
Ultimo lunedì di agosto e per Toscani in Giro di gonews.it ci porta a conoscere una ragazza che arriva dal Comprensorio del Cuoio, Giusy Ragosa. È cresciuta a San Romano (Montopoli in Val d'Arno) prima e a Santa Maria a Monte poi, prima di spostarsi a Parigi. La diretta interessata ci racconta la propria storia.
Nome e Cognome: Giusy Ragosa
Anni: 30
Cresciuta a: San Romano Montopoli e Santa Maria a Monte (PI) Comprensorio del Cuoio
Studi: Diploma di Specializzazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Comunicazione e Didattica dell’Arte
Residenza e professione: Montreuil, periferia di Parigi. Assistente di galleria e Responsabile pubblici presso GALLERIA CONTINUA / Les Moulins, galleria d’arte contemporanea in Francia
Lavoro in Italia:Educatrice Specializzata presso Arci, Comprensorio del Cuoio; Commessa in un negozio di foto a Fucecchio; Operaia in un calzaturificio
Prima esperienza all'estero: Si
Perché ha deciso di andare all'estero?
Non è stata per me una vera e propria decisione, non ho mai deciso di lasciare l’Italia. A differenza di molti miei compatrioti arrivati in terra francese alla semplice ricerca di un impiego, io mi sono mossa spinta dalla curiosità, desiderosa di nuovo e di differenza. Non è stata una decisione ma un impulso, come una pietra che rotola ho seguito l’istinto e mi sono lasciata andare, facendo scorrere.
Galeotta fu un’amicizia, su un treno Firenze - Milano conobbi una ragazza francese, Julie, era in Italia come Ragazza alla Pari e stava imparando l’Italiano, dopo qualche settimana la invitai a casa mia, da buona italiana trasformai questo incontro in un’amicizia, stimavo Julie perché stava imparando la mia lingua e dopo qualche mese mi dissi: E perché non lo faccio anch’io? Perché non imparo la sua lingua, perché non parto nel suo paese come ha fatto lei nel mio? Perché non allargo le mie possibilità di comunicazione? Cosi partii alla fine del mio ciclo di studi come Ragazza alla Pari a Parigi per 3 mesi, li il mio primo rapporto con il nuovo, il diverso, lo sconosciuto e come un giovane antropologo partii alla scoperta della cultura francese, cosi simile e pure cosi diversa dalla nostra.
Ad oggi io e Julie parliamo francese. Mi rassicura pensare che le scelte importanti come partire all’estero si maturino grazie a momenti semplici, come un incontro casuale fatto con Julie su un treno e la naturale curiosità che questo ha scaturito.
Quali sono le principali differenze fra il mondo del lavoro italiano e quello estero?
C’è un mare, anzitutto la sensazione di possibilità, qui non c’è la paura di perdere il lavoro e l’angoscia di trovarne uno, se non sei un nulla facente un lavoro lo trovi comunque o qualcuno (Pôle Emploi, corrispettivo dell’Ufficio del lavoro) te lo trova, perché per lo Stato chi non lavora è una spesa. Qualunque percorso universitario prevede uno stage, l’integrazione nel mondo del lavoro si fa a 18 - 19 anni, essere giovani è una grande qualità a livello professionale, le aziende assumono più facilmente, l’energia di un giovane batte l’esperienza di un dinosauro, la gavetta non è sinonimo di sfruttamento.
Gli stage sono per legge tutti pagati un terzo dello stipendio minimo, quindi 500€ a tempo pieno. Un'azienda non prende facilmente degli stagisti con più di 26 anni, se non con una possibilità d’assunzione a fine stage, qui si fanno stage dai 15 ai 25 anni massimo. Anche se sei giovane le aziende francesi ti caricano di responsabilità, in Italia avevo l’impressione che la mia giovinezza potesse essere professionalmente un difetto qui è una qualità. Quando mi hanno assunta a 25 anni mi prendevo per una pischella, in realtà la mia boss aveva 28 anni e ho avuto colleghe di 22/23 anni assunte con ruoli fondamentali nell’azienda.
Diciamo che mi sento già un po’ vecchia oggi a 30 anni. C’è una maggiore dinamicità nel lavoro, le persone cambiano, arrivano e partono con maggior facilità. Questo crea un entusiasmo incredibile, perché sai che puoi andare professionalmente dove vuoi senza necessariamente accontentarti di quello che hai, puoi costruirti. Molti giovani aprono aziende o studi sostenuti dai comuni o dallo stato, per esempio offrono spazi gratuiti a giovani imprenditori, per aiutarli nei primi tempi.
I francesi lavorano con metodo e anticipo, tutto si organizza con planning e retro-planning, in Italia si spera che il destino ce la mandi buona e si crede che in ogni caso sarà un successo ed effettivamente lo sarà. I due metodi sono validi.
Basta elogiare la Francia senno mi prendono per una traditrice, in qualche linea ho cercato di evidenziare le differenze che mi hanno più marcato, tra i lati negativi è che nel mondo del lavoro francese, c’è poco spazio per l’umano e che i rapporti professionali sono spesso freddi e vuoti, rari sono i casi di intesa, le persone si proteggono molto e si scoprono poco, perché mirano all’obbiettivo.
Aspetta, ho sfortunatamente un altro gol per la Francia, qui si lavora solo 35 ore a settimana, un'ora in meno al giorno rispetto all’Italia. Qui il lavoro è talmente importante che definisce la tua persona. Nelle serate tra amici, la seconda domanda che ti fanno dopo 'Come ti chiami?' è 'Che lavoro fai?'. In Italia è 'Da dove vieni?'.
