Un gruppo di insegnanti del Pontormo, analizza criticamente le proposte del governo per il mondo della scuola

Alcuni insegnati del Pontormo, invitano a riflettere sulla logica delle prove INVALSI


invalsi

I momenti di crisi, come quello che stiamo vivendo, sono inevitabilmente periodi di cambiamento. Lo stiamo vivendo tutti a livello personale, in questi ultimi dodici mesi è cambiata la normativa sulle pensioni, è cambiato il nostro status di lavoratori, è cambiato l’ambiente sociale ed economico in cui viviamo, il cambiamento si “respira” nell’aria, il nostro intento, la nostra proposta è quella di vigilare con attenzione per evitare che questa realtà che cambia si rivolti contro di noi. Dobbiamo incontrarci, discutere, valutare insieme se i prezzi della crisi siano pagati solo da noi dipendenti. Dobbiamo analizzare, tutti insieme, sfruttando le nostre intelligenze, per stabilire se le proposte che avanzano gli organi dirigenti, vanno nel segno giusto, quello di progredire democraticamente. Non vorremmo che questa necessità di cambiare ed innovare, resa necessaria dallo stato delle cose esistenti, sia l’occasione per “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Vi proponiamo di riflettere sulle iniziative relative alle prove INVALSI perché vanno in una direzione che non ci convince affatto per diversi motivi che intendiamo illustrarvi.

"Il decreto 104/13, già convertito in legge, prevede, all'articolo 16, delle misure correttive nelle modalità
dell'insegnamento laddove si riscontrino delle carenze accentuate sul piano delle competenze acquisite dagli
studenti. Sebbene il principio sia condivisibile, anche nell'ottica di una razionalizzazione della spesa tramite
la destinazione dei fondi dove maggiormente servono, tuttavia le modalità proposte per rilevare l'insuccesso
e le conseguenti misure correttive rischiano di essere del tutto inadeguate rispetto alla reale natura del
problema. La legge appena promulgata prevede infatti che:
• l'insuccesso scolastico sia rilevato tramite il test invalsi
• siano stanziati dei fondi specifici finalizzati al finanziamento di corsi di aggiornamento/formazione
degli insegnanti nelle aree dove l'esito risulta non soddisfacente.
Benché a una lettura superficiale tali misure possano risultare razionali e funzionali allo scopo, riteniamo che
esse non rappresentino una reale soluzione del problema. In quanto diretti operatori nel campo dell'istruzione
sentiamo l'esigenza civica e morale di entrare nel merito della questione in primo luogo affinché la
percezione pubblica del problema sia più completa e, quindi, per proporre dei miglioramenti a quanto
previsto dalla legge, redatta inevitabilmente da personale lontano dal problema diretto; sarebbe in effetti
gravissimo per il mondo della Scuola se gli intenti positivi che sembrano animare queste nuove misure si
risolvessero, di nuovo, in un dispendio di energie e di soldi che rischia di essere inutile. L'esperienza
personale, sviluppata attraverso anni di lavoro in istituti diversi, in realtà geografiche e sociali diverse,
palesa, infatti, che l'insuccesso scolastico è generalmente dovuto all'estrazione sociale degli studenti,
all'ambiente culturale in cui ci si muove e alle peculiarità di quei territori ad alto tasso di immigrazione.
Proponiamo quindi che:
• si effettui un monitoraggio adeguato della correlazione fra le caratteristiche sociali del contesto in cui
si opera e il successo formativo
• Si utilizzino dei parametri che individuino le caratteristiche dei diversi contesti socio-culturali come
criterio fondamentale per l'assegnazione dei fondi. Gli esiti di test specifici sulle competenze, come
l'invalsi, possono essere certamente incrociati con tali parametri, ma non costituire il riferimento
principale, sia perchè, comunque non centrano, come detto, il cuore del problema, sia perchè la reale
validità dei test, almeno per come fino ad ora son stati proposti, sta già venendo messa in discussione
da più parti nel mondo della Scuola.
• Si riconosca agli istituti, nell'individuazione delle misure correttive, l'ampia autonomia che è
necessario avere a causa delle specificità dei vari contesti. Tali misure possono consistere sia
nell'organizzazione di corsi di recupero, ormai resi inconsistenti dai tagli radicali sul finanziamento
statale dei fondi di istituto, sia nella realizzazione di attività extracurricolari che possano promuovere
l'emancipazione culturale e l'affrancamento da situazioni di disagio, sia, infine, nella
sperimentazione di approcci didattici diversi da quelli praticati per i quali può rendersi necessaria
una formazione appropriata che preveda, quando neessario, l'affiancamento al corpo docente di
figure competenti in materia psicologica, pedagogica o sociologica.
• Si renda più efficace l'azione dell'insegnante attraverso la riduzione del numero di studenti per classe
nei contesti di maggior difficoltà e dove siano presenti studenti con bisogni educativi speciali o vere
e proprie disabilità certificate; in generale, infatti, riteniamo che l'azione dell'insegnante, consistendo
in un lavoro di relazione, richieda un contatto tanto più diretto e un coinvolgimento tanto maggiore
quanto più lo studente è privo di strumenti autonomi e di una autentica motivazione."
Gianni Balducci, Pietro Paolo Capezzone, Marzia Materazzi, David Parri

paolo capezzone