Il Municipio dei Beni Comuni a Bruxelles: "Con la nostra attività l'ex Colorificio ha prodotto una miriade di ricchezza"

L'ex Colorificio Toscano di Pisa

 

L' intervento del Municipio dei Beni Comuni al laboratorio su “Come creare incentivi per ridurre lo spreco e promuovere un miglior uso delle risorse” a Bruxelles durante il Responding Together - Painting Europe

L'ex Colorificio Toscano era un fabbrica abbandonata, vuota, inutilizzata.

L'atto di liberazione condotto da centinaia di cittadini – un' atto di riapertura e di rigenerazione – ha fatto sì che questa risorsa fosse ridistribuita a ciascuno secondo le proprie necessità. Partiamo da un semplice quesito: che cos'è una fabbrica? È un luogo di produzione, ma se svuotata e abbandonata, è un monumento allo spreco. L'azione condotta dal Municipio dei Beni Comuni ha permesso di trattenere la funzione sociale che una fabbrica per sua natura esprime. Vuota e abbandonata tale funzione era inibita, sospesa.

Cosa ha prodotto in un anno di occupazione\attività l'ex Colorificio Toscano? Ha prodotto ricchezza. Una ricchezza materiale e immateriale che ha sollevato l'amministrazione cittadina dalla necessità incombente di sopperire a un vuoto di spazi aggregativi, di luoghi di socialità, di produzione culturale.

Attraverso il confronto con le variegate esperienze presenti oggi a questo convegno, il mio compito è quello di dimostrare come, rispetto alle linee guida della seduta odierna, l'esperienza dell'ex Colorificio Toscano possa rappresentare un modello da assumere, condividere, replicare in Europa.

Il territorio è di per sé una risorsa limitata. L'azione del Municipio dei Beni Comuni ha preso il via proprio nel solco di una campagna contro il consumo di suolo e la cementificazione selvaggia. In particolare ci si è interrogati su come recuperare fabbriche abbandonate, dismesse, simbolo di un sistema economico in crisi, ma anche di un comportamento irresponsabile di aziende che depredano il territorio delle proprie risorse umane e materiali senza restituire nulla in cambio.

Che cos'è il Municipio dei Beni Comuni?

Uno spazio di confronto tra associazioni, collettivi politici, singoli, partiti, gruppi informali che coprono aree quali: la tutela dell'ambiente, la promozione e pratica di economia alternativa e solidale, lo sport, il dibattito politico, la musica, la cultura, solidarietà internazionale e i diritti umani. La relazione tra queste aree è di tipo sinergico, svolto all'insegna della contaminazione reciproca, dove ognuno con le proprie forme e proprie pratiche contribuisce al raggiungimento di un obiettivo comune, deciso collettivamente. Saperi ed esperienze differenti si sono messi a cooperare in un meccanismo di reciprocità che stimola in maniera permanente un esercizio di democrazia e convivenza tra mondi diversi.

Come vengono scelte le attività da portare avanti, come vengono gestiti gli spazi e le risorse disponibili?
Le decisioni vengono prese in maniera democratica ed orizzontale, attraverso il coordinamento di diversi livelli assembleari. Il piano politico più alto contempla il confronto di tutte le componenti del Municipio dei Beni Comuni sulle questioni più generali, che riguardano tutti, e così l'indirizzo dell'azione collettiva, fino ad arrivare alle assemblee delle singole realtà sulle tematiche e problematiche più specifiche. Anche le questioni pratiche, dalla logistica di gestione, la programmazione eventi e lo sviluppo dello spazio vengono affrontate da assemblee formate da esponenti di diversa estrazione.

In questo modo i cittadini hanno riconquistato la possibilità di essere propositivi e realizzatori dei propri progetti in maniera completamente autogestita, ovvero di ritornare attivi in un processo di responsabilizzazione ridiventando attori primari e trainanti di un cambiamento.

I parametri secondo i quali vengono recepite ed elaborate le proposte sono riconducibili a tre linee guida: liberare l'accesso alle risorse, favorirne un migliore uso ed evitare gli sprechi.
Il profilo delle attività che si sono sviluppate all'interno dell'ex colorificio è definito da: una dimensione aperta e pubblica, un uso degli spazi dati in gestione non esclusivo, una condivisione quotidiana di strumenti e saperi, un'aderenza a un bisogno contingente.

Qual è il processo di assimilazione che contraddistingue lo sviluppo delle attività all'interno del ex Colorificio?

