Gustavo Thoeni, a tre millesimi dal trionfo

Giusto quarant'anni fa, lo sciatore azzurro sorprese tutti arrivando a un soffio dal successo sulla celebre Streif di Kitzbühel


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Se sei un calciatore, ti può capitare di giocare dieci partite di qualificazione e sette nella fase finale, valicare indenne i tempi supplementari e vincere il Mondiale solo perché uno dei tuoi avversari ha calciato un rigore che ha sbattuto sulla faccia interna della traversa ed è ricaduto per solo qualche centimetro al di qua della linea bianca. Se sei un pilota, invece, puoi guidare per sette mesi e 4800 chilometri e diventare campione del mondo per mezzo punto. Se piuttosto nuoti, può succedere che ti alleni con la disciplina di un monaco per quattro anni con l’obiettivo di conquistare otto ori olimpici e ci riesci perché il tuo rivale si è rasato meno bene e ti è rimasto dietro per un centesimo di secondo.

L’Italia di Marcello Lippi a spese della Francia, Niki Lauda sul compagno di scuderia Alain Prost e Michael Phelps ai danni del serbo Milorad Čavić, sono solo alcune delle contese sportive risolte da un’inezia, da un battito di ciglia, da una differenza inapprezzabile alla consapevolezza umana: quei casi appassionanti di arrivo al fotofinish in cui è più amara per il piazzato la coscienza di essere il primo dei battuti, ma più irresistibile che mai il fascino dello sport. Per quanto a volte percettibile solo alla tecnologia e dovuto a fattori ingovernabili e non isolabili nelle lunghe ed estenuanti sedute di allenamento, anche uno scarto di una frazione di secondo o di un misero millimetro rappresenta nello sport una chiara e, spesso, inequivocabile linea di confine. La differenza che passa fra l’essere eternato da una sottile riga di inchiostro su un almanacco e struggersi una vita per una vittoria sfuggita di un soffio.

Per Gustavo Thoeni, tuttavia, gli esiti non sono così alternativi. Il 18 gennaio 1975, lo slalomista azzurro, come al solito in lotta per la coppa di cristallo già conquistata tre volte dal ’71 al ’73 (nel 1974, aveva ceduto il passo a Pierino Gros), si presentò al cancelletto di partenza sulla Streif di Kitzbühel, con l’obiettivo dichiarato di arraffare il consueto primo posto nella combinata dell’Hahnenkamm. In vetta alla classifica provvisoria, troneggiava il nuovo re della velocità, l’austriaco Franz Klammer, già dominatore delle precedenti quattro discese e più che mai ansioso di imporre il suo sigillo sulla pista più difficile del circo bianco.

Thoeni con le sue quattro coppe del mondo

Thoeni con le sue quattro coppe del mondo

Al pari del Maracanà per il calcio, di Wimbledon per il tennis e del Galibier per il ciclismo, la Streif è considerata il campo di gara più prestigioso dello sci, la perla più preziosa che può ornare la collana di successi di uno sciatore di rango. Per un velocista, vincere in giro per le Alpi o signoreggiare sulle Montagne Rocciose, senza conquistare Kitz, equivale a garantirsi il titolo di campione a metà. Per un austriaco, poi, restare a bocca asciutta sulla più amata pista di casa vuol dire non sfuggire alla disapprovazione dei competenti connazionali.

Klammer ne era ben consapevole alla vigilia e per di più doveva sopportare i dolorosi postumi di una caduta nelle prove del giorno prima, che gli aveva lasciato estesi lividi sulla gamba destra. Con il pettorale n. 1, Klammer si lanciò a capofitto per le ripide pendenze che in alcuni punti raggiungono l’85%, affrontando con la consueta grinta il temibile salto della Mausefalle. Al primo intermedio fece segnare un tempo prodigioso, inatteso da tutti gli osservatori sulla neve molle e cedevole di quel giorno. Pennellando ogni curva e sfruttando la proverbiale scorrevolezza nei tratti rettilinei, l’austriaco sbucò velocissimo sullo schuss conclusivo, dove una lieve incertezza quasi lo spinse fuori dal tracciato, costringendolo a rallentare per conservare la linea. Sul traguardo piombò comunque in 2’03’’22, l’allora nuovo primato della Streif, migliore per sette centesimi di quello detenuto dal fuoriclasse elvetico Roland Collombin.

