
È stata una 'full immersion' nella storia del ciclismo, nei momenti più emozionanti che questo sport ha offerto nel primo decennio del 21' secolo. In questo periodo Paolo Bettini ha vinto tutto ciò per cui ha corso per vincere, e forse anche di più. Intervistato da Paolo Bruschi di Asev Empoli, l'ex ciclista professionista ed ex ct della nazionale, ha ripercorso la sua carriera nell'ambito degli incontri organizzati al Cenacolo degli Agostiniani dagli assessorati allo sport e alla cultura del Comune di Empoli e dall'Agenzia per lo Sviluppo Empolese Valdelsa dal titolo 'Essere campioni è un dettaglio'. Bettini ha raccontato delle amicizie che nascono in gruppo, di come sia potuto esplodere diventando uno degli atleti più titolati al mondo in assoluto con la sua medaglia d'oro olimpica, i due campionati del mondo, le due coppe del mondo e qualche classica da brividi, oltre a un altro argento ai campionati del mondo di Lisbona che ancora gli lascia l'amaro in bocca.
Sempre stando lontano dalla tentazione del doping, come ha detto Bettini dopo una domanda di Bruschi su Lance Armstrong. "Ho vissuto da dentro un periodo dove il mio sport si è riformato in funzione della lotta al doping. Oggi il ciclismo è fra gli sport più puliti. Dopo i tanti scandali si è rigenerato. Controlli e regole sono adesso a livelli altissimi”. Ha raccontato del padre, di quando è sceso dal podio del primo mondiale, dopo aver vinto già le Olimpiadi e gli disse: "Ora puoi anche smettere. Il suo obiettivo era portarmi fino a 18 anni senza problemi. Lo aveva più che raggiunto - ha detto Bettini". Che poi ha proseguito confessando la sua predilezione per le gare più che per gli allenamenti: "La corsa è gioco, in allenamento mi sono sempre annoiato. I periodi più difficili sono sempre stati quelli invernali. Mi sono divertito fino al 28 settembre 2008, giorno della mia ultima competizione".
Sulle sue caratteristiche, sulle sue vittorie in gare di un giorno, sulla mancanza di un successo finale a un grande giro ha spiegato che "anche da dilettanti ero abituato a spendere troppo, a non gestirmi. Poi da professionista ho imparato, ma i chilometri non mi sono mai piaciuti. Detto questo forse i successi arrivati nelle classiche e ai mondiali mi hanno fatto concentrare sulla preparazione solo per queste. Nel ciclismo moderno la preparazione è fondamentale e deve essere mirata. Pensare anche al Giro d'Italia e al Le Tour de France avrebbe significato snaturarsi". Sul dualismo col grande Michele Bartoli ha detto: "Accanto a lui mi sono perfezionato. Lui è stata la mia università del ciclismo. Dopo la mia prima vittoria alla Liegi-Bastogne-Liegi è cambiata la mia importanza in#Mapei. Io poi ho avuto una squadra eccezionale, molti grandi corridori non raccolgono vittorie perché non hanno una grande squadra alle spalle".
E infine un accenno alle sconfitte più amare: "Indubbiamente il Mondiale buttato via a Lisbona e i mondiali di Firenze da ct". Al termine il saluto con gli assessori Eleonora Caponi e Fabrizio Biuzzi che ha ricordato la gara di oggi, organizzata da Renzo Maltinti, presente in sala insieme a tanti personaggi del mondo del ciclismo locale.
Fonte: Comune di Empoli - Ufficio Stampa
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