
Con Stefano Fontanelli entriamo nella Silicon valley. Il 33enne empolese lavora dal febbraio 2013 per Gild, una società che crea software per reclutare i migliori talenti nell’information technology. Come si leggerà, il contrasto fra le mentalità del settore e l’Italia è quantomai stridente.
LA SCHEDA
Nome: Stefano Fontanelli
Anni: 33 (classe 1981)
Cresciuto a: Empoli
Studi: diploma al liceo scientifico Il Pontormo (2000), laurea specialistica in Ingegneria informatica all’università di Pisa (2008).
Residenza e professione: vive a San Francisco, lavora presso Gild Inc. dove attualmente ricopre il ruolo di Senior Lead Engineer of Data & Infrastructure.
Prima esperienza all’estero: a Berlino (Germania) nel 2010 durante il dottorato di ricerca.
Lavoro in Italia: dottorato di ricerca in Ingegneria Informatica presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa (abbandonato per lavorare a Gild), imprenditore (insieme a 3 compagni di universita`) con una azienda di consulenza informatica (Asidev Srl, abbandonata nel 2012), libero professionista con Partita IVA (chiusa nel 2013).
La frase: Qui la parola "impossibile" non esiste, non vogliono proprio sentirla, non è nel loro DNA. Anche una cosa molto complicata e difficile non viene smontata a priori e bollata come "impossibile". Si analizza, se ne discute e si trova il modo di arrivare a farla se ne vale la pena, magari non nell'immediato ma si inizia a lavorarci su. Non posso dire di avere avuto la stessa esperienza in Italia.
L’INTERVISTA
Come ha decido di andare all’estero?
Nel 2013 ho deciso di lasciare l’azienda che avevo fondato con tre colleghi di università e in quel periodo ho incontrato Gild. Ho fatto i colloqui che sono andati bene; quindi hanno deciso di assumermi. Non avendo Gild all’epoca una sede in Italia, ho aperto una partita Iva e ho niziato a lavorare per loro come libero professionista. Nel frattempo loro hanno svolto tutte le pratiche per il visto e, quando la trafila era conclusa, è stato normale per me decidere di trasferirmi a San Francisco.
Spieghi il suo lavoro?
Gild sviluppa un prodotto (Gild Source) che ha lo scopo di aiutare le aziende a trovare i migliori talenti nel settore IT. In pratica il software si occupa di ricercare e catalogare i profili di milioni di sviluppatori e personale tecnico IT (attualmente abbiamo quasi 14 milioni di profili), tutti i dati catalogati sono esclusivamente pubblici ed arrivano da social networks come LinkedIn, Twitter, Google+, Github, etc. Una volta aggregati i dati il nostro software si occupa di analizzare tutte le informazioni trovate ed assegna alcuni indici di "bravura" ed esperienza al profilo. Successivamente i nostri clienti usano il motore di ricerca che forniamo per navigare i dati e trovare i migliori candidati sulla base delle skills richieste.
Io sviluppo il software che raccoglie informazioni sulla rete, le analizza, le mette insieme e le pubblica sulla piattaforma.
Quanto è grande l’azienda?
Io sono arrivato a febbraio 2013 ed eravamo circa 25. Adesso siamo circa 60 e di quei 25 che ci avevo trovato non c’è quasi più nessuno.
Nella sua esperienza, quali sono le principali differenze fra il mondo del lavoro italiano e quello estero?
La mia esperienza di lavoro in Italia è limitata, ma una differenza evidente è la velocità con la quale vengono prese le decisioni qua negli Stati Uniti. In Italia dopo aver fatto un preventivo dovevamo aspettare emesi, qua spesso si prendono decisioni in due giorni. Un’altra cosa è che qua tutti i contratti sono tutti a tempo indeterminato, poi se si viene mandati via sta alla bontà dell’azienda dare uno o due mesi di preavviso, cosa qua accaduta spesso. Altra cosa, in Italia i lavoratori sono generalmente considerati dai fannulloni nella mentalità aziendale, qui c’è più meritocrazia. Se porti valore all’azienda, quella ti premia e dopo un po’ non ci pensi più al fatto che in poche settimane o mesi puoi essere a casa. In Italia non ho visto molta meritocrazia e, soprattutto, c’è una grande differenza fra coloro che sono assunti a tempo indeterminato e gli altri, perché i primi sentono di non poter essere mandati a casa e spesso si adagiano.
C’è un episodio, una cosa che le è accaduta, che considera particolarmente significativo per descrivere la differenza fra Italia ed estero, in questo caso Stati Uniti?
Più che un episodio un modo di pensare: qui la parola "impossibile" non esiste, non vogliono proprio sentirla, non è nel loro DNA. Anche una cosa molto complicata e difficile non viene smontata a priori e bollata come "impossibile". Si analizza, se ne discute e si trova il modo di arrivare a farla se ne vale la pena, magari non nell'immediato ma si inizia a lavorarci su. Non posso dire di avere avuto la stessa esperienza in Italia.
Le differenze al momento di perdere il lavoro?
Se uno è americano riceve una specie di tfr. Agli stranieri viene dato un preavviso più lungo che nella mia esperienza è sufficiente per trovare un altro lavoro.
Tornerebbe a lavorare in Italia?
No. Professionalmente qui è il top, tutto succede alla velocità della luce. Ci sono un fermento ed un movimento incredibile. L'Italia attualmente è ferma, ci sono sicuramente delle eccezioni ma l'impressione che si ha dall'estero è che attualmente non offra molte prospettive di crescita (professionale e non). E sinceramente dubito che nel breve-medio periodo qualcosa cambi. La vita all'estero non è tutta rose e fiori ma per adesso siamo felici della nostra scelta (mi sono trasferito con mia moglie Annalucia e mio figlio Alessio) e vogliamo rimanere qui a San Francisco.
Dell’Italia cosa le manca?
Siamo a 14 ore di volo da casa, quindi è un problema mantenere i rapporti con la famiglia e gli amici. Tornare in Italia è una cosa che va pianificata per tempo.
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