Il cardinale Betori sulla scuola: "Educare è uno degli aspetti essenziali della nostra vita"

Il cardinale Giuseppe Betori (foto gonews.it)

"La Chiesa avverte l'urgenza dell'educazione come un problema che riguarda tutti, perché riguarda 'l'uomo': giovani e adulti, alunni e maestri, scuole statali e scuole paritarie. Il tema dell'educazione non è mai stato, per la Chiesa, un problema di parte o di partito". Lo ha detto l'arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, intervenendo oggi nel capoluogo toscano alla cerimonia di firma di un protocollo tra Anci e Fism sulle scuole paritarie. Il problema della scuola, ha ribadito Betori, "non è mai stato una questione di difesa a priori della scuola cattolica a discapito di quella statale o per il mantenimento di posizioni raggiunte piuttosto che di riconoscimenti da rivendicare. Certo - ha aggiunto l'arcivescovo - c'è anche un tema che riguarda la realizzazione di una parità effettiva e la difesa della libertà educativa, ma esso è una conseguenza, non un punto di partenza".

"Possiamo chiedere a chi amministra la cosa pubblica di riconoscere, e di lavorare per quanto il documento proposto dal 'Laboratorio - La Chiesa per la Scuola' esprime chiaramente: autonomia e sussidiarietà!" ha aggiunto l'arcivescovo Betori. "L'aspetto economico, il finanziamento alle scuole paritarie, il risparmio che la scuola non statale consente allo Stato - ha spiegato - sono tutti temi giusti e di primaria importanza; ma vi è, ancora prima, il riconoscimento, ancora non completo, della 'necessità' di un sistema educativo e scolastico multiforme e plurale, dove siano valorizzate le esperienze in atto che hanno dimostrato di essere validi strumenti educativi e formativi, siano esse cattoliche, laiche o ispirate ad altre confessioni, purché collocate nell'orizzonte dei principi della Costituzione del Paese".

"Nei dibattiti pubblici - ha concluso il cardinal Betori ricordando di aver dedicato al tema dell'educazione anche parte della lettera pastorale inviata alle famiglie della diocesi in questi giorni - si parla costantemente di un sistema sociale che deve essere pluralista e garantire la libertà di scelta, ma quando si parla di scuola, di questa esigenza ci si dimentica; così come ci si dimentica che le nostre scuole sono nate prima delle scuole statali, che le nostre scuole sono nate quando lo Stato nemmeno esisteva e che queste realtà sono portatrici di una tradizione e di una saggezza plurisecolare".

La manifestazione per la scuola lanciata da Papa Francesco, in programma il 10 maggio, "è per tutti: è per le scuole statali e per le scuole paritarie, per gli educatori e per gli insegnanti, per i genitori e per gli alunni, per tutto il personale di una scuola che abbia la capacità di formare uomini e donne che abitino criticamente la realtà che vivono".

"La scuola è una - ha aggiunto l'arcivescovo di Firenze - e tutti dobbiamo avere a cuore che raggiunga pienamente il suo scopo. Abbiamo bisogno di un luogo che aiuti le nuove generazioni ad assumere gli strumenti con cui entrare nella vita".

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L’intervento di oggi del cardinale Giuseppe Betori al Convitto della Calza di Firenze, nell’ambito del Convegno Regionale FISM Toscana 2014 dal titolo “Le scuole paritarie e il “modello toscano. Lavori in corso!”

INTERVENTO del card. Giuseppe Betori

Sono lieto di poter partecipare, anche quest’anno, al vostro convegno. È un importante momento di confronto e di lavoro per tutte le scuole paritarie cattoliche della Toscana e, come tutte le occasioni di confronto e di dialogo, costituisce un’occasione per approfondire e migliorare il nostro lavoro e, soprattutto, far crescere la coscienza e la consapevolezza del nostro compito, della nostra missione di educatori.

La scuola, come istituzione e come luogo di formazione dei giovani è sempre al centro del dibattito politico e sociale del nostro Paese, ma negli ultimi tempi, la scuola è particolarmente posta alla considerazione di tutti per l’attenzione che i media le rivolgono e per le numerose iniziative e problemi che la riguardano.

Come tutti sapete anche la Chiesa Italiana, con l’iniziativa promossa per il 10 maggio prossimo, ha scelto di rivolgere una particolare attenzione a tutto il mondo della Scuola, invitandola ad incontrare il Santo Padre in piazza San Pietro.