Con l’altro austriaco Grissmann collocato al secondo posto, otto centesimi dietro Kaiser Franz, per i 40.000 tifosi assiepati lungo il percorso, si preparava una festa memorabile. Anche Klammer era relativamente tranquillo. Gli specialisti erano già tutti arrivati e il suo primo posto resisteva bellamente. Allorché Thoeni prese il via con la pettorina n. 22, niente poteva più insidiare il primo trionfo a Kitzbühel dell’enfant du pays. L’azzurro era infatti uno specialista dei pali stretti, senza allenamento specifico alla velocità e in discesa il suo miglior risultato era un sesto posto in Val d'Isère, ottenuto in dicembre. Sulla Streif poteva vantare un settimo posto, strappato nel gennaio di tre anni prima. Soprattutto, però, Gustavo era in lizza per la combinata, la competizione che assegnava 25 punti per la classifica generale, sommando i punteggi della libera e dello slalom. Tutti perciò si attendevano una prestazione prudente, sufficiente a piazzarlo in posizione dignitosa, consentendogli l’indomani di sferrare il suo attacco nel più congeniale slalom speciale.

Thoeni partì deciso, per niente intimorito dalle pendenze mozzafiato e dai lunghissimi salti. Con apparente disinvoltura e inaspettata sicurezza domò le temibili asperità della pista, fino a giungere alla Steilhang, la cui minacciosa inclinazione spinge gli atleti verso le reti di protezione, costringendoli a remare in contropendenza per vincere la forza centrifuga. Fu proprio qui che Thoeni compì il suo capolavoro, sciando divinamente e acquistando la velocità che gli permise di superare di slancio il successivo tratto di puro scorrimento. Sull’abbrivio, si presentò sulla picchiata finale con una velocità di punta più alta di quella fatta registrare da Klammer, ormai pietrificato dall’ansia nel parterre del traguardo. Gli ultimi centinaia di metri furono coperti dalla voce dello speaker ufficiale che scandiva i secondi, con evidente trepidazione. Sull’ideale filo di lana, Gustavo fermò il cronometro a 2’03’23, un solo centesimo dietro l’eroe di casa, che tirò un profondo sospiro di sollievo, al pari dei suoi vocianti sostenitori.

Anni dopo, quel distacco infinitesimale, che in termini di spazio voleva dire appena 28 centimetri di ritardo su un tracciato di oltre 3.300 metri, fu addirittura ricalcolato con nuovi sistemi di misurazione in tre millesimi: non avessero determinato il passaggio decimale dei centesimi, gli sciatori sarebbero stati dichiarati vincitori ex-aequo.

Con il consueto understatement, che tanto sbalordiva all’epoca gli eccitati tifosi italiani, lo sciatore di Trafoi si limitò a commentare di non aver commesso errori. Solo decenni più tardi, Thoeni seppe dare la giusta lettura all’evento, anche in questo caso sorprendendo quanti si sarebbero attesi un segno dei tanti anni passati a rimpiangere quella sconfitta patita per un nonnulla: «Fu proprio quel soffio del tempo ad aver creato la leggenda. Se avessi vinto, sarebbe stato il colpaccio più imprevedibile della mia carriera. Ma tutto si sarebbe esaurito in una celebrazione e nell'inserimento del mio nome al vertice di un altro albo d'oro. Si sarebbe insomma perso il "sale" di quella gara: per me fu invece una sconfitta con il sapore della vittoria».

Gros, Klammer, Thoeni e De Chiesa dopo lo slalom dell'Hahnenkamm

Gros, Klammer, Thoeni e De Chiesa dopo lo slalom dell'Hahnenkamm

Il giorno dopo, Thoeni disputò lo slalom con calma compassata. Nella gara vinta da Gros, davanti a Ingemar Stenmark e Paolo De Chiesa, giunse solo tredicesimo, ma quel piazzamento nelle retrovie fu abbastanza per garantirgli il successo nella combinata. La messe di punti rastrellata nel weekend austriaco rilanciò l’azzurro nella classifica generale, dopo un inizio di stagione in sordina. Il recupero continuò nelle gare seguenti, insieme a quello di cui fu protagonista l’emergente Stenmark. I due giunsero appaiati all’ultima gara, il parallelo della Val Gardena, quando fu la freddezza e l’esperienza dell’italiano a prevalere: per Thoeni fu la quarta, e ultima, coppa generale.

Paolo Bruschi