L'assessore alla Presidenza: "Un punto di incontro tra Regione e Comuni nelle zone socio-sanitarie". Sedici i municipi prossimi a far sinergia
Dopo i referendum consultivi che ci sono stati da primavera fino all'inizio di ottobre, nel 2014 in Toscana ci saranno sedici Comuni che diventeranno otto. E per loro c'è una buona notizia. "La giunta ha deciso di inserire nella prossima legge finanziaria una modifica alla legge regionale 68 del 2011 che concedeva contributi, tra l'altro, proprio ai Comuni che decidono di fondersi – annuncia nel corso di un'iniziativa sulle riforme delle autonomie a Grosseto, l'assessore Vittorio Bugli – Quei Comuni per riscuotere i maggiori contributi non dovranno più attendere l'anno successivo all'elezione dei nuovi sindaci, dei nuovi consigli comunali e delle nuove giunte. I soldi arriveranno in cassa l'anno stesso". Già dal 2014. E non si tratta di poca cosa.
Ogni Comune che si fonde può contare oggi in Toscana su 250 mila euro l'anno per cinque anni di maggiori contributi regionali, fino ad un massimo di un milione di euro per fusione. A questi si aggiungono i finanziamenti dello Stato, che variano a seconda della popolazione e sono il 20 per cento, per dieci anni, dei trasferimenti erariali che gli stessi Comuni potevano vantare nel 2010. I Comuni che si fondono sono anche esentati per 3 anni dal rispetto del tetto del patto di stabilità e in questo modo possono far ripartire gli investimenti da troppo tempo fermi. Per chi però tarderà a decidersi se fondersi, gli incentivi rischiano di farsi in futuro più leggeri. E dunque conviene affrettarsi. Nelle modifiche che si pensa di apportare al testo, qualora la legge di fusione venga approvata dopo il 31 dicembre 2014 (e la legge è immediatamente successiva ai referendum consultivi, nel caso chiaramente di una vittoria dei sì) il contributo annuale scenderà a 100 mila euro per comune, fino ad un massimo di 400 mila euro per fusione.
Otto comuni al posto di sedici – Sono sedici i comuni che hanno già scelto di fondersi e dove i sì hanno vinto nei referendum consultivi decisi dalla Regione: sedici Comuni che diventeranno appunto otto. Le elezioni si svolgeranno nel corso del 2014. Si tratta di Fabbriche di Vallico e Vergemoli, di Figline Valdarno e Incisa Valdarno, di Castelfranco di Sopra e Pian di Scò e di Castel San Niccolò e Montemignaio. E poi ancora di Pratovecchio e Stia in provincia di Arezzo, di San Piero a Sieve e Scarperia in provincia di Firenze, di Crespina e Lorenzana in provincia di Pisa e di Casciana Terme e Lari, sempre in provincia di Pisa.
I Comuni dove un referendum si svolgerà nel 2014 potranno andare a nuove elezioni nel 2015. Le Unioni - E poi ci sono le unioni di Comuni, non alternative ma spesso complementari alle fusioni di Comuni. Oggi le Unioni di Comuni in Toscana sono ventisei. L'ultima a costituirsi è stata quella del Valdarno inferiore. Quella più grande, 14 comuni e più di 120 mila abitanti, è l'Unione della Valdera, nata cinque anni fa. Enti intermedi senza alcun costo aggiuntivo per la politica, che coinvolgono oltre centocinquanta comuni su 287 (ed un quarto della popolazione toscana), più di quelli che sarebbero al momento obbligati a gestire insieme, per legge, funzioni e servizi fondamentali. Obbligo che dal 1 gennaio 2014 riguarda tutti i Comuni sotto 5.000 abitanti (che scendono a 3.000, se montani).Il personale delle Unioni è tutto dei Comuni che le compongono.
Bugli: "Un punto di incontro tra Regione e Comuni nelle zone socio-sanitarie"
"Senza arrivare a fondere i 287 Comuni toscani in 51 o 34, che è lo scenario su cui ha lavorato l'Irpet, una riforma si impone: o quantomeno un diverso modo di lavorare, magari all'interno proprio di quei confini delle attuali zone socio-sanitarie, che l'Irpet utilizza come possibile matrice per le future fusioni e che in fondo coincidono con le associazioni intercomunali pensate da Bartolini ".
L'assessore alla presidenza della Toscana, Vittorio Bugli, chiarisce subito il suo punto di vista, ricordando come il lavoro sul riassetto istituzionale debba accompagnarsi alla semplificazione e alla sburocratizzazione, altro tema su cui la Regione è fortemente impegnata. Lo fa a Grosseto, dove partecipa ad un seminario sulla riforma delle autonomia locali in Toscana e i processi di fusione tra comuni: un'iniziativa della Commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale.
