"Matteo Gorelli non fu il solo a colpire i carabinieri". Le motivazioni della sentenza d'appello che ha ridotto l'ergasto a 20 anni di carcere

Matteo Gorelli

Matteo Gorelli di Cerreto Guidi, non fu l'unico del gruppo a colpire i carabinieri. È quanto si evince dalle motivazioni della sentenza della corte d'assise d'appello di Firenze che ha ridotto dall'ergastolo a venti anni di reclusione la pena al giovane, all'epoca diciannovenne, accusato di aver aggredito due carabinieri, uno morto dopo mesi di coma, a un posto di blocco vicino a un rave party, a Sorano.

Uno dei due militari, l'appuntato Antonio Santarelli, morì dopo un anno di coma; l'altro, Domenico Marino, perse un occhio.

I tre amici che erano con Gorelli, due ragazzi, residenti a Vinci e Limite sull'Arno, e una ragazza, di Lastra a Signa, nel novembre scorso sono stati rinviati a giudizio dal gup del tribunale dei minori di Firenze. Nelle motivazioni, i giudici d'appello spiegano come da una testimonianza emergerebbe che, dopo l'aggressione, Gorelli non fu l'ultimo a tornare all'auto.

Fra l'altro, i militari vennero colpiti con una torcia: Gorelli aveva detto di essere stato lui ad usarla, ma sul manico ci sarebbero le impronte di uno degli altri tre. In particolare, si tratterebbe dello stesso che suggerì a Gorelli di portare via dall'auto dei carabinieri i documenti del verbale sul quale era stato riportato il suo nome.

Già nelle ore immediatamente successive al terribile fatto del 25 aprile 2011, emerse come improbabile che una sola persone fosse riuscita ad aggredire con così tanta violenza i due militari. Inoltre all'epoca emerse che almeno uno dei tre che quella notte partirono con la Renault Clio della madre di Gorelli da Firenze per raggiungere un rave in Maremma rimase all'interno del veicoli: chi di loro però ancora non è emerso se non durante il dibattimento in aula.

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