
Prima rappresentava il lusso natalizio, ora si trova in grandi quantità in ogni stagione. Prima era sulle tavole raffinate, oggi serve per le cene di massa. Il salmone è uno dei cibi che forse più di tutti rappresenta la globalizzazione alimentare che stiamo vivendo. Ma quando parliamo di salmone non parliamo del salmone selvatico come vediamo nelle foto con l’orso che acchiappa al volo il pesce che faticosamente risale il fiume. Parliamo del salmone di allevamento intensivo. Gli allevamenti intensivi si sono moltiplicati a dismisura, mentre gli stock di salmone selvatico sono ben lontani dal ripopolamento: quello Atlantico è addirittura in estinzione, mentre quello del Pacifico è in grave calo.
Ancora una volta non si tratta di parlare del buon tempo antico dove vince la natura, mentre oggi tutto è negativo. Si tratta di conoscere. E poi riflettere su come comportarsi.
L’allevamento intensivo e quindi il salmone di allevamento che possiamo mangiare ha alcuni problemi. Quali?
- Negli allevamenti intensivi i reflui non vengono mai lavati via e si lasciano semplicemente cadere attraverso le reti. Pensateci, è come se non cambiaste mai la sabbietta al vostro gattino. Il risultato sono migliaia di tonnellate di escrementi e rifiuti che si depositano nel fondale intorno agli allevamenti che non vengono mai rimossi
- I salmoni di allevamento spesso sono colorati di rosa per imitare i salmoni selvaggi. I produttori utilizzano un colorante specifico - Salmo Fan - per ottenere il colore che il mercato richiede. Come fanno? Aggiungono il colorante nel mangime, facile
- Ad aprile 2013, la Norvegia ha ottenuto il consenso dell’Unione Europea per aumentare le quantità di Endosulfano nei mangimi. Sapete che cosa sia? Un pesticida molto tossico bandito in numerosi Paesi
- Foche, uccelli e leoni di mare spesso rimangono intrappolati nelle reti che delimitano gli allevamenti
- Gli allevamenti intensivi non sono assolutamente efficienti e per ottenere un kg di salmone ne servono almeno 5 di altri pesci. E contribuiscono largamente alla riduzione degli stock ittici che sta portando all’estinzione di molte specie
- I medici norvegesi consigliano alle mamme in attesa di evitare il salmone a causa dell’alto livello di tossine contenute in quelli da allevamento intensivo. Sostanze conosciute per provocare danni allo sviluppo del cervello nei bambini. Dal momento che migliaia di persone mangiano salmone convinti che faccia bene alla loro salute dovrebbero conoscere tutti i rischi collegati
E’ vero che esistono ancora (pochi) salmoni selvatici come è vero che ci sono sicuramente colture biologiche di salmone, ma i numeri sono molto esigui. Nella maggior parte dei casi il salmone viene allevato con pratiche intensive, un tipo di acquacoltura che presuppone un’altissima densità di biomassa allevata per unità di superficie e predilige le specie carnivore. Spesso inoltre le farine alla base dei mangimi sono ottenute da pesci pescati dall’altro capo del mondo: all’energia utilizzata per il processo di trasformazione va pertanto ad aggiungersi anche quella necessaria al trasporto e allo stoccaggio.
Un problema dell'acquacoltura (con diversi pesi e diverse misure ovviamente a seconda della grandezza dell’allevamento) riguarda i reflui che contengono le deiezioni dei pesci, gli scarti di mangimi, i residui di antibiotici. Si tratta di immissioni che inevitabilmente cambiano la composizione chimica dell’acqua che può favorire la crescita di alghe con conseguente produzione di tossine pericolose per gli organismi marini e per l’uomo. Quando un ecosistema è troppo compromesso per ospitare un allevamento, l’impianto è semplicemente spostato da un’altra parte.
Per capirci: le scorie prodotte in un anno da un allevamento di 200 000 salmoni sono pari ai liquami di una città di circa 60.000 abitanti.
Bisogna considerare inoltre che la produzione industriale ha bisogno di un’altissima densità di allevamento e in un ambiente del genere il rischio di epidemie è altissimo, richiedendo inevitabilmente l’uso di antibiotici. Aggiungere gli antibiotici ai mangimi è prassi comune dunque, ma ciò favorisce lo sviluppo di batteri resistenti nei sedimenti e sui fondali, in corrispondenza degli allevamenti: un pericolo sia per gli uomini sia per gli ecosistemi all’interno dei quali si trovano le vasche.
E’ vero che il salmone è ricco di omega3 (come anche tutto il pesce azzurro del resto, quel tipo di pesce che si trova nei nostri mari a prezzi accessibili, anche se non così glamour come il salmone) ma dobbiamo ricordarci che è meglio mangiare pesci a ciclo vitale breve perché non hanno avuto il tempo di impregnarsi di sostanze tossiche. Il salmone come tutti i grandi pesci della catena trofica accumula quantità non trascurabili di sostanze nocive alla nostra salute, purtroppo presenti nell’acqua, senza contare le tracce lasciate dai disinfettanti e dagli antibiotici – come dicevamo – utilizzati negli allevamenti.
Non voglio di certo dirvi cosa mangiare e cosa no, ma invitarvi a riflettere, a scegliere con maggiore consapevolezza cosa portate in tavola, provando a darvi gli strumenti per scegliere un cibo che sia buono, pulito e giusto. Variamo le nostre scelte alimentari, soprattutto sul pesce. Nel Mediterraneo vivono più o meno 300 specie di pesci commestibili, senza contare crostacei e molluschi vari. Eppure noi ne peschiamo e consumiamo solo alcuni, tanto che i pesci più diffusi in Italia sono: branzino, orata, rombo. Non possiamo darvi una regola unica, se non quella di prediligere le specie meno conosciute e soprattutto di non essere timidi e tempestare di domande il pescivendolo o il ristoratore. La curiosità, infatti, è sempre fondamentale, per qualsiasi tipo di scelta.
Conoscete il sugarello? E’ un pesce dei nostri mari. Un bel pesce e anche buono al gusto.
Si pesca in tutto l’anno ( tranne a luglio e agosto). E’ buono in umido e arrosto. Soprattutto costa poco. Per ora perché comincia a piacere e vale sempre di più. Affrettatevi.
Enrico Roccato