Non possiamo, anche nel partecipare a questo vostro convegno, non partire e non tenere presente questo importantissimo appuntamento, che coinvolge tutti coloro che hanno a cuore la scuola Italiana nel suo complesso e l’emergenza educativa dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.

Io stesso, nella lettera Pasquale che come di Arcivescovo di Firenze ho voluto inviare alle famiglie della Diocesi in questo tempo di Quaresima, ho desiderato sottolineare l’importanza dell’educazione e del compito che il Signore ci affida nei confronti dei figli e delle nuove generazioni.

Per chi crede – scrivo nella mia lettera – si tratta di porsi sul cammino in cui ci ha preceduti Maria. Ci illumina in particolare la sua vita nel momento dell’Annunciazione, ben raffigurata dal nostro Beato Angelico. Maria diventa la Madre di Gesù perché accetta l’iniziativa di Dio. La sua scelta contribuisce a realizzare l’Incarnazione, un cambiamento davvero decisivo per tutto il mondo...”.

Come cristiani sentiamo il compito di educare come uno degli aspetti essenziali della nostra vita di uomini abbracciati da Gesù e illuminati dall’esempio del Vangelo. E dobbiamo farlo, innanzitutto in famiglia, vivendo nella speranza, come apertura al futuro nella consapevolezza di essere all’interno di un progetto divino che ha come orizzonte un destino buono. Ma anche nella scuola, come luogo nel quale si realizza una “alleanza educativa”

Occorre, come dico sempre nella mia lettera alle famiglie “…un’alleanza tra scuola e famiglia, (che) favorirebbe la compartecipazione delle due figure di educatori, i genitori e gli insegnanti. Inoltre sarebbe opportuna un’alleanza, un patto che coinvolga le scuole tra loro e con le istituzioni. Invece di considerare gli altri istituti come concorrenti, essi possono essere partner; invece di pensare che i soldi spesi nella scuola siano buttati via, occorre investirli meglio perché sono il modo migliore, insieme ai fondi per la famiglia, per garantire un futuro al nostro Paese. La scuola è la prima comunità in cui si apprende l’arte dell’amicizia civile, l’appartenenza a un gruppo più vasto di quello familiare: se una simile esperienza avviene nel degrado e nel disinteresse, quello che viene seminato verrà raccolto tra anni sotto forma di disagio, rabbia, sfiducia”.

Con questa consapevolezza e con questo orizzonte la Chiesa avverte l’urgenza dell’educazione, come un problema, quindi, che riguarda tutti, perché riguarda “l’uomo”: giovani e adulti, alunni e maestri, scuole statali e scuole paritarie. Il tema dell’educazione non è mai stato, per la Chiesa, un problema di parte o di partito, non è mai stato una questione di difesa a priori della scuola cattolica a discapito di quella statale o per il mantenimento di posizioni raggiunte piuttosto che di riconoscimenti da rivendicare. Certo, c’è anche un tema che riguarda la realizzazione di una parità effettiva e la difesa della libertà educativa, ma esso è una conseguenza, non un punto di partenza.

Da questa consapevolezza, infatti, è nato per iniziativa della Chiesa Italiana un Laboratorio nazionale su scuola, famiglia e giovani intitolato “la Chiesa per la Scuola”. Il titolo dice l’interesse della Chiesa per la scuola, per tutta la scuola, come una questione fondamentale per il popolo italiano: la scuola fa parte del bene comune.

Tornando all’evento del 10 maggio, è importante capire come lo sguardo della Chiesa sia quello di una madre che ha a cuore il bene dei propri figli, di tutti i suoi figli. La vera portata del problema e le ragioni di questa mobilitazione non hanno la preoccupazione di “mostrare i numeri” o di riscuotere un successo in termini di partecipazione, quanto di far crescere in tutta la società italiana la consapevolezza di ciò che è in gioco: il futuro del Paese.

La scuola è una, e tutti dobbiamo avere a cuore che raggiunga pienamente il suo scopo. Abbiamo bisogno di un luogo che aiuti le nuove generazioni ad assumere gli strumenti con cui entrare nella vita. E allora la manifestazione del 10 maggio è per tutti: è per le scuole statali e per le scuole paritarie, per gli educatori e per gli insegnanti, per i genitori e per gli alunni, per tutto il personale di una scuola che abbia la capacità di formare uomini e donne che abitino criticamente la realtà che vivono.