"Il governo sta proponendo un disegno di legge costituzionale che prevede il superamento delle Province – riepiloga – Credo che anche le Regioni debbano provare a fare proposte di revisione dei loro assetti. Se scompaiono le Province (e quindi un ente intermedio) si dovranno per forza rafforzare i Comuni". "Ciò vuol dire – spiega – che per alcune materie la Regione dovrà scendere direttamente più in basso nella gestione e avvicinarsi ai Comuni. I Comuni, a loro volta, dovranno fare uno sforzo verso l'alto, potenziando il loro ruolo e la loro capacità di governare territori più ampi. Come? Guardiamo. Per la Toscana il luogo dove questo 'punto di incontro' può avvenire penso che possano essere appunto le attuali zone socio-sanitarie".
Irpet, costi ridotti e risposte più efficaci ai cittadini
“Il mantenimento dell’assetto istituzionale vigente non è una scelta neutra, ma implica una precisa preferenza per il taglio dei servizi”. Sabrina Iommi, ricercatrice dell’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana (Irpet), ha concluso così la sua relazione al convegno “La riforma delle autonomie locali in Toscana ed i processi di fusione”.
L’attuale assetto istituzionale, infatti, non corrisponde più alle comunità reali. La popolazione usa quotidianamente bacini territoriali molto più ampi di quelli governati dal singolo ente locale. Alcuni servizi vengono già progettati e gestiti su scala maggiore. Si pensi, ad esempio, a quelli a rilevanza industriale come rifiuti, trasporti, idrico, oppure alle varie forme di associazionismo.
“L’eccesso di frammentazione comporta costi rilevanti, sia espliciti, come i costi di funzionamento delle singole strutture, sia impliciti, come il ruolo debole degli enti locali – ha rilevato Iommi – La riduzione della frammentazione consente risparmi di spesa significativi, ma anche altri effetti positivi: potenziamento dei servizi, maggiore omogeneità dell’accesso agli stessi, riduzione dei passaggi burocratici, maggiore specializzazione degli operatori pubblici, maggiore peso decisionale degli amministratori locali”. Solo sul fronte della spesa i risparmi stimati dall’Irpet oscillano dai 18 ai 20 milioni di euro. Su scala regionale la cifra sfiore i 400 milioni di euro.
Il messaggio di saluto del presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci e l’introduzione del presidente della commissione Affari istituzionali, Marco Manneschi: “La legge ha funzionato”
“E’ indubbio nella tutela delle autonome scelte delle comunità locali, storica ricchezza della Toscana, che il processo di ridefinizione delle dimensioni comunali o degli ambiti di esercizio di determinate funzioni sia necessario per garantire la miglior capacità delle Amministrazioni pubbliche di offrire risposte e servizi ai bisogni dei cittadini. Comprendo che non si tratta di un processo semplice, né di immediata attuazione: comprensibili le resistenze culturali di fronte a simili novità. Iniziative come quelle di oggi servono pertanto proprio a condividere con i cittadini una diffusa conoscenza delle opportunità che una simile riforma offre alla toscana”.
E’ il saluto inviato dal presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci ai partecipanti al convegno “La riforma delle autonomie locali in Toscana ed i processi di fusione”, in corso alla Camera di Commercio di Grosseto. Il testo è stato letto dal presidente della commissione Affari istituzionali Marco Manneschi in apertura dei lavori del convegno. Manneschi ha fatto il punto sui processi di fusione in corso nella nostra regione, indicando limiti e criticità. Manneschi ha sottolineato l’impegno del Consiglio al rispetto sostanziale della volontà dei cittadini.
“La legge sul sistema delle autonomie locali (68/2011) ha funzionato, anche se in alcuni casi i cittadini sono stati contrari alle fusioni – ha osservato - L’aspetto fondamentale non è quello economico. L’elemento cruciale è la progettualità. La fusione deve avvenire sulla base di un progetto, che permetta alle comunità di mettersi in discussione e superare le paure e le diffidenze che vengono dal passato”.
Antichi, è nostro dovere attuare processo autoriforma
“Mantenere gli assetti esistenti non è una scelta neutra – ha cocncluso il vicepresidente della commissione Affari istituzionali Alessandro Antichi – In attesa che il Parlamento metta finalmente mano alla riforma complessiva dell’architettura della Repubblica, è nostro dovere attuare un processo di autoriforma delle istituzioni locali, sulla base della legislazione vigente”. “ Si tratta – ha precisato – di promuovere processi volontari di aggregazione, mediante la fusione di Comuni, sulla base di progetti condivisi”.
“Il governo sta proponendo un disegno di legge costituzionale che prevede il superamento delle Province ed un disegno di legge ordinario per non eleggere i consigli provinciali – ha ricordato l’assessore regionale alla presidenza Vittorio Bugli - A livello parlamentare dobbiamo pensare ad una Camera delle autonomie, la madre di tutte le riforme ed anche le Regioni devono fare proposte di revisione dei loro assetti”.
