Acquisizione del Made in Tuscany da parte degli stranieri, il 72% contrari allo 'scippo'


Made in Tuscany in mani straniere: per il 72% dei toscani non dovremo permetterlo. 7 su 10 sono assolutamente contrari all’acquisizione da parte di imprenditori, gruppi e fondi di investimento stranieri dei marchi storici della toscanità, patrimonio della nostra cultura e tradizione, e sarebbero disposti anche ad accettare “politiche protezionistiche” nei confronti di quello che vivono come un vero e proprio “scippo”.

A dirlo è una indagine di Coldiretti Toscana realizzata in occasione dell’iniziativa per l’8 Marzo promossa da Donne Impresa “L’agricoltura delle Pari Opportunità” in corso a Palazzo Vecchio, a Firenze (info su www.toscana.coldiretti.it) e nell’ambito del quale è stato aperto il “Salone del Made in Tuscany che viene da lontano”.

Lo “shopping” di molti importanti marchi simbolo di quel tuscany style agroalimentare di qualità oggetto del desiderio di forti investimenti stranieri che ne hanno appreso appieno il valore economico anche in prospettiva futura, ha riguardato, in questi anni molte importanti realtà storiche delle nostrecampagna. L’acquisto prima della “Casa Nova – La Ripintura”, nel Chianti ad opera di un imprenditore cinese ed alcune settimane fa della storica Vignamaggio a Greve in Chianti da parte di un gruppo di imprenditori sudafricani sono solo gli “ultimi” colpi ad effetto di un fenomeno che ha conosciuto una forte crescita. Tra le acquisizioni più fragorose ricordiamo l’americana Costellations che nel 2012 si era assicurata per 50milioni di euro un altro marchio storico, il Ruffino, azienda vinicola fondata nel 1877. Ma non possiamo dimenticare l’aretina Buitoni acquisita dalla svizzera la Nestlè (1988), la fiorentina Carapelli acquisita dal gruppo spagnolo Sos (2006) e la lucchese Bertolli venduta alla Uliver, poi acquisita anch’essa dal gruppo Sos (2008).

Se per il 72% la vendita ad investitori stranieri è inaccettabile, per quasi due toscani su 10 (18%) rappresenta, al contrario, una svolta positiva ed una importante opportunità di rilancio, conservazione dell’identità e crescita economica ed occupazionale. A favorire il cambio di maglia è la crisi economica che ha spinto i proprietari italiani ad accettare le lusinghe, spesso generose, di investitori stranieri cedendo, insieme al terroir, il bagaglio composto dall’unicità dei luoghi unito all’incredibile potere economico ed evocativo del brand Made in Tuscany.

Per il 10% invece la cessione delle nostre aziende è “inevitabile” ed una conseguenza dell’incapacità di valorizzare il patrimonio di prodotti e storia che la nostra regione possiede. Secondo Coldiretti “gli investimenti nelle aziende agricole non sono delocalizzabili e le opportunità di sviluppo che possono creare sono legate ai territori italiani, a differenza di quanto accade per le altre attività economiche, dove spesso al passaggio di proprietà ha fatto seguito la chiusura degli stabilimenti ed il loro trasferimento fuori dai confini nazionali”.

Fonte: Coldiretti Toscana

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