
Gli uffici della Giunta regionale toscana hanno inviato a Fidi Toscana, il 5 maggio scorso, una formale richiesta a procedere nei confronti della società Chil con la revoca dell’Esl (cioè del valore dell’aiuto di stato connesso alla gratuità della garanzia, pari a 34 mila e 951 euro). Fidi Toscana ha preso contatti con il curatore fallimentare della Chil, essendo stata la società dichiarata fallita dal Tribunale di Genova, e quindi ha proceduto alla revoca e procederà all’insinuazione a passivo, come da normativa vigente. Lo ha detto il presidente della Giunta regionale Enrico Rossi, rispondendo questa mattina in aula a un’interrogazione, presentata da Giovanni Donzelli (FdI), dal titolo “Fidi Toscana, i debiti della famiglia Renzi e il coinvolgimento del padre di Luca Lotti”.
Rossi ha spiegato che dalle verifiche svolte dagli uffici regionali sulla vicenda risulta che l’impresa e la banca finanziatrice avessero comunicato il passaggio di quote sociali con raccomandata del 7 gennaio 2011, ma che la raccomandata non risultava pervenuta ed è stata acquisita da Fidi Toscana solo in data 5 luglio 2013. “Sulla base del regolamento vigente i requisiti di ammissione sono oggetto di verifica da parte di Fidi Toscana al momento della domanda di garanzia, verifica regolarmente svolta” ha detto il presidente. Successivamente la verifica, ancorché tardiva, in merito al cambio di localizzazione con il trasferimento dell’azienda in Liguria “avrebbe dovuto portare a rilevare un mancato rispetto delle finalità in riferimento all’elemento territoriale dell’intervento, riservato alle imprese toscane, con conseguente revoca dell’Esl”. Per questo la Regione ha chiesto a Fidi di procedere con la revoca, e, come prevede il regolamento, con la richiesta di rimborso incrementato in misura pari a due volte l’Esl stesso come misura sanzionatoria.
Per quanto riguarda gli altri aspetti della vicenda e dell’interrogazione, Rossi ha sottolineato che “il passaggio dalla titolarità femminile ad altra titolarità maschile non comporta alcuna penalizzazione relativa alla garanzia, non essendo questo previsto nel regolamento”. E sul fatto che il parere relativo alla concessione del mutuo sia stato redatto dal padre di Luca Lotti, Rossi ha ribadito che “la gestione delle singole pratiche è demandata alle strutture tecnico-amministrative e il loro vaglio è fatto indipendentemente dai nomi e cognomi dell’imprenditore o da quello del funzionario di banca. Non si può parlare quindi di forzature o favoritismi dal momento che i criteri sono uguali per tutti”.
Giovanni Donzelli ha replicato che “la Regione Toscana è una vittima ed è importante chiedere la restituzione di quanto concesso, anche ricorrendo alle vie legali, in quanto parte lesa, visto che c’è un processo in corso”. Donzelli ha inoltre osservato che “il passaggio di titolarità da femminile a maschile (con la titolarità femminile la quota concedibile aumentava all’80% anziché al 60%) doveva essere comunque nota a Fidi perché il contratto del mutuo, che deve essere allegato alla pratica, è firmato da Tiziano Renzi” e che “lo stesso trasferimento a Genova è stato fatto da Renzi padre prima della cessione”. “L’azienda del padre del presidente del Consiglio non ha rispettato le regole – ha concluso il consigliere – e questo è grave. Questi soldi vanno restituiti ai cittadini”.
Donzelli (Fdi): "Beccati con le mani nel sacco, decisive nostre denunce. Ora la costituzione come parte lesa nei processi"
"La Regione Toscana ha chiesto di fatto che la famiglia Renzi restituisca i 263mila euro di debiti coperti con una garanzia concessa da Fidi Toscana. Questo significa che la famiglia Renzi, tramite l'azienda Chil, ha tentato di truffare le istituzioni: grazie alle nostre denunce si avvia un percorso che dovrà riportare i soldi nelle casse pubbliche". E' quanto afferma Giovanni Donzelli, coordinatore dell'esecutivo nazionale e capogruppo in Toscana di Fratelli d'Italia, in seguito alla risposta del governatore Enrico Rossi avvenuta questa mattina in aula al "question time" posto sulla questione.
"Se la Regione vuol dimostrare di essere credibile ed intraprendere seriamente il percorso indicato dal governatore Rossi, è necessario che si costituisca parte lesa nei procedimenti sul fallimento della Chil - sottolinea Donzelli - solo così ci si potrà rivalere sul 'ramo sano' dell'azienda (come accaduto per il pagamento del Tfr a Renzi per il periodo in cui è stato Presidente della Provincia prima e Sindaco poi, che di quell'azienda era all'epoca l'unico dirigente) e ottenere il denaro sottratto ai cittadini. Un'azione necessaria anche per il Fondo Centrale di Garanzia del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha erogato la cifra di 236mila euro lo scorso 30 ottobre 2014, con Matteo Renzi già insediato a Palazzo Chigi. In pratica Renzi dovrebbe rivalersi, come capo del governo italiano, in tribunale contro l'azienda di cui era dirigente. Alla faccia del conflitto d'interesse".
"Su questa vicenda è emersa una serie di irregolarità e incongruenze - aggiunge Donzelli - a partire dal fatto che Fidi Toscana ha accettato di garantire un mutuo ad un'azienda femminile (concedendolo all'80% anziché al 60%), nonostante la concessione del mutuo datata luglio 2009 riporti la firma di Tiziano Renzi quale responsabile dell'azienda. Adesso il quadro è chiaro anche per le istituzioni la famiglia Renzi - grazie all'aiuto di Marco Lotti, papà di Luca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio - ha indebitamente soffiato 263mila euro di soldi dei cittadini. Staremo alle calcagna della Regione - conclude Donzelli - perché faccia fino in fondo il suo dovere per ottenere davvero la restituzione".
Fonte: Toscana Consiglio Regionale
<< Indietro