“Per alcune materie la Regione stessa dovrà scendere direttamente più in basso nella gestione e avvicinarsi ai Comuni – ha aggiunto - I Comuni, a loro volta, dovranno fare uno sforzo verso l'alto, potenziando il loro ruolo e la loro capacità di governare territori più ampi. Per la Toscana il luogo dove questo 'punto di incontro' può avvenire penso possano essere appunto le attuali zone socio-sanitarie”.
“La filiera istituzionale è troppo lunga e genera costi eccessivi. Va ridotta. Ho molti dubbi che il modo più efficace sia attraverso le fusioni”. E’ stato il presidente della Camera di Commercio di Grosseto, Giovanni Lamioni, ad aprire il dibattito. “E necessario rimettere in discussione tutto il sistema delle autonomie locali – ha affermato – E’ giusto cambiare i confini amministrativi, in modo volontario, ma occorre guardare a tutta la filiera istituzionale in termini di progetto e pensare ad enti in grado di governare le economie locali”. “La vera questione è come si organizza il decentramento amministrativo – ha osservato il presidente della provincia di Grosseto Leonardo Marras – Le fusioni sono una grande opportunità nelle aree fortemente urbanizzate, ma sono meno uitli nelle aree rurali”. A suo parere occorre guardare alla realtà di altri paesi europei, che ad esempio assegnano ad enti intermedi funzioni che non possono essere svolte dalla Regione o dai Comuni, per far sentire i cittadini più vicini alle istituzioni. “Non dobbiamo disperdere un patrimonio. C’è tanta storia dietro le comunità. Ad esigenze specifiche occorrono soluzioni specifiche”. Sono intervenuti, tra gli altri, i sindaci di Pian di Scò, Nazareno Betti, di Roccastrada, Giancarlo Innocenti, di Capalbio Luigi Bellimori e la vicesindaco di Magliano in Toscana Eva Bonini. Presenti tra il pubblico i consiglieri regionali Vanessa Boretti e Marco Spinelli.
Giurlani: “Risparmi fino a 400 mln? Venite a spiegarci come. Pronti a confronto dati alla mano.”
Ancora confusione sui “presunti” risparmi consistenti che si otterrebbero dalle fusioni dei piccoli comuni. Uno studio dell’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana (Irpet) stima che sul territorio della provincia di Grosseto la spesa diminuirebbe di circa 18-20 milioni di euro, con un risparmio stimabile intorno il 30%. Per la nostra regione potrebbe giungere a toccare quasi 400 milioni di euro l’anno a regime. E ancora lo studio evidenzia che i piccoli comuni costano relativamente molto per produrre servizi poveri. Al di sotto di una certa dimensione è impossibile che un ente locale fornisca servizi soddisfacenti per la propria comunità. Le spese per il ‘funzionamento della macchina’ lasciano poche risorse a disposizione, sia finanziarie che umane.
“E’ l’ora di smetterla di fare questo ‘conti’ a tavolino – commenta il Presidente di Uncem Toscana Oreste Giurlani – non è realistico che le fusioni dei piccoli comuni portino ad un risparmio di 400 mln. Innanzitutto sono i cittadini ad esprimersi sulla fusione o meno attraverso uno specifico referendum, quindi la loro scelta è sacrosanta, ma non è giusto far passare tali messaggi, chi fa tali studi ci venga a spiegare come è possibile ottenere questi risparmi. Poi ancora, in questo modo in nome di un presunto contenimento delle spese della politica si riduce notevolmente la rappresentanza democratica dei cittadini e la rappresentanza territoriale nell'ambito dei singoli territori”.
“E a proposito di questi ‘lucrosi’ risparmi - aggiunge - voglio ricordare che abbiamo già dato: con la gestione per macroaree per esempio dei servizi idrici (Ato) abbiamo visto che a fronte di un servizio rimasto pressochè uguale, o forse peggiorato, le tariffe invece sono sensibilmente cresciute. Se non c’è un vero disegno condiviso da tutti che veda nella fusione una strada virtuosa, non la si può imporre, e poi ricordiamoci che si privano le amministrazioni comunali dell'apporto di veri e propri volontari che aiutano a fronteggiare le varie necessità e contribuiscono a facilitare e favorire il rapporto tra istituzioni locali e cittadini. Quanto vale questa risorsa che è fatta dal rapporto intenso dei cittadini verso le proprie comunità e che proprio nei piccoli comuni trova la sua espressione più forte?!
“In quanto ai costi della politica, figuriamoci se sono qui, basterebbe ricordare – chiude Giurlani - che il consigliere comunale di un piccolo comune percepisce un gettone di presenza che va dai 13 ai 16 euro lordi a seduta, in media per 10-12 sedute di consiglio l'anno, i sindaci percepiscono indennità che vanno da 500 a meno di mille euro mensili, insomma il risparmio per i piccoli comuni sarebbe di qualche migliaia di euro, altro che 400 mln”.
Fonte: Regione Toscana
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