Il lavoro non definisce chi sei come persona. In Italia era più semplice conoscere persone che avevano interesse diversi dal mio, uscivo con muratori, conciai, archeologi, commesse, bariste, qui è più difficile incrociare persone di diversi mestieri, la maggior parte delle mie conoscenze bazzicano attorno al mondo dell’arte. Sarà un bene o sarà un male? Non lo so.
La vita e il lavoro all'estero sono diversi dall'idea che ti eri fatta prima di partire?
Non ero partita con alcuna idea precostruita, ma per almeno 3 anni ho continuato a sbalordirmi per le differenze.
Cosa ti manca dell'Italia?
Il sapore della frutta, la carne alla brace, il prezzo della pizza, il sole, il panino tonno e maionese al Bar Italia, le stelle di notte, tornare a casa in macchina e incrociare un istrice, la sagra del cinghiale, le canzoni di Pino Daniele su radio Nostalgia, le fieste, gli estathé, la panna da cucina, i Wafer della Loacker, il parmigiano, i discorsi dal parrucchiere, i bomboloni al mercato, pagare la colazione 1,80€, le fiere con le giostre, la Pasquetta, i fiori in giardino, il profumo di basilico, la possibilità di essere in ritardo senza che nessuno si arrabbi, la freschezza, la semplicità, Bologna, la mozzarella, la lingua italiana, gli scherzi, le battute, i toscani e i napoletani, il peperoncino, la Coop, lo Spritz, il ragù, i Simpson alle 14h, il mio cane sul divano, la mia mamma nell’orto, mio fratello fuori a fumare, gli amici in macchina fuori che aspettano, il monte Serra sullo sfondo, il mare a portata di macchina, la festa del 1 maggio e la capacità che hanno gli italiani di trasformare un incontro in un amicizia, quel piacere unico che abbiamo nella relazione all’altro. Dalla nonna fino al barista gli italiani sanno che l’altro è una fonte di piacere.
Torneresti a lavorare in Italia?
Questa esperienza mi ha reso cittadina Europea più che simpatizzante francese, io ragazza dell’Europa, come cantava Gianna, non pianto bandiera e ad oggi più che tornare in Italia mi piacerebbe conoscere un altro paese in Europa. L’Italia la conosco la porto in giro con me, ma effettivamente son cosciente che se un giorno volessi ritornare, trovar lavoro non sarebbe semplice. L’ideale sarebbe instaurare delle episodiche collaborazioni di lavoro con l’Italia, mi è già capitato di intervenire come professionista nelle Accademie di Belle Arti di Bologna o di organizzare manifestazioni culturali in Toscana. Così ci torno volentieri.
Hai qualche aneddoto sulla permanenza all'estero?
La mia permanenza è tutta un aneddoto, dal trovar casa ad andare dal dottore le incomprensioni linguistiche che ho vissuto sono delle vere e proprie barzellette. Quando si arriva in un altro paese ci si porta dietro uno schema culturale che agisce al quotidiano in un contesto in cui quello schema non entra o entra a fatica, dall’amore all’amicizia, in Francia si fa diversamente. Nei primi mesi trovavo allucinante che la famiglia da cui alloggiavo come ragazza alla Pari non tornasse a pranzo a mangiare, io avevo vissuto 23 felici anni di pranzi familiari, per me la società e le persone si organizzavano in modo da ritrovarsi a tavola a mezzogiorno. Loro invece no: lavorare, lavorare, lavorare. Ora anche io non torno mai a pranzo a casa.
Tra i più simpatici aneddoti che potrebbe far piacere a un pubblico toscano. Ci fu la volta in cui io e il mio collega Rémi ci rendemmo conto che effettivamente le nostre culture erano diverse, ma c’era comunque qualcosa che le univa. Nei due paesi i giovani adolescenti utilizzavano la maglietta come strumento di protesta. Ci siamo detti che sarebbe stato simpatico tirar fuori una di quelle T-Shirt polemiche che adoravamo sbandierare a 20 anni. Cosi mentre io avevo una rossissima maglietta con su scritto NON MI AVRETE MAI COME VOLETE VOI, comprata alla festa dell’Unità a Firenze, lui aveva tirato fuori una mitica maglietta di Homer Simpson con su scritto MENO FAI MENO SBAGLI, contenti di questo condiviso viaggio nel passato in un sabato d’estate di qualche tempo fai in galleria, riceviamo un'inaspettata telefonata in cui ci veniva segnalato che una delegazione Luis Vuitton sarebbe venuta per visitare. Noi ci guardammo nelle magliette e ci mettemmo a ridere.
Oppure quando scoprii che per loro fare insalata vuol dire cucinare.
Se vuoi aggiungere qualcosa di te, sulla tua storia, particolari curiosi.
Le domande hanno già tirato fuori una serie di particolari. Per conoscermi meglio forse è opportuno dire che la mia professione e i progetti paralleli che ho creato mirano a supportare la cultura italiana all’internazionale. Ad esempio ho permesso alla pittrice toscana Laura Leonardi di esporre due volte in Francia, promuovendo l’esposizione Dualité. Per info (http://www.ioarte.org/eventi/Mostre/dualite-laura-leonardi/). In più ho lavorato con l’artista italo-giapponese Ayumi Kudo perché volevo che le sue opere fossero esposte a Parigi, abbiamo cosi da poco concluso la sua prima mostra personale in Francia questo giugno 2015. Tutto questo per dire che questo viaggio che ho intrapreso da ormai 6 anni in una terra che non è la mia sviluppa in me un energia nomade, che si auto genera e che mi permette di creare dei ponti culturali tra l’Italia e la Francia.
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