
Conferenza stampa urgente da parte della Cia di Firenze – Prato per analizzare da vicino il PIT, Piano Paesaggistico della Toscana. Una analisi che tiene conto di una vasta area territoriale, con un focus ben preciso sull’Empolese Valdelsa, soffermandosi soprattutto su quest’ultima, terra di agricoltori e contadini, coltivata a suon di vigneti e uliveti.
A parlare è Sandro Piccini per gli agricoltori, il direttore della Cia di Firenze – Prato oggi, mercoledì 17 settembre che punta a ribadire come l’intento manifestato nel pit, come la difesa e la tutela del territorio, risparmiando una urbanizzazione senza freni, sia un elemento di unione con la Regione, ma su altri aspetti ci sono pareri discordanti.
“Non ci piace la filosofia di fondo, non si tiene conto che l’agricoltura rappresenti un elemento economico. L’agricoltura è fondamentale, è la cartolina dei turisti, se non recuperiamo i terreni incolti, cresce la boscaglia, senza alcun ordine. Si ha l’impressione che il Pit sia stato realizzato da professionalità competenti che hanno ancora una visione bucolica dell’agricoltura, con le vecchie coltivazioni e la mezzadria. Nel nostro territorio questa realtà è svanita” spiega Piccini. Sul tavolo della Regione è arrivato quindi il dossier con le osservazioni a questo piano che interessano nello specifico dell’Empolese Valdelsa. “Le fattorie così come venivano idealizzate nel 900 non ci sono più, alcune hanno costruito specializzazioni che sono la forza del loro benessere, ma il territorio si muove intorno a chi ci abita”.
Capitolo su Castelfalfi, il borgo di Montaione che la Tui, multinazionale, ha recuperato in toto e si appresta ad espandere con un piano di investimenti da 220 milioni di euro. Fattorie che hanno fatto delle loro specializzazioni il loro benessere. Il territorio toscano è considerato come una delle meraviglie dagli stranieri: “Come Cia abbiamo partecipato al percorso, era un sito in abbandono, con casali incompleti. Il percorso è stato condiviso con la popolazione, si è studiato una nuova metodologia di sviluppo, con poca urbanizzazione e reinventando l’agricoltura del luogo che ha consentito di dare lavoro ai giovani. Questo è un segno dell’evoluzione del turismo, ma la Regione sembra rimandare questo progetto, ma allora come alternativa c’è solo l’abbandono?”
I contadini sono in fuga: “Troppe regole che non stanno in piedi, vanno in contraddizione tra l’altro con lo stesso codice del paesaggio”.
La ricetta: “Servono poche regole, chiare e precise”
Dal Dossier Cia emerge come l’agricoltura specializzata (vino, ortofrutta e florovivaismo) a livello regionale interessi soltanto 100mila ettari pari all’11,7% della superficie agricola utilizzata
«Il Piano Paesaggistico adottato dal Consiglio regionale lo scorso 2 luglio è un documento complesso e giustamente ambizioso, che condividiamo negli obiettivi fondamentali, perché mira al contrasto del consumo di suolo; riconosce l’agricoltura quale presidio paesaggistico essenziale; punta al recupero produttivo agricolo di superfici abbandonate. Emerge tuttavia la tendenza ad una visione statica dell’agricoltura, peraltro non omogenea nei diversi documenti, che individua fra le minacce al paesaggio l’abbandono dell’agricoltura da una parte e i processi di intensificazione e specializzazione dall'altra.
Occorre, quindi procedere ad una rilettura e riscrittura di alcune parti del Piano, al fine di rendere chiare, coerenti ed omogenee su tutto il territorio le opzioni strategiche e le priorità della Regione Toscana nell’azione di tutela del paesaggio». Lo sottolinea la Cia Area Metropolitana Firenze e Prato presentando il Dossier sul Piano Paesaggistico toscano elaborato a livello regionale e inviato alla Regione. « - afferma il presidente della Cia Area Metropolitana di Firenze Prato Dott. Filippo Legnaioli - »Il rischio di una wine valley in Toscana non esiste, dal momento che in dieci anni la superficie vitata è cresciuta soltanto del 2,5% e che essa rappresenta il 7% della superficie agricola toscana. E neppure quello di un’agricoltura monoculturale, come invece sembra temere il Piano paesaggistico.
Basta allarmismi ingiustificati sullo sviluppo dell’agricoltura – evidenzia la Cia -, si riconosca tutta l’agricoltura quale risorsa paesaggistica, si correggano gli obiettivi generalizzati di “contrasto”, “limitazione”, “ostacolo” allo sviluppo dell’agricoltura, si mettano poche regole precise, sulla base di rigorose valutazioni dei rischi, come stabilisce l’Art. 149 del Codice del paesaggio.
Anche nell’Empolese Valdelsa il ruolo del mondo agricolo non deve essere sottovalutato è solo grazie alle migliaia di aziende agricole qui presenti che il nostro territorio è così di qualità, a partire dal Montalbano con i suoi problemi, dalle nostre colline a finire con i nostri territori adatti ai seminativi.
