Dal borgo di Lari ai ghiacci dell'Islanda: la storia di Maurizio Tani, a 4mila km da casa

Non basta andare all'altro capo del mondo per finire in una terra completamente diversa da quella di casa. Questo è quanto capitato a Maurizio Tani, protagonista di questo nuovo episodio di 'Toscani in giro'. Il borgo di Lari e le città di Pisa e Perugia sono meravigliosi, ma altrettanto belli sono i ghiacciai di Rejkavik, in Islanda. Maurizio, se così possiamo definirlo, è un 'esportatore della nostra cultura' tra le lande dell'isola nell'Oceano Atlantico. Infatti insegna la lingua, fa la guida turistica e l'interprete. Con un pizzico di ironia Maurizio ci presenta la sua storia.

Nome e Cognome:  Maurizio Tani

Anni: 44

Cresciuto a: Lari (PI)

Studi:  Università di Pisa (Conservazione dei Beni Culturali – Storia dell’arte), Università Stranieri Perugia (Didattica italiano lingua non materna)

Residenza e professione: Reykjavik, insegnante di lingua e cultura italiana, guida turistica, interprete.

Lavoro in Italia: Contratto con cooperativa come addetto biblioteca e archivio storico, insegnante di lingua e cultura italiana

Prima esperienza all'estero: progetto volontariato beni culturali EU al Museo Regionale di Östersund (Svezia) e borsa di studio per università estiva del patrimonio culturale di Eger (Ungheria)

Perché ha deciso di andare all'estero?
Per avere più possibilità di crescita professionale, conoscere lingue, società e culture straniere.

In Islanda ero venuto per dimostrare a quella che è diventata mia moglie (e madre dei nostri 4 figli) che non avrei potuto rimanere più di qualche mese; non immaginavo che un laureato in storia dell’arte e conservazione dei beni culturali potesse campare onestamente del suo lavoro in un paese semidesertico con una densità di abitanti così bassa, con più pecore (400.000) che cristiani (330.000). Evidentemente il mio tentativo è fallito miseramente, visto che sono qui dal 2001.

Quali sono le principali differenze fra il mondo del lavoro italiano e quello estero?
Dinamicità senza perdere la dignità del lavoratore (tutela, semplicità dei rapporti con le istituzioni dello Stato, rispetto reciproco tra lavoratore e datore).

La vita e il lavoro all'estero sono diversi dall'idea che ti eri fatta prima di partire?
Non avevo un'idea precisa. Sapevo cosa lasciavo, immaginavo che le cose non sarebbero cambiate velocemente e quindi prevedevo di tornare in Italia dopo dieci anni; le cose poi sono andate diversamente.

Cosa ti manca dell'Italia?
Il contatto più costante e diretto con parenti e amici d’infanzia e gioventù, poter dare un contributo alla vita culturale, economica e politica della mia comunità di origine.

Torneresti a lavorare in Italia?
Si, anche subito.

Hai qualche aneddoto sulla permanenza all'estero?
Quando ero in Europa continentale non avevo né carte di credito né prendevo aerei, usavo tanto la macchina e i mezzi pubblici per andare all’università, a lavoro o in giro, poi sono finito ad abitare in Islanda dove stanno pensando di abolire i contanti e dove mi capita di fare il pendolare in aereo quando vado a fare la guida turistica o ad insegnare all’università di Akureyri nel Nord dell’isola.

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