Parliamo di un'azione sinergica che riguarda tutto lo spettro di formazione delle progettualità, sin dall'esordio attraverso l'esposizione pubblica di una proposta, passando poi dallo studio della collocazione più favorevole all'interno dello spazio, fino a giungere alla messa in condivisione dei saperi e delle competenze elaborate: tasselli fondamentali che concorrono a comporre la galassia dell'ex Colorificio.

Nella nostra esperienza le attività “si guardano” e quotidianamente “si parlano”, fino a diventare le singole parole di un discorso organico, perseguendo un modello di pari dignità. Parole come pace, lavoro, diritti, eguaglianza, sono declinate attraverso una pluralità di azioni, tutte coerenti tra loro.

Un esempio concreto:

A pochi chilometri dall'ex Colorificio sorge un centro di accoglienza dove hanno trovato riparo profughi della guerra in Libia. Senza voler entrare nel merito di una vicenda di pessima gestione di un'emergenza umanitaria da parte delle istituzioni, è interessante al contrario analizzare la relazione che si è sviluppata tra i giovani ospiti e l'ex Colorificio. Questi giungono presso la nostra struttura per avere assistenza legale e contemporaneamente diventano studenti del corso di italiano per migranti.

Trovano un luogo dove si sentono tutelati e “cittadini”, iniziano a interagire, a integrarsi, diventano loro stessi insegnanti della scuola d'arabo, e allo stesso tempo ciascuno di loro prende parte in maniera diversa alle attività del colorificio. Partecipano al campionato di calcio antirazzista, realizzano insieme al gruppo di artigiani e artisti un laboratorio di creta, i cui prodotti sono stati poi esposti durante una mostra mercato, autofinanziando così il prosieguo delle attività.

Da una condizione iniziale di disagio sociale si è giunti in questo modo a un reinserimento propositivo, nei termini di una vera e propria produzione di ricchezza. Una risorsa umana “scartata” diventa in questo modo attrice di un modello virtuoso, in cui ciascuno ha il suo spazio e il suo ruolo.

Questo aspetto, la liberazione e la riattivazione di risorse umane, è a nostro avviso la premessa necessaria e sufficiente a cui conseguono naturalmente pratiche di recupero e un miglior uso delle risorse materiali.

Questo è l'ex Colorificio: conversione degli spazi, condivisione degli strumenti e dei saperi, interconnessione e contaminazione in processo continuo di auto formazione, lavoro non per accumulazione ma seguendo i bisogni contingenti.

Quale è stato il ruolo delle amministrazioni?
Un'amministrazione virtuosa, per rapportarsi a queste realtà, dovrebbe saper riconoscere il valore dell'autogestione, responsabilizzando così i cittadini nei confronti della cosa pubblica.

Anzi dovrebbe farsi soggetto attivo nella promozione dell'autogestione stessa, avvallando il teorema per cui il cittadino esiste perché si autogestisce, in quanto in grado le proprie virtù e i propri problemi. Inoltre si noti che aprire spazi come quello dell'ex Colorificio significa istruire luoghi di risoluzione dei conflitti in atto nella città.
Nel caso di Pisa, purtroppo, si è andati finora in tutt'altra direzione.

Il grande assente nella vicenda che ha visto il sequestro e il conseguente sgombero di tutte le attività dell'ex Colorificio è stata proprio l'amministrazione locale, che ha preferito ascoltare solo la campana del soggetto devoto al profitto piuttosto che il bisogno della comunità.

La conseguenza è stata la chiusura momentanea, di fatto una brusca interruzione, del laboratorio sociale, culturale e politico rappresentato dall'esperienza dell'ex Colorificio.

La nostra proposta, va da sé, è quella di una riapertura immediata degli spazi a seguito di un nuovo ingresso di quella vastissima comunità che ha animato finora un simile percorso.

E questo non solo per un vantaggio della nostra città, ma perché diventi concreto quel mandato originario della stessa Unione Europea: rimettere i cittadini e le cittadine al centro delle pratiche e delle politiche, mettere in grado le comunità, che sono consapevoli dei propri bisogni, di autodeterminarsi e autogestirsi nella proposizione e risoluzione delle criticità.

Vorremmo sottolineare la grande differenza che c'è tra avere una possibilità e prendersi un rischio. Il secondo implica un processo di positiva acquisizione di consapevolezza.

Il municipio dei Beni Comuni si assumerà il rischio, appunto, di tentare il 16 novembre il reingresso e la riapertura dell'ex Colorificio. Proponiamo ai soggetti riuniti in questo convegno e a tutto il Consiglio di Europa di sostenere una simile azione, ovvero di sostenere una comunità che vorrebbe essere sovrana sul proprio territorio.

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