Un territorio composito che va letto con intelligenza e con uno spirito di sviluppo, quando a Montespertoli si riparla di zootecnia e di sviluppo dell’orticoltura, questa non va intesa come un ritorno al passato mezzadrile ma come un possibile sviluppo di tipo economico e di riflessione sui nuovi mercati che si aprono.
Il dossier è il frutto di un lungo lavoro di elaborazione, che testimonia quanta importanza rivesta per la Confederazione questo fondamentale strumento di indirizzo delle strategie di tutela del paesaggio toscano. Con l’elaborazione del dossier, confermiamo l’intenzione di partecipare e collaborare fattivamente, in un confronto aperto e costruttivo, alla costruzione di un Piano Paesaggistico che possa dare certezze normative agli operatori e impulso ad uno sviluppo delle aree rurali e dell’agricoltura incentrato sull’innovazione, la competitività, il dinamismo economico e la valorizzazione delle risorse produttive, ambientali e paesaggistiche del territorio.
Per la Cia è un piano ‘luci ed ombre’, in cui l’agricoltura risulta essere fortemente condizionata, dove si indica come unico modello da perseguire quello di una “agricoltura tradizionale” e si orientano con questa visione le strategie paesaggistiche.
Le proposte - La Cia propone un percorso di revisione del piano adottato, che prevede la piena attuazione del codice del paesaggio; la distinzione tra “raccomandazioni”, alcune delle quali comunque da rivedere, e norme cogenti; il riconoscimento di tutta l’agricoltura quale risorsa paesaggistica; il riequilibrio e l’armonizzazione delle schede di ambito e dei disciplinari d’uso. Occorre considerare prioritaria la tutela del “valore di esistenza” della risorsa paesaggio rurale, favorendo le trasformazioni del suo “valore d’uso” in quanto funzionali al mantenimento della risorsa.
La Cia chiede poche regole e precise per disciplinare, per quanto riguarda l’agricoltura, le fattispecie previste all’art. 149 del codice. È necessario sostenere i comparti agricoli ad alto valore aggiunto – secondo la Cia - riconoscendo pienamente la funzione paesaggistica di questi settori, in grado di assicurare un presidio produttivo agricolo forte e competitivo nelle aree rurali; ponendo al tempo stesso poche regole chiare, precise e tecnicamente definite da recepire negli strumenti di pianificazione territoriale, per quelle situazioni nelle quali le condizioni geomorfologiche e di assetto idrogeologico suggeriscono le necessarie cautele, dando certezze agli operatori ed alle amministrazioni locali».
Per quanto riguarda, per esempio, i vigneti – prosegue la Cia - occorre evitare generici giudizi di “criticità” e conseguenti direttive di generalizzato contrasto allo sviluppo del settore. Suggeriamo di applicare l’art. 149 del codice con il metodo seguito in altre circostanze (es. fotovoltaico o biomasse): definendo in quali condizioni, e a partire da quali estensioni, si debba evitare la realizzazione di nuovi impianti o adottare norme tecniche di prevenzione del rischio idrogeologico.
I NUMERI DEL DOSSIER – Quella che viene individuata come agricoltura specializzata, copre nel suo insieme una superficie di 100mila ettari circa, suddivisi tra viticoltura (60mila), ortofrutticoltura (27mila), e florovivaismo (13mila), con una incidenza dell’11,7% sulla SAU e del 7,7% sulla SAT (Superficie aziendale totale).
L’incremento dei vigneti negli ultimi dieci anni (2000 – 2010) – evidenzia la Cia Empolese – è stato soltanto del 2,5%, e l’incidenza delle superfici viticole è oggi pari al 7% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU); per cui i tutti i pericoli paventati dal Piano e nella “guerra dei vigneti” di questi giorni, sono davvero una “tempesta in un bicchiere di vino”, ben lontani dalla realtà.
Le aziende viticole in Toscana sono 26mila circa con una superficie vitata media pari a 2,3 ettari; I maggiori incrementi del decennio hanno riguardato le province di Livorno (+22%) e Grosseto (+28%) dove oggi i vigneti rappresentano rispettivamente il 7,3% ed il 4%. Nella provincia di Siena l’aumento è stato del 5,5%, mentre nella provincia di Firenze si è avuto un incremento del 3,7%; + 4,9% i vigneti in provincia di Prato. Stabili i vigneti della provincia di Arezzo, in forte calo nelle altre province.
«Ad allontanare ancor più il rischio di una Toscana super specializzata nel vitivinicolo afferma Filippo Legnaioli - sono le regole europee sui diritti di reimpianto, che accordano agli Stati Membri un incremento di diritti dell’1% annuo entro un plafond complessivo nazionale definito. Per la Toscana questo si traduce in un potenziale incremento tendenzialmente pari a 600 ettari annui. Assai meno di quanto sottratto annualmente all’agricoltura per i nuovi insediamenti produttivi: 1.000 ettari l’anno tra 2007 e 2010».
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