pari con il pubblico, vestito solo di un caftano, look che lo contraddistingue da anni ormai. E su questo filo conduttore è in effetti proseguita l’intera performance.
Dietro il suo improvvisato salottino, scorrono foto in bianco e nero che ne ripercorrono i momenti salienti della vita, la carriera, gli illustri amici e il racconto dell’imbarazzo che si crea durante i funerali dei famosi, quando colleghi più o meno amici intervengono, per amore del mal capitato, ma spesso solo per desiderio di visibilità. Un accenno a quelli che sono stati i suoi migliori amici e che ha perso suo malgrado prematuramente. Ci racconta di un Ugo Tognazzi appassionato cuoco, per altro pessimo. Di un inedito e iracondo Gassman. E dell’ amicizia fraterna, durata anni, con De Andrè. Piccoli aneddoti raccontati in un soffio. Fino a che l’attenzione non è stimolata da altro, da quel che gli accade davanti, come se in realtà fosse lui lo spettatore e il pubblico il suo divertimento. Coglie stimoli dalla platea, e il discorso vira velocemente. Fino a che il regista e amico Pino Strabioli non riesce a riportarlo, se pur con difficoltà, su binari che evidentemente lo annoiano. Così Paolo spara a zero su chiunque. Tanto che ce n’è proprio per tutti. Spara a zero su colleghi che ha stimato e poi invidiato o odiato. Su un esercito di personaggi più o meno illustri che non lo convincono, fino ad arrivare, e non si sa bene neanche come, addirittura a madre Teresa di Calcutta, colpevole, durante una sua visita in India,di aver deluso le sue aspettative…
Ricorda Fantozzi, il suo personaggio più famoso, ed episodi che ne riguardano i film, riflessioni su come cambiano i tempi e come il tragico e il dolore, per merito suo, a un certo punto siano diventati sinonimo di comico. Un accenno alle selezioni per quella che fu la famosa signorina Silvani, Anna Mazzamauro, e poi, di nuovo, si cambia velocemente registro. Si approda agli aspetti più intimi della vita, agli affetti familiari. A come il suo cuore abbia battuto solo per la moglie, da sempre la persona che più ha amato e desiderato. Commovente.
Nessun violino o fisarmonica, come erroneamente annunciato in locandina. Ma cosa c’è infondo di più poetico di vedere Fantozzi senza maschera? Un violino non avrebbe aggiunto certo di più.
Giusi Alessandra Vaccaro