Si tratta di un 'esoscheletro' indossabile che permette di interagire fisicamente in un mondo non reale e permettendo di ricreare avatar che assomiglino alal persona imitata
Rendere la realtà virtuale così “reale” al punto da lasciare credere ad una persona che il suo corpo si stia muovendo attraverso le strade di una città, nonostante resti immobile e si trovi all’interno di un laboratorio di ricerca: è una delle sfide lanciate dal progetto VERE (acronimo di Virtual Embodiment and Robotic re – Embodiment), uno di quei progetti “di frontiera” presentati alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, durante la prima delle due giornate di “FET and the city”. Questa è la conferenza internazionale ospitata per la prima volta in Italia, promossa nell’ambito del progetto COFET, una delle azioni finanziate dalla Commissione Europea, DG Connect, per coinvolgere società e cittadini nei temi più innovativi e affascinanti della ricerca che verrà, proprio grazie al sostegno erogato a livello europeo per questi progetti, nell’ambito delle FET, acronimo che indica le “Tecnologie Emergenti Future”, nell’ambito della programmazione di ricerca 2014-2020 del programma H2020. A docenti, ricercatori, scienziati - uniti dalla loro “visionarietà” - si sono uniti nella prima giornata gli specialisti della comunicazione scientifica, scegliendo per l’incontro, che ha costituito la prima parte del programma della giornata di apertura di “FET and the city”, proprio la Scuola Superiore Sant’Anna, ateneo che da tempo partecipa con successo ai bandi per le “Tecnologie Emergenti Future”, con particolare attenzione ai settori della robotica e, in particolare, della biorobotica e della robotica percettiva. “La partecipazione ai progetti europei – spiega il prof. Massimo Bergamasco, fondatore del Laboratorio di Robotica Percettiva PERCRO della Scuola Superiore Sant’Anna, oggi parte integrante e importante dell’Istituto TeCIP – ci ha permesso di rinforzare le relazioni con partner internazionali e avviare anche nuove iniziative, come quella del ‘Red Hub’, spin-off dedicato alla gestione della ricerca internazionale”.
La ricerca e la scienza si pongono sempre più il problema di come superare i limiti dei laboratori e di una comunicazione “fra pari”, scegliendo parole “semplici” ma non “semplicistiche” e sfruttando molti dei canali che la migliore divulgazione può offrire. “Le nuove tecnologie devono dimostrare la loro rilevanza alla vita di tutti noi, per avere successo, che sia al lavoro, a casa o nell’intrattenimento – afferma Rhonda Smith, esperta inglese in comunicazione scientifica – e dimostrarlo nelle prime fasi dei progetti di ricerca permette di raccogliere anche i contributi degli utenti e a disegnare sviluppi e tecnologie più aderenti ai bisogni della gente”. Il coinvolgimento dei cittadini passa anche dai giovani. “All’Università di Trieste abbiamo attivato da tempo un gruppo interdipartimentale sulle neuroscienze – spiega il prof. Pier Paolo Battaglini – dove ci sforziamo di spiegare la ricerca in maniera semplice anche ai non specialisti e da alcuni anni gestiamo, insieme ai colleghi di Trento, un premio destinato ai ragazzi delle scuole superiori. Possiamo affermare di essere riusciti ad aumentare la sensibilità degli studenti verso le carriere scientifiche con un modello che può essere replicato senza costi enormi anche in altre regioni e in altri ambiti”.
La prima giornata di “FET in the city” è ovviamente caratterizzata da un approccio di caratura internazionale, ma l’attenzione si concentra anche su progetti connotati da una forte partecipazione italiana, confermando così la centralità del sistema italiano nell’ambito della “geografia europea dell’innovazione” e, in particolare, della “ricerca di frontiera”. Insieme ai progetti con il ruolo di primo piano dell’Università della Sapienza di Roma, per utilizzare le piante come sistemi di sensoristica avanzata, e dell’Università di Genova, per analizzare in tempo reale i sistemi di espressività e di empatia delle persone, riflettori puntati anche sui due progetti con il forte coinvolgimento degli atenei toscani e della Scuola Superiore Sant’Anna in particolare. VERE è uno di questi due progetti che apre prospettive del tutto inedite, unendo neuroscienze, informatica, robotica e quindi diverse branchie dell’ingegneria in un “abbraccio” multidisciplinare che permette di “uscire” dal proprio corpo restandovi immerso, facendo ipotizzarescenari dalle molteplici possibilità e permettendo di ricreare avatar che assomiglino, anche nei tratti fisici, alla persona “imitata”, grazie alle più sofisticate tecniche di “motion capture”, che permettono di “catturare” espressioni, movimenti, caratteristiche fisiche. “Con VERE – anticipa il prof. Massimo Bergamasco, referente e coordinatore per la Scuola Superiore Sant’Anna del progetto – stiamo studiando nuove tecnologie e paradigmi per mmedesimarsi, attraverso un corpo virtuale, all'interno di un'esperienza completamente digitale e viverla come se fosse reale e autentica. Oppure attraverso un robot possiamo immergerci in una esperienza remota”.
Il nuovo esoscheletro ALEX, di fatto un robot che può essere indossato, permette di interagire fisicamente con un avatar virtuale ad esempio simulando una stretta di mano che apparirà reale alla persona che indossa l’esoscheletro. Non soltanto apparirà reale, ma addirittura chi indossa ALEX vivrà le sensazioni che i diversi sensi possono offrire in relazione a quell’esperienza. “Attraverso la decodifica dell'attività del pensiero con un sistema avanzato di interfaccia fra uomo e cervello – aggiunge il prof. Antonio Frisoli, sempre della Scuola Superiore Sant’Anna - riusciamo a far navigare l'utente in uno scenario virtuale, come può essere la ricostruzione di una città, fornendo al tempo stesso all'utente la sensazione che il suo corpo si stia muovendo, nonostante egli sia seduto e, quindi, fermo". Sempre tra i progetti presentati durante "FET and the city" anche PolyWEC, coordinato dalla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e in particolare dal ricercatore Marco Fontana, per ricavare energia dalle onde del mare a bassissimo costo.
Fonte: Scuola Superiore Sant'Anna
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