Nicola Nascosti sulla chiusura degli Opg: “Buone intenzioni, ma questione gestita malissimo”

Il consigliere regionale Nicola Nascosti interviene sulla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e la creazione di Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive) a partire dal 31 marzo scorso che interessa sei strutture a livello nazionale e una in Toscana, a Montelupo Fiorentino. Una questione a suo avviso “gestita malissimo, perché non si è stati attenti al progetto con cui si voleva deistituzionalizzare questi pazienti, che sono, però, socialmente pericolosi, non solo a loro stessi, ma anche ad altri”.

Nascosti fornisce inoltre alcune importanti cifre circa la ricollocazione dei pazienti.

“Considerate le condizioni inaccettabili più volte rilevate negli OPG – spiega Nascosti - la loro chiusura, è un evento importante perché pone in primo piano il diritto alla cura (secondo il concetto psichiatrico di “recovery”) e non alla punizione delle oltre 700 persone "custodite", colpevoli di delitti e giudicate incapaci di intendere e di volere”.

“Il modello proposto – aggiunge il consigliere - passaggio previsto dalla Legge 81/2014, è quello delle "Residenze sanitarie per l'esecuzione della misura di sicurezza (Rems)" strutture in grado di accogliere gli internati nel rispetto del diritto alla cura e all’inclusione sociale oltre che a garantirne la misura detentiva. Ogni REM dovrebbe ospitare al massimo 20 internati per consentire un approccio più mirato, attento alle caratteristiche di ogni internato. In altre parole, e in teoria, queste strutture saranno destinate a ricoveri e non a reclusioni, alla cura e non alla custodia, il tutto volto al recupero e alla deospedalizzazione. Tuttavia le Rems – incalza Nascosti - non saranno comunità terapeutiche ma, piuttosto, luoghi di contenimento, e nella fase iniziale ci saranno due tipi di Rems: quelle di valutazione e di stabilizzazione e quelle degli stabilizzati”.

Alla luce di queste premesse il consigliere regionale Nascosti si chiede: “Se, per un verso, è un evento atteso, per un altro verso la perentorietà della data di chiusura, nelle attuali condizioni, alimenta un dubbio: realtà o manovra elettorale? Non basta, infatti, chiudere (o annunciare la chiusura) delle vecchie strutture per considerare il problema risolto. Dovevano infatti essere già state realizzate le REMS in grado di accogliere queste persone per le finalità prima dette”.

Possiamo parlare di una rivoluzione?

“La realtà è ben diversa dall'enfasi posta sulla chiusura – risponde Nascosti - Dopo tanto tempo, convegni, tavoli, parole, infatti, non risulta che le regioni abbiano ancora potenziato i servizi sanitari e reso fruibili le strutture alternative. Molte non sono ancora pronte, molte sono piene. In altri termini le Regioni, tra queste la Toscana, sono inadempienti perché finora hanno dimostrato di non riuscire a trovare una soluzione adeguata nei tempi previsti dalla legge”.

“Restando nell'ambito della Regione Toscana, si pensi che fino alle ore 13.00 del 31 marzo la sede dell'istituto Mario Gozzini (struttura adiacente al Complesso Penitenziario di Sollicciano, ma autonomo sia come funzioni che come edificio ndr) non era prevista ed erano in corso trattative con l'assicurazione Unipol per l'acquisto di Villa Nova. Evidentemente la trattativa non è andata a buon fine e si è optato per l'istituto Gozzini, che è un carcere, sia pure a custodia attenuata che ritengo assolutamente non adeguato alle esigenze”.

“Cosa sia veramente accaduto per tale opzione non è dato saperlo – aggiunge Nascosti - eppure il tempo c'è stato e sono stati spesi molti soldi dei contribuenti per lavori presso l'OPG di Montelupo Fiorentino. Nella recente delibera della Regione toscana, si stabilisce infatti:

- di impegnare la Asl 10 di Firenze ad eseguire l'analisi di fattibilità inerente la quantificazione e qualificazione degli interventi di adeguamento dell'Istituto Mario Gozzini a Sollicciano (conosciuto come "Solliccianino"), corredandola di cronoprogramma;

- di attivare un tavolo regionale congiunto delle autorità coinvolte nel processo di superamento dell'OPG, coordinato dalla Direzione Generale Diritti di cittadinanza e coesione sociale, con la partecipazione del Provveditore dell'Amministrazione Penitenziaria per la Toscana, del Presidente del Tribunale di Sorveglianza, del Direttore Generale dell'ASL 10 di Firenze ed il supporto dei Settori regionali e territoriali competenti, al fine di garantire la sinergia delle azioni di rispettiva competenza e presidiare il monitoraggio ed il coordinamento degli interventi volti ad assicurare il superamento dell'OPG;

- di organizzare corsi di formazione per gli operatori per la progettazione e organizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi e le esigenze di mediazione culturale;

- di riqualificare i dipartimenti di salute mentale, contenendo il numero complessivo di posti letto da realizzare nellestrutture sanitarie;

  • di predisporre percorsi terapeutico-riabilitativi individuali di dimissione di ciascuna delle persone ricoverate in Opg.

“Come si vede è tutto "da farsi" – tira le somme il consigliere regionale Nascosti e fornisce un po' di numeri importanti per capire a che punto siamo -.Dal 2011 sono stati promossi e sostenuti a livello regionale 65 programmi di dimissione dall'Opg, per favorire il rientro degli internati toscani. I 65 percorsi di dimissione attivati sono stati diretti per il 73% in comunità terapeutiche psichiatriche, per il 9% in comunità terapeutiche per doppia diagnosi, il 14% in residenze sociali e il 4% al domicilio proprio o dei familiari. Con varie delibere, la giunta regionale ha stabilito il potenziamento della rete dei servizi territoriali, l'attivazione delle residenze intermedie, la realizzazione di una residenza destinata ad accogliere i pazienti internati con misure di sicurezza detentiva, la formazione professionale e l'aggiornamento continuo degli operatori, l'adeguamento della dotazione di personale, il sostegno dei percorsi di dimissioni per gli internati toscani e gli stranieri senza fissa dimora”.

