
Non contento di avere aggredito in carcere a Lucca tre poliziotti penitenziari e con un curriculum di delinquenza tra le sbarre impressionante (tempo fa arrivò a lanciare un tombino addosso ad altri poliziotti del carcere di Pisa!), il detenuto tunisino ha seminato il panico al Pronto soccorso dell’Ospedale dov’era stato portato per farlo visitare.
A darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria.
“Il detenuto, anche in Ospedale, ha dato in escandescenza strappandosi le flebo e lanciando il sangue contro medici, infermieri e personale di Polizia Penitenziaria addetto al suo controllo. E una volta in carcere ha continuato inveire contro gli Agenti rifiutandosi di entrare in cella”, spiega il Segretario Regionale SAPPE della Toscana Pasquale Salemme. “Una situazione incredibile, che costringe i poliziotti penitenziari a condizioni di stress lavorativo esagerati”.
Da Roma, il Segretario Generale SAPPE Donato CAPECE torna a sollecitare il Governo per le espulsioni dei detenuti stranieri presenti in Italia: “E’ sintomatico che negli ultimi dieci anni ci sia stata un'impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni '90 sono passati oggi ad essere quasi 18mila su circa 53mila detenuti complessivamente presenti. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d'origine può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia”.
“Il dato oggettivo è però un altro – conclude il leader nazionale del SAPPE -: le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute: 896 nel 2011, 920 nel 2012, 955 nel 2013 e soli 811 nel 2014, soprattutto in Albania, Marocco, Tunisia e Nigeria. Si deve superare il paradosso ipergarantista che oggi prevede il consenso dell'interessato a scontare la pena nelle carceri del Paese di provenienza. L’alta presenza di detenuti stranieri in Italia accentua le criticità con cui quotidianamente devono confrontarsi le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria. Si pensi, ad esempio, agli atti di autolesionismo in carcere, che hanno spesso la forma di gesti plateali, distinguibili dai tentativi di suicidio in quanto le modalità di esecuzione permettono ragionevolmente di escludere la reale determinazione di porre fine alla propria vita”.
Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
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