
Da Fucecchio ad Amsterdam per intraprendere una carriera. Questa è Francesca Palamidessi, 26 anni di Fucecchio, che questa settimana si racconta a gonews.it per la rubrica 'Toscani in giro'.
Nome e Cognome: Francesca Palamidessi
Anni: 26
Cresciuta a: Fucecchio (Fi)
Studi: Laura in Sociologia (Università Firenze) e Master in Sociologia Urbana (Università Amsterdam)
Residenza e professione: Amsterdam, Customer Service Executive Agent @ Booking.com + volontaria Assistente Direttore Esecutivo @ Fairfood International (Associazione no profit, NGO)
Lavoro in Italia: barista, cameriera
La tua prima esperienza all'estero?
La prima esperienza all'estero è stata l'Erasmus. Il miglior anno della mia vita. Sono partita per Madrid nel 2009 quando avevo 21 anni. A Madrid ho sperimentato cosa voleva dire vivere fuori dal mio paese, frequentare i corsi, dare esami in un'altra lingua e uscire con persone provenienti da tutte le parti del mondo. L'erasmus è stata una bolla di sapone, uno sogno durato un anno. La Spagna mi aveva avvolto in una atmosfera di casa, festa e positività e io mi ero adattata perfettamente. Cercavo di imparare a parlare spagnolo con l'accento di Madrid e mi divertivo a farmi scambiare per Spagnola dai turisti. Dopo lezione io e miei amici Erasmus andavamo di tapas e fiesta e si viveva una vita come in vacanza.
Il metodo universitario era molto diverso, innanzitutto l'Università di Scienze Politiche di Somosaguas è stata l'unica facoltà spostata fuori dal centro nel periodo di Franco perché troppo riottosa. Infatti, quando arrivavi di fronte potevi vedere striscioni in tutta la facoltà, cartelli e manifesti e già potevi capire che gli spagnoli erano molto attivi politicamente e “molto agguerriti”, a differenza di quelli fiorentini. Dentro la facoltà i ragazzi fumavano gli spinelli e bevevano birra tra una lezione e l'altra. Il giovedi poi si bloccavano tutte le lezioni perché “era festa della facoltà” e quindi i professori e gli studenti andavano insieme nel sotano (sottosuolo) dove potevano bere e ascoltare musica dal vivo. Le lezioni invece erano divise in “teoria” e “pratica” e cercavano di applicare al mondo reale qualsiasi materia. A lezione ci si sedava in cerchio cosi ognuno poteva esprimere la sua opinione e confrontarsi (cosa impensabile all'università di Firenze). Spesso si faceva lezioni fuori in giardino. Oppure, durante le ore di pratica, il professore di Sociologia ci portava nelle aule adibite alla Metodologia Qualitativa, un metodo per fare ricerca utilizzato dai scienziati sociali.
Era la prima volta che vedevo tali aule: stanza con tavolo grande per fare i focus group, telecamera e microfoni per riprendere o registrare la sessione e doppio vetro con altra aula per gli “osservatori”. Quando vidi l'aula mandai subito una email alla mia prof di Sociologia di Firenze per chiedere di fare qualcosa anche nel nostro polo, ma ovviamente la realtà italiana è ben lontana da quella estera. I professori si facevano chiamare per nome e ci chiamavano colleghi. Le aule non avevano una cattedra, e nemmeno il rialzo che spesso vediamo nelle facoltà italiane per distinguere il potere del professore da quello dello studente. Quindi devo dire che la realtà spagnola mi ha fatto aprire gli occhi e realizzare che ci sono altri metodi di studio nel mondo, da quali abbiamo tanto da imparare.
In Erasmus sono riuscita a dare 10 Esami in 10 mesi e sono tornata con metà progetto di tesi pronto. Come tesi ho trattato il fenomeno degli Erasmus e la loro identità europea e ho cercato di analizzare come noi giovani possiamo “aumentare” la nostra Europeicità attraverso percorsi di studio o viaggio all'estero.
Perché ha deciso di andare all'estero?
