Il 17 dicembre di quarant'anni fa, l'asso svedese vinse lo slalom di Madonna di Campiglio, il primo di una serie ancora insuperata
Anche un viaggio di migliaia di chilometri comincia dal primo passo, dice il saggio. Quello di Ingemar Stenmark, verso la vetta verosimilmente irraggiungibile dello sci mondiale, prese avvio il 17 dicembre 1974, con la prima vittoria di Coppa del Mondo sulla prestigiosa 3-Tre di Madonna di Campiglio. Quel giorno, l’imberbe svedese, nato a Tarnaby il 18 marzo 1956, si aggiudicò lo slalom speciale davanti a due altre giovani promesse, gli italiani Paolo De Chiesa e Fausto Radici: in tre non superavano i sessant’anni di età.
Sui giornali, fece sensazione la concentrazione di forze fresche al vertice della disciplina più tecnica dello sci alpino, che prometteva di ribaltare le gerarchi consolidate. Già vincitore di tre precedenti edizioni della Coppa del mondo, Gustavo Thoeni era uscito di pista nella seconda manche, mentre Pierino Gros, detentore del trofeo per averlo conquistato alla fine della stagione 1973-74, finì lontanissimo dal podio per un errore marchiano a metà tracciato.
Nel giorno della debacle dei suoi mostri sacri, la “valanga azzurra” pareva aver trovato gli adeguati rimpiazzi. De Chiesa, venuto alla luce appena quattro giorni prima di Ingo, sarebbe rimasto a lungo nel circo bianco, ma sempre incapace di fare il salto di qualità da buon sciatore a fuoriclasse. Una singolare maledizione lo perseguitò per tutta la carriera: alla fine, mise insieme quattro secondi e otto terzi posti, senza una vittoria, mentre ai Mondiali di Schladming del 1982 terminò ai piedi del podio per soli cinque centesimi, aggiudicandosi un’amarissima “medaglia di legno”. Radici vinse due slalom nel 1976, a Garmisch e proprio a Madonna di Campiglio. Ritiratosi presto per dedicarsi all’azienda di famiglia, si tolse la vita nel 2002 per un profondo stato depressivo.
Il vero crack veniva dal nord Europa. Stenmark soddisfò infatti le più rosee aspettative. Dopo il successo sulla 3-Tre, infilò altri quattro primi posti e svariati podi, insidiando Thoeni nella classifica generale di Coppa. I due procedettero appaiati fino a marzo, quando si ritrovarono addirittura a pari punti prima dell’ultima gara. Il 23 marzo 1975, fu necessario ricorrere a un inedito slalom parallelo per decidere il vincitore della coppa di cristallo. Sulla neve della Val Gardena, Thoeni e Stenmark eliminarono gli altri otto concorrenti e si ritrovarono in finale l’uno contro l’altro. La proverbiale freddezza che lo svedese avrebbe dimostrato negli anni successivi non era ancora al massimo e un errore alla metà della seconda prova lanciò l’italiano verso la vittoria e la sua quarta, e ultima, Coppa del mondo.
Stenmark ne raccolse il testimone e raramente perse uno slalom o un gigante fra il 1976 e il 1978. Il dominio incontrastato dello svedese, contemporaneo a quello dell’altro campione scandinavo Bjorn Borg nel tennis, gli assicurò tre Coppe del mondo consecutive, fino a che la Federazione internazionale ritenne di cambiare le regole di attribuzione dei punteggi per restituire incertezza alla maggiore competizione sciistica internazionale. L’idea era quella di privilegiare la polivalenza, che negli anni era stata soppiantata da una generalizzata specializzazione nelle tre diverse gare dello sci alpino. La famigerata combinata, che assommava i punti conquistati in discesa e in slalom, acquisì maggior peso a danno delle singole discipline. Stenmark provò a adattarsi, ma quando patì una brutta contusione in allenamento riconsiderò la decisione. Sulla temibile Streif di Kitzbuhel si iscrisse alla combinata e raccolse qualche punto prezioso per la classifica generale, ma finire oltre 10 secondi dietro il vincitore non era consono al suo status di campione. Dopo quella gara, rinunciò per sempre alla velocità e di conseguenza alle coppe assolute, accumulando un record di sei secondi posti (5, dopo la riforma dei punteggi) nella graduatoria finale.
Non smise però di mettersi alle spalle gli impotenti avversari in slalom e in gigante. Quando si ritirò nel 1989, guardava i rivali dall’alto di 86 vittorie e 155 podi totali, cui aggiunse due ori olimpici e tre mondiali. Nessuno è stato uno sciatore dominante quanto lo svedese: basti dire che il secondo e il terzo nella classifica delle vittorie di Coppa del mondo sono l’austriaco Hermann Maier e Alberto Tomba, che seguono a debita distanza rispettivamente con 54 e 50 primi posti.
Paolo Bruschi