
“Leggiamo sulla stampa che, a Piombino, un'azienda radicata nel territorio da quarant'anni decentra il suo lavoro in Eritrea aggiudicandosi lavoro per circa 70 milioni di euro ma è costretta a licenziare uno dei suoi lavoratori perché dichiara che non può andare in Eritrea a causa del fatto che deve gestire dei figli insieme alla moglie. Si, è vero che si tratta di un periodo di 45 giorni e poi 15 giorni a casa, ma lui in questo momento non può lasciare la gestione solo alla moglie. Dove pensiamo e vogliamo arrivare nel mondo del lavoro?”, si chiede Mirko Lami (segreteria Cgil Toscana). Che argomenta:
“Le aziende hanno sempre più esigenze, ma anche i lavoratori hanno sempre più esigenze se l'organizzazione del lavoro viene cambiata come in questi casi. Il nostro è un Paese dove culturalmente siamo cresciuti con 'il lavoro a poca distanza da casa' e con 'il fare di tutto per farsi la casa di proprietà', infatti in Italia 80% delle case è di proprietà e non in affitto come accade in altri paesi. Questi due fattori ci hanno fatto organizzare la vita, cercando di difendersi da lacune importanti dello Stato. Il lavoratore si deve gestire la famiglia e i tempi di vita, con pochi asili, con gli orari nelle scuole che occupano la sola mattinata, con la mancanza totale di strutture per poter gestire gli anziani. Ora le aziende cambiano la loro organizzazione del lavoro e richiedono turni che non si sono mai fatti fino ad adesso, spostamenti di personale in altre regioni o addirittura in altri continenti, o - come accaduto in alcuni casi - ti fanno lavorare a condizioni di sicurezza inesistenti e con paghe orarie ridicole perché fuori, nel mondo dei disoccupati, in molti son pronti a prendere il tuo posto”.
Conclude Lami: “Ecco, credo che certi processi vadano costruiti e accompagnati ma solo uno Stato, solo la politica deve mettere mano a queste dinamiche che possono essere anche innovative ma che, senza strumenti, lasciano indietro il lavoratore. Se si vuole domandare da un giorno all'altro ai lavoratori di cambiare l'organizzazione della loro vita, chiedendogli di lavorare su turni in un posto dove non si sono mai fatti turni di notte, oppure di trasferirsi in altre province o continenti, ci si può aspettare anche un 'no' ma non si può essere licenziati per questo. Credo sia costruttivo individuare strumenti per affrontare questi percorsi”.
Lami cita anche un altro caso sintomatico di come inizia a cambiare il mondo del lavoro nel nostro Paese e che riguarda il tema dei tempi di lavoro e di vita. Nei giorni scorsi, i lavoratori di un noto marchio di supermarket hanno scioperato contro la decisione aziendale di stare aperti 24 ore per sette giorni. Qualcuno dice che negli USA è da oltre venti anni che mettono in pratica l'orario continuativo di negozio per 24 ore, in Inghilterra è da circa una decina di anni, ma in Germania i grandi magazzini chiudono alle 19 di venerdì e riaprono alle 9 di lunedì, analogo orario lo troviamo in Francia, in Belgio, in Olanda. Sarebbe interessante capire perché questo grande marchio non pretende certi orari nel suo Paese, la Francia.
Fonte: Ufficio Stampa Cgil Toscana
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