Mi ero lasciata dal mio ragazzo e mi sentivo che avevo bisogno di cambiare aria, di fare un'esperienza nuova e diversa. Avevo voglia di viaggiare e fare esperienze che mi portassero ad aprire la mia mente. Mi sentivo che Fucecchio, il paese dove vivevo mi stava limitando molto e desideravo conoscere persone diverse, di altre culture. Dopo la Spagna non mi sono pù fermata. I miei mi dicevano che avevo “le formiche addosso”. Dopo l'Eramsms sono tornata in Italia per laurearmi e subito dopo la laurea ho fatto un viaggio da sola per l'Europa.
Dopo di che ho fatto il progetto Leonardo (stage all'estero) in Inghilterra e l'anno successivo sono partita per Amsterdam. Sebbene non fossi mai stata ad Amsterdam, avevo deciso che mi ci sarei trasferita senza avere alcuna paura. Avevo visto un Master in Sociologia Urbana che mi piaceva e pertanto avevo deciso di “provarci”. I primi mesi ho lavorato in due-tre ristoranti. Poi ho mandato il curriculum ad una grande compagnia e mi hanno preso subito. Lì mi è stato permesso di lavorare part-time e studiare in contemporanea, in più ho perfino ricevuto una borsa di studio dal governo olandese.
Ho finito il Master la scorsa estate e adesso continuo a lavorare nella compagnia e a cercare di trovare lavoro nel mio campo. Ho iniziato a lavorare volontaria in una associazione e spero se tutto va bene di poter iniziare a lavorare full time in una Organizzazione no profit. Il mio sogno è di lavorare con immigrati e rifugiati politici.
Quali sono le principali differenze fra il mondo del lavoro italiano e quello estero?
Direi che la differenze tra il mondo lavorativo olandese e italiano si potrebbe sintetizzare in tre parole:
- Buone condizioni: Innanzitutto dopo due contratti determinati di 6 mesi e 1 anno, mi hanno subito fatto un contratto permanente. I capi non fanno “i boss” ma cercano di essere uno di noi. In Italia spesso che ha potere tende a comandare, mentre all'estero tutti sono sullo stesso piano. I Managers del mio ufficio lavorano nella nostra stessa stanza e non hanno “stanze tutte per loro”. Inoltre la compagnia ci paga i costi del trasporto per arrivare a lavoro e metà costo della pensione. Lo stipendio è più alto di quello italiano e mi posso permettere di mettermi da parte molti soldi. Ogni tre mesi riceviamo un bonus monetario a seconda della nostra performance, che in genere in Italia ricevi solamente se hai un impiego di alto livello o molte responsabilità.
- Sicurezza: All'estero mi sento sicura che non perderò il lavoro con una scusa stupida. Non sono stata costretta come le mie amiche a dover fare stage non pagati o lavori sfruttanti primi di prendere un contratto. In 3 anni non sono mai stata senza lavoro. Nel caso in cui qualcuno perde il lavoro o il contratto non viene rinnovato, l'unemployment scatta da subito e addirittura il governo ti paga anche eventuali vacanze durante il periodo di disoccupazione.
- Multiculturalità: Nel mio dipartimento lavorano persone di tutte le nazioni del mondo, da Francesi, Spagnoli, Tedeschi, a Cinesi, Giapponesi, Indonesiani, a Africani, Americani o Arabi. La multiculturalità ad Amsterdam è la parola d'ordine.
La vita e il lavoro all'estero sono diversi dall'idea che ti eri fatta prima di partire?
All'inizio è dura. Ti devi trovare una nuova casa, un lavoro, crearti un circolo di amici e persone di fiducia, ecc. Praticamente come iniziare tutto da capo, una vita intera. Quando incominci ad avere tutte queste cose sopra menzionate allora è tutto in discesa e ti inizi a rilassare.
La vita all'estero è diversa dalla vita italiana. Diciamo che in certi momenti è più dura, ma in altri è più facile. Non hai gli amici di sempre o la famiglia lì pronti ad abbracciarti. Ma, in Olanda per esempio la burocrazia è molto più semplice. Tutto è ormai online. Infatti non esiste la posta o l'interminabile fila in banca per depositare i soldi. Bollette, stipendio, borse di studio, assicurazione sanitaria sono tutte collegate con il tuo conto in banca. Tutto è più semplice e praticamente non fai mai la fila.
