
La pizza ottenuta con ingredienti stranieri almeno in due casi su tre. Apriti cielo. Tirata lì, sul tavolo, potrebbe sembrare una follia, una “battuta” da serata tra amici. Noi italiani, che la pizza l’abbiamo inventata, che mangiamo pizza ottenuta con un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori?
Impossibile. Purtroppo non è così e non bisogna più andare all’estero per meravigliarsi delle ingegnose e alquanto disorientanti varianti della “vera” pizza italiana che propongono pizzerie e ristoranti. Anche la pizza, l’amatissima pizza, l’adorata pizza, deve fare i conti con l’utilizzo di ingredienti la cui provenienza è spesso incerta. Dentro la pizza e sulla pizza a “guarnizione” ci finiscono mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale.
A dirlo è Coldiretti Toscana (info su www.toscana.coldiretti.it) reduce dal Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio per sostenere l’iscrizione dell’“'arte della pizza napoletana” nella lista Unesco dei patrimoni immateriali dell’umanità e tutelarne così l’identità. “Vogliamo fare definitivamente chiarezza – spiega Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana - sull’origine italiana degli ingredienti e sulle modalità di preparazione per garantire le condizioni igienico e sanitarie ottimali.
E’ per questo che sosterremo il riconoscimento internazionale della pizza napoletana di fronte al moltiplicarsi di atti dipirateria alimentare e di appropriazione indebita dell’identità”. Secondo una recente indagine gliitaliani consumano quasi 3 miliardi di pizze all’anno: “significa che, per la regola dei numeri, quasi 2 miliardi di pizze sono ottenute con ingredienti di provenienza ed origine poco chiara. Garantire e tutelare la vera pizza italiana significa dare anche una risposta in termini economici alla filiera di questo piatto geniale; una prospettiva che oggi è chiusa dalle importazioni di prodotti stranieri”.
Le importazioni di materie prime destinate alla produzione della pizza sono un dato di fatto: in Italia sono stati importati nel 2013 - spiega Coldiretti - ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenzaall’aumento del 20% nei primi due mesi del 2014. Un fiume di materia prima che - sostiene Coldiretti - ha purtroppo compromesso notevolmente l’originalità tricolore del prodotto servito nelle pizzerie: “per difendere e il nostro made in italy c’è una sola strada: garantire con etichette chiare la provenienza degli ingredienti utilizzati”.
L'adesione della Coldiretti alla campagna accompagna la petizione lanciata sulla piattaforma Change.org insieme all'Associazione Pizzaiuoli Napoletani e alla fondazione UniVerde dell'ex ministro dell'Agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio, per garantire pizze realizzate a regola d'arte con prodotti genuini e provenienti esclusivamente dall'agricoltura italiana e combattere anche l’agropirateria internazionale.
“Il riconoscimento dell’Unesco – conclude Moncarlo - avrebbe un valore straordinario per l'Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale. E’ chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”.
Fonte: Coldiretti Toscana
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