“Ad oggi nell'Opg di Montelupo sono presenti 115 internati, di cui 49 toscani, il resto da altre regioni. In più, 1 toscano è nell'Opg di Reggio Emilia e 2 donne toscane sono nell'Opg di Castiglione delle Stiviere. I pazienti di altre regioni verranno presi in carico dalle rispettive Regioni. La Regione Toscana ha individuato soluzioni innovative, basate su tre livelli:

1° livello: Rete ordinaria dei servizi territoriali

2° livello: Residenze intermedie e moduli

3° livello: Residenza con sorveglianza intensiva

Per quanto riguarda i pazienti toscani, queste le soluzioni individuate:

- per alcuni di loro (14) ci sono percorsi di dimissione in corso;

- per 22, l'Istituto Mario Gozzini a Sollicciano (sorveglianza intensiva);

- 12 andranno nella struttura realizzata nel padiglione Morel presso l'ospedale di Volterra (servirà la zona da Massa Carrara all'isola d'Elba) (struttura intermedia);

- 10 nella comunità terapeutica "Tiziano" di Aulla, già funzionante (struttura intermedia);

- 8 a Le Querce, a Ugnano, Firenze (struttura intermedia);

  • per l'Area vasta sud sono stati individuati 2 moduli, ciascuno di 4 posti, in due strutture a Siena e Arezzo, che entreranno in funzione a ottobre.

LA GESTIONE DELLE REMS

“Il passaggio dal controllo del Ministero della Giustizia a quello della Sanità, con conseguenti significativi cambiamenti nella gestione dei pazienti pone diverse problematiche relative alla conversione prevista dalla Legge che all'interno delle Rems, prevede la presenza del solo personale sanitario e siano ricoverati i pazienti psichiatrici considerati socialmente più pericolosi”.

LA SICUREZZA

“Inappropriate – spiega Nascosti - sembrano le misure adottate per la nuova gestione dei pazienti e, soprattutto, per la messa in sicurezza degli operatori che lavoreranno nelle REMS. Mentre, infatti, negli OPG è prevista la polizia penitenziaria che quotidianamente affianca e aiuta nel rispetto delle regole nella struttura, nelle Rems la polizia penitenziaria non ci sarà. Al momento, infatti, la legge affida il compito di gestire gli internati al solo personale interno alle Rems, con la collaborazione della Polizia penitenziaria solo all’esterno della struttura ed eventualmente in caso di spostamenti; è previsto un monitoraggio videocamerale all'interno del perimetro della Rems, in teoria affidata al Ministero della Giustizia, quindi all'amministrazione penitenziaria. Di fatto, però, non è previsto l'utilizzo del personale, con un controllo da remoto. il che non è esattamente sinonimo di sicurezza, né per il personale né per la collettività. L'unico personale di vigilanza sul luogo sarà, perché questo prevede la legge, la guardia privata”.

IL PROBLEMA DEI 'FINTI' MALATI

“Il problema di sicurezza del personale che lavorerebbe nelle strutture – aggiunge ancora Nascosti - non si fermerebbe al pericolo legato alle malattie psichiche dei pazienti e quindi socialmente pericolosi. Infatti, una percentuale di internati è costituita che fanno parte di organizzazioni malavitose. Quindi, c'è la possibilità di convivenza anche con eventuali membri di cosche e clan che, in assenza di una polizia penitenziaria, potrebbero ritessere rapporti malavitosi. Tra i 20 internati accolti nelle Rems, quindi, basterebbe che solo uno fosse legato alla malavita per procedere con minacce più o meno velate al personale sanitario, che non avrebbe un contatto significativo con la Polizia penitenziaria, ma solo con la vigilanza privata che non può intervenire fisicamente in caso di emergenza”.

IL VULNUS DELLA LEGGE SULLA CHIUSURA DEGLI OPG

“La legge che ha sancito la chiusura dei “manicomi criminali, ha un vulnus: a causa di una norma contenuta nella legge i giudici sono tenuti a revocare le misure di sicurezza per gli internati giudicati pericolosi che, però, abbiano superato il limite massimo della pena edittale, cioè quella che avrebbero dovuto scontare in carcere se fossero stati giudicati capaci di intendere e di volere. Occorre quindi una modifica del codice penale che, in caso di vizio di mente, consenta di detenere e curare le persone più gravi in case circondariali. E nel frattempo? Ciò che preoccupa è la possibilità di distinguere chiaramente le funzioni socio-sanitarie da quelle di sorveglianza, custodia e sicurezza che non competono a chi si occupa di salute mentale. Occorre, quindi, arrivare a dei protocolli operativi molto precisi sulle singole responsabilità e le singole funzioni per garantire i diritti degli utenti, quelli degli operatori sanitari e quelli dei cittadini”.

“Altra criticità – conclude Nascosti - è la carenza cronica di personale. Infatti, l’impegno per le attività delle Rems potrebbe causare un apporto di personale che non è dedicato esplicitamente a queste strutture con una riduzione dei servizi per tutti gli altri utenti”.

In conclusione, le intenzione sono buone, ma la questione è stata gestita malissimo, perché non si è stati attenti al progetto con cui si voleva deistituzionalizzare questi pazienti, che sono, però, socialmente pericolosi, non solo a loro stessi, ma anche ad altri”.

Fonte: Ufficio stampa del consigliere regionale Nicola Nascosti

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