
Attilio Bolzoni, inviato di Repubblica, racconta gli anni delle stragi trent’anni dopo. Torna a Palermo e ripercorre le strade dove furono ammazzati Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ha racchiuso le loro storie in un libro e in un film: “Uomini soli”. Il film verrà proiettato domenica 14 settembre alla CAVA di Roselle nell’ambito di una iniziativa promossa da LIBERA, l’associazione che si batte contro la criminalità organizzata. Insieme ad Attilio Bolzoni, sarà presente Gabriella Stramaccioni di Libera, che presenteranno al pubblico il documentario.
IL PROGRAMMA DELLA SERATA
domenica 14 settembre
ore 19,30 Inaugurazione mostra PERIfair
ore 20,30 Cena a base di alcuni prodotti di Libera Terra provenienti dai beni confiscati alla criminalità organizzata. Menù fisso a 20 euro.
ore 22 Presentazione del documentario 'Uomini soli' Incontro con Attilio Bolzoni (Repubblica) e Gabriella Stramaccioni (Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie).
ore 22,30 Proiezione di UOMINI SOLI.
UOMINI SOLI Il viaggio del cronista, che per trent’anni ha raccontato la Sicilia e la sua mafia, parte dal quadrilatero dei cadaveri eccellenti. Da quelle strade della città mattatoio dove, nei primi anni Ottanta, persero la vita Calogero Zucchetto, l’agente della mobile di Palermo che ‘cacciava’ latitanti, il magistrato antimafia Rocco Chinnici, Piersanti Mattarella, allora presidente della Regione Sicilia. I quotidiani di quei giorni titolavano “Palermo come Beirut”. Ma, secondo Bolzoni, era peggio di Beirut. “Ricordo i luoghi, gli odori, le facce. Sono cose che non ho mai dimenticato. Palermo mi ha lasciato delle cicatrici. E non c’è anestesia che lenisca il dolore”.
Dove c’erano i morti, ora ci sono le lapidi e le croci. Un cimitero a cielo aperto dove i drammi privati sono diventati pubblici. Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano quattro italiani fuori posto. Personaggi veri per un’Italia fatta di trame, di egoismi e di convenienze. Quattro persone che facevano paura al potere. Troppo diversi e soli per avere un’altra sorte. Bolzoni lascia da parte le date, le carte dei tribunali e le sentenze. Racconta questi uomini per bene attraverso le voci degli amici, dei colleghi, dei familiari, e di tutti quelli che hanno lavorato al loro fianco. Restituisce così un’istantanea di quegli anni in un film empatico e mai retorico. E fa rivivere i protagonisti raccontando il dolore di chi era al loro fianco.
Fonte: Ufficio Stampa
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