Ecco i bar e i ristoranti sequestrati per la loro vicinanza al clan della Camorra Contini. Anche a Marina, Viareggio e San Giuliano



Sono cinque i locali sequestrati dalla Guardia di finanza di Pisa e dalla polizia nell'ambito dell'indagine anticamorra coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze e per la quale sono indagate 12 persone per i reati di riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti nell'economia, nonché intestazione fittizia di valori aggravati da finalità di agevolare organizzazioni mafiose. Lo rendono note le fiamme gialle.
In particolare le attività sequestrate sono il bar ristorante 'La Passeggiata' di Viareggio (Lucca) gestito dall'omonima società il rappresentante legale è Espedito Parisi; il ristorante-pizzeria 'Salustri' di San Giuliano Terme (Pisa) gestito dalla Gbr srl che fa capo a Giuseppina Parisi; il ristorante pizzeria 'L'imbarcadero' di Marina di Pisa della Elleci di Espedito Parisi; il ristorante-pizzeria 'Antico violetto' di Pisa gestito da Al.ma srl, società accomandita semplice di Carmela Parisi & C.; e il ristopizza 'L'Arciere', a Pisa, di Giuseppina Parisi.

I sequestri, spiega la finanza in una nota, sono ''l'epilogo di lunghe e complesse indagini reddituali ed economiche, completate con attività tecniche e proiezioni investigative in Campania e nel Lazio, incentrate su un gruppo di soggetti che negli ultimi otto anni hanno effettuato grossi investimenti finanziari acquistando società ed esercizi commerciali bene avviati in rinomate zone turistiche di Pisa e della Versilia, utilizzando capitali di provenienza illecita e tentando di aggirare le norme antimafia attraverso l'intestazione formale delle quote societarie a otto prestanome e familiari compiacenti''.

Le fiamme gialle hanno ricostruito i passaggi di proprietà dei cinque locali sequestrati rilevando una ''notevolissima sproporzione tra i capitali impiegati, per milioni di euro e i redditi derivanti da attività economiche lecite dei soci delle società acquirenti, tutti di livello irrisorio''.

Sono anche stati individuati collegamenti ''tra i prestanome e i titolari effettivi, uno dei quali già condannato nel 1986 dalla Corte d'Appello di Napoli per riciclaggio a favore del clan camorristico Edoardo Contini di Napoli e ''gli sviluppi investigativi hanno consentito di risalire alle rivelazioni di cinque collaboratori di giustizia, che hanno consolidato il quadro accusatorio''.

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