Prima di partire sapevo a cosa andavo incontro ma ero , e sono, molto felice di vivere all'estero!
Cosa ti manca dell'Italia?
Principalmente il cibo, i nostri paesaggi e il clima. Mi manca il cibo buono e saporito di casa nostra, le colline toscane, il mare e le montagne e il buon clima. Inoltre, a dire la verità, mi manca il calore delle nostre persone. In Olanda le persone sono molto chiuse e introspettive e nessuno si gira mai a guardare le persone. Quindi spesso ti senti “invisibile” e non considerato.
Torneresti a lavorare in Italia?
Ho sempre detto che fino a trenta anni voglio stare in giro. Quindi per ora non ci sto pensando a tornare. Forse in un futuro tornerò.
Hai qualche aneddoto sulla permanenza all'estero?
Quando mi sono trasferita ad Amsterdam a febbraio 2012 faceva molto freddo. Avevo appena conosciuto delle ragazze italiane e spesso mi chiedevano di uscire. Il problema è che pioveva tutte le sere, quindi rispondevo sempre che “oggi piove, non me la sento, poi in bici mi bagno tutta! Sentiamoci domani”. Le mie amiche dopo qualche giorno mi dissero “se non esci per via della pioggia rimarrai in casa tutto l'anno! Qui piove sempre!”: Non avevo capito all'inizio cosa vuol dire vivere ad Amsterdam e uscire in bicicletta anche quando diluvia!
Vuoi aggiungere qualcosa di te?
Un dettaglio che ha reso il mio arrivo alquanto semplice e fortunato è il Buddismo di Nichiren Daishonin. Questa pratica mi ha aiutato ad andare avanti sempre con speranza e positività e a cercare la mia felicità in me stessa. É chiamata anche filosofia dei benefici, in quanto si basa sul principio di causa ed effetto per il quale ponendo una causa positiva si riceva un effetto positivo. In questa filosofia si crede che i desideri sono fonte di “illuminazione” e tramite i nostri obiettivi possiamo mettere in pratica questa filosofia, sfidarci e trasformare noi stessi in meglio. Allora quando sono arrivata in Olanda mi sono messa l'obiettivo di trovare casa e lavoro in una settimana. Sebbene è ad Amsterdam servono mesi e mesi per trovare casa, in quanto sovraffollata, al sesto giorno dall'obiettivo mi confermarono che la casa che avevo visto era mia. Il secondo giorno avevo trovato due lavori!
Particolari curiosi: All'università di Amsterdam sono talmente aperti di mente che durante il corso di Metodologia Qualitativa ci hanno fatto fare una ricerca sociologica sulle prostitute del Red Light District. Una antropologa durante una lezione ci ha atto fare un percorso di studio nel Red Light e svelato tutti i segreti e le curiosità del quartiere.
Particolari curiosi: La bicicletta ad Amsterdam è importante quanto la casa. Se non hai la bici sei out. I ragazzi vanno in giro in bicicletta, invece di vedere le file di macchine ai semafori vedi i gruppi di biciclette. Spesso ai semafori nelle ore di punta si radunano più di 50 bici, di tutti i colori. Personalizzare la bici è altra cosa molto importante, altrimenti te la rubano. Spesso qualcuno le da anche i nomi, le decora con fiori, scotch colorati, adesivi, casse x la musica, cassetta della frutta come cestino. La bici diventa una parte di se stessi e la propria creatività.
Gli olandesi con 1 tipo di formaggio (Gouda) e 1 tipo di fiori (tulipani) sono diventati famosi in tutto il mondo e si vantano di avere queste due cose. In comparazione noi con più di un formaggio per regione e migliaia di fiori, perché non abbiamo fatto lo stesso??
Altra curiosità: Ad Amsterdam non tutti fumano la canne e vanno ai coffeshop!Tutte le notizie di Fucecchio