Voi presenti oggi a questa iniziativa promossa dalla FISM Toscana sapete bene di cosa stiamo parlando, vivete quotidianamente la scuola a fianco delle famiglie e dei bambini, toccate con mano le difficoltà che la società presenta anche come riflesso nei rapporti familiari, nelle dinamiche educative e nei rapporti tra famiglie e scuola.

Vivete il vostro mestiere e la vostra missione di gestori e di educatori, o la vostra vocazione – nel caso dei molti religiosi e delle molte religiose che ancora operano nella scuola –, con dedizione pur nella difficoltà del momento.

Abbiamo quindi chiarito cosa dobbiamo chiedere a noi stessi nel nostro impegno lavorativo e professionale e cosa, da cristiani dobbiamo avere a cuore nel rapporto con i piccoli che ci sono affidati. Che cosa però possiamo e dobbiamo chiedere a chi ha responsabilità politiche? Non certo di risolvere i problemi e le contraddizioni del mondo moderno con una legge o con una circolare ministeriale, siamo ben consapevoli del fatto che l’emergenza educativa a cui ci a richiamati qualche anno fa il Papa Benedetto XVI ha origini ben più lontane e più complesse.

Possiamo però chiedere a chi amministra la cosa pubblica di riconoscere, e di lavorare per quanto il documento proposto dal “Laboratorio – La Chiesa per la Scuola” esprime chiaramente: autonomia e sussidiarietà!

“Una scuola libera – dice il documento – deve essere autonoma, chiarire i propri obiettivi formativi, essere collegata in rete con famiglie e istituzioni. E lo Stato deve esserne il garante”.

Prosegue “Il Principio di sussidiarietà, che con il principio di solidarietà forma uno dei capitoli più importanti della Dottrina Sociale della Chiesa, è importante per l’educazione e la scuola a due principali livelli. Il primo riguarda il rinnovamento del sistema formativo, nel passaggio da una scuola dello Stato a una Scuola della società civile. Il secondo riguarda lo sviluppo di esperienze, che hanno potuto svilupparsi in forza dell’attuazione del principio di sussidiarietà e di politiche, nazionali e locali, sussidiarie”

L’aspetto economico, il finanziamento alle scuole paritarie, il risparmio che la scuola non statale consente allo Stato, sono tutti temi giusti e di primaria importanza; ma vi è, ancora prima, il riconoscimento, ancora non completo, della “necessità” di un sistema educativo e scolastico multiforme e plurale, dove siano valorizzate le esperienze in atto che hanno dimostrato di essere validi strumenti educativi e formativi, siano esse cattoliche, laiche o ispirate ad altre confessioni, purché collocate nell’orizzonte dei principi della Costituzione del Paese.

Nei dibattiti pubblici si parla costantemente di un sistema sociale che deve essere pluralista e garantire la libertà di scelta, ma quando si parla di scuola, di questa esigenza ci si dimentica; così come ci si dimentica che le nostre scuole sono nate prima delle scuole statali, che le nostre scuole sono nate quando lo Stato nemmeno esisteva e che queste realtà sono portatrici di una tradizione e di una saggezza plurisecolare.

Nella mia lettera ho scritto: “Abbiamo bisogno di una scuola che realizzi quanto previsto dalla legge già dal 2000, che cioè dia effettiva autonomia alle scuole gestite dallo Stato ed effettiva parità alle scuole gestite dalla Chiesa e da altri soggetti della società civile. Ne va della garanzia di un valore irrinunciabile, quello della libertà. Il nostro popolo, i nostri figli hanno bisogno di una scuola che li accolga, che sappia soddisfare il loro bisogno di ordine e di autorità senza rinunciare a uno sguardo pieno di tenerezza. I cattolici vogliono offrire il proprio contributo, in forma sia personale sia istituzionale, in particolare con la presenza nella scuola statale e attraverso l’offerta formativa proposta dalle scuole cattoliche”.

Papa Francesco nell’udienza generale del 15 maggio 2013 ha detto: “La scuola cattolica costituisce una realtà preziosa per l’intera società, soprattutto per il servizio educativo che svolge, in collaborazione con le famiglie, ed è bene che ne sia riconosciuto il ruolo in modo appropriato

Se guardiamo a ciò che accade nella nostra Regione non possiamo non cogliere i segni di una difficoltà evidente. La crisi economica, e più in generale la crisi che investe tutta la società, colpiscono anche la scuola. Nella scuola statale tali difficoltà si registrano nell’ambito delle relazioni umane, nelle problematiche dei bambini e dei ragazzi, nella demotivazione di molti insegnanti…; nella scuola paritaria, a queste difficoltà, si aggiunge un fattore economico che rende più instabile e precaria l’esistenza stessa di molti istituti, soprattutto i più piccoli e quelli più periferici – periferia nella quale la crisi economica fa maggiormente sentire il suo morso –.

E tuttavia le scuole cattoliche della nostra Diocesi e della nostra Regione continuano ad essere luoghi di aiuto alle famiglie e vere comunità, dove non si “fruisce” semplicemente di un servizio, ma dove si viene accolti e si collabora ad un progetto di crescita umana, spirituale e culturale. Questa attenzione è viva ed è colta dalle famiglie che, nonostante la crisi e le difficoltà, spesso anche a costo di sacrifici importanti continuano a scegliere le nostre scuole, certe di un’attenzione e di un progetto educativo che va al di là del progetto organizzativo e delle tipologie di servizi proposti, un progetto che è scelto e condiviso per l’orizzonte cui si indirizza, l’attenzione al bambino e al giovane nella sua dimensione di persona umana e la sua piena formazione di individuo, unico e irripetibile perché voluto da Dio.

È quindi importante, nel panorama sconfortante di questi anni, riconoscere e valorizzare gli spunti positivi che esistono e che emergono come speranza per il futuro. Il primo è quello che ho già detto: un attaccamento delle famiglie alle nostre scuole che permane e che acquista consapevolezza.

In secondo luogo non è indifferente l’apertura ed il sostegno che le istituzioni e le Amministrazioni, in particolare la Regione Toscana, offrono al sistema paritario, riconoscendone la valenza culturale e sociale. Mi riferisco agli strumenti offerti alle famiglie come il “buono scuola” per le scuole dell’infanzia paritarie. Sono, queste, iniziative che mirano ad obiettivi che la politica deve aver presenti –in specie che il maggior numero di bambini possa cioè frequentare la Scuola dell’Infanzia –, ma che nella loro impostazione salvaguardano una maggiore pluralità di servizi e quindi di progetti educativi; sostenendo quindi gli istituti, le persone che vi lavorano e, soprattutto agevolando la libertà di scelta delle famiglie.

Provvedimenti di questa natura rappresentano inoltre un intelligente strumento di salvaguardia delle possibilità lavorative delle famiglie e in particolare delle madri lavoratrici.

Credo che sia un segnale importante quello che viene da una politica che, nella bufera nella quale viviamo, decide di ripartire dall’educazione, dai più piccoli, e da un principio di libertà come quello che riguarda l’educazione dei figli.

Ci auguriamo tutti dunque, che si possa continuare su questa strada.

Concludo così con le parole con cui ho concluso la mia lettera pastorale alle famiglie fiorentine

Senza impegno educativo non c’è futuro per il nostro popolo. Senza scuole – statali e paritarie insieme – all’altezza del proprio compito non si dà efficace educazione. Senza un’alleanza tra famiglie e scuola, questa diventa un territorio di nessuno e ne soffre la crescita dei nostri figli. Senza un sostegno delle istituzioni pubbliche a tutto il sistema scolastico, si aprono scenari di diseguaglianze e tutta la società ne soffre. Senza una salda visione della persona umana, della sua dignità e della vocazione sociale, l’educazione rischia di costruire sul vuoto o addirittura di generare degrado.

Il compito di fronte a noi non è da poco: ci sostengano coraggio e speranza. È la Pasqua di Gesù a dare fondamento a tali atteggiamenti: egli che con la sua risurrezione ha vinto la morte, può sostenere ogni rinnovamento di cui ciascuno di noi e la società nel complesso ha bisogno. La presenza del Risorto tra noi è la certezza che la fede ci dona e poterne fare esperienza è quanto auguro in questa Pasqua per ogni famiglia (e per ogni scuola), accompagnandone il cammino con la benedizione che per tutti invoco dal Signore”.

 

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