
Un milione e trecentomila persone, di cui ben 450.000 sotto i trent'anni, dal 2000 a oggi hanno potuto trovare, orientare, o qualificare il proprio lavoro, e in qualche modo cambiare la propria via grazie al Fondo sociale europeo.
E' questo uno dei principali motivi per festeggiare, anche in Toscana,i sessant'anni del primo dei fondi strutturali, quello nato in parallelo all'istituzione della Comunità economica europea.
Un fondo su cui fa perno la Regione per le politiche sull'occupazione, la formazione e l' inclusione sociale: nella prima tranche dell'ultima programmazione (2014-2020) la Regione ha già impegnato oltre il 40% delle risorse disponibili (in tutto 732 milioni di euro).
Un dato questt'ultimo, emerso oggi a Firenze, in occasione dell'evento organizzato annualmente dalla Regione Toscana per fare il punto sull'avanzamento del programma, e per presentare le principali opportunità che saranno a breve messe in campo, ma che in questo caso è servito anche a ricordare il traguardo di età raggiunto dal Fondo.
"Da 60 anni le persone al centro" è infatti il titolo dell'iniziativa organizzata al teatro della Compagnia, e che ha avuto al centro i risultati, interventi, strategie e nuove opportunità del , programma ma anche il dibattito sul suo futuro, nell'Europa post 2020, soprattutto alla luce dell'ipotesi di tagli sul bilancio europeo post 2020.
Il Fse è il principale strumento finanziario con cui la Ue investe sulla sua risorsa più preziosa, le persone. Lo fa qualificandole, aiutando chi ha perso il lavoro a ritrovarlo attraverso incentivi o rafforzando le proprie capacità e competenze per affrontare meglio i cambiamenti del mercato. Lo fa anche offrendo servizi per l'infanzia in modo da conciliare famiglia e tempi di lavoro, lo fa offrendo un'attenzione speciale alle categorie più fragili, come gli anziani e i disabili.
La Toscana, per il settennato 2014-2020, ha avuto a disposizione, come detto, 732 milioni di euro. Oggi, dall'analisi del percorso sin qui compiuto, è emerso che il 42% di questo importo (pari a 308 milioni) è già stato movimentato e in larga misura impegnato. Una grande quantità di bandi e progetti sono partiti permettendo di realizzare circa 7 mila interventi che hanno raggiunto oltre 430mila destinatari. Si tratta di interventi diretti in molti casi verso le categorie più deboli e vulnerabili: i giovani, le donne, i disoccupati di lunga durata, i soggetti svantaggiati ( disabili, ex detenuti, ex tossicodipendenti etc).
Nel corso del 2017 sono stati rafforzati i servizi per l'impiego che costituiscono uno snodo fondamentale di accesso ai servizi e alle politiche attive per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, e sempre a sostegno dell'occupazione oltre alla misura storica degli incentivi per le imprese (in area di crisi) e le misure a sostegno dei lavoratori precari o di aziende in difficoltà (Sportelli Prometeo4.0), sono stati avviati percorsi sperimentali e integrati per favorire la ricollocazione nel mondo del lavoro, misure a sostegno della mobilità professionale e molteplici interventi per favorire l'accrescimento delle competenze professionali, grazie alla variegata offerta formativa proposta.
Sul fronte inclusione sociale per favorire il rafforzamento dei servizi socioeducativi rivolti a bambini e dei servizi di cura rivolti ad anziani non autosufficienti e sostenere contestualmente la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in particolare delle donne, sono stati garantiti i buoni servizi per l'infanzia e i buoni servizio per il sostegno alla domiciliarità.
Come sempre grande rilevanza hanno assunto gli interventi dedicati ai giovani (oltre 255 milioni del POR FSE sono a loro destinati) nell'ambito del progetto Giovanisì: tirocini, servizio civile, percorsi di apprendistato, di alternanza scuola lavoro,alta formazione, misure a sostegno dell'autoimpiego (coworking) e della libera professione.
Per il 2018 sono già stati programmati oltre 20 interventi: molti bandi e avvisi sono rivolti ai giovani (percorsi di formazione, tirocini, servizio civile, borse di studio), ma ci sono anche i voucher per sostegno alla domiciliarità per soggetti disabili con particolari patologie (Alzheimer), ci sono opportunità per accompagnamento al lavoro per persone svantaggiate, iniziative per il sostegno dell'offerta di servizi educativi da 3 a 36 mesi.
Le parole di Rossi
"L'Europa è come una bicicletta" dice Rossi. La ruota davanti è il mercato e la concorrenza, quella dietro la coesione; e, quando questa si sgonfia, chi è sopra rischia di cadere e l'Europa come è nata (e come è stata sognata) diventa un'altra cosa. "Servono invece – spiega - tutte e due".
Sul palco dell'evento annuale dedicato al Fondo sociale europeo, al Cinema "La Compagnia" di Firenze, il presidente della Toscana Enrico Rossi ricorda l'importanza, "di cui troppo spesso ci si dimentica", dell'Europa come "laboratorio di elaborazione di grandi strategie politiche e di programmi da perseguire"; e sferza "la politica che troppo spesso abbonda in Italia di chiacchiericcio anziché essere concreta", mentre concreti sono gli obiettivi e le strategie di Europa2020, che guardano "ad una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, che puntano ad un mercato socialmente sostenibile". Un'Europa con il 75% di occupazione, il 3% del Pil impiegato in ricerca e sviluppo, impegnata sui cambiamenti climatici, che prova a ridurre del 20 per cento i consumi e il ricorso ai combustibili fossili e far crescere invece del 20% le fonti rinnovabili, impegnata contro la povertà e sulla formazione del capitale umano. "Gli stessi obiettivi – annota Rossi – che noi in Toscana abbiamo fatto nostri nel programma regionale di sviluppo, aggiungendo ulteriori risorse ai fondi europei".
Lo spettro, già evocato nelle scorse settimane, è quello di un riduzione del 30 per cento, dopo il 2020, del Fesr, il fondo di sviluppo regionale. Per l'Italia e la Toscana rimarrebbe uno solo dei due pilastri europei, il mercato e la concorrenza. Un orizzonte a cui Rossi, critico anche rispetto ad una rinazionalizzazione dei fondi, non si rassegna e per cui nei giorni scorsi è andato a parlare con il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker.
"Dai mercati è nata l'Europa e il mercato è un fattore di crescita propulsivo che non va demonizzato e che nell'ex Europa dell'est ha avuto i suoi effetti positivi – spiega il presidente dal palco – . Ma bisogna anche contenere gli squilibri che crea". "Per questo – aggiunge - ci sono due ruote e da convinto europeista dico che questi fondi vanno mantenuti e magari accresciuti". Come? "Facendo sì che l'Europa possa contare anche su risorse autonome – dice -, che non siano solo quelle versate dagli Stati: con una tassa sulle emissioni di Co2 o sulle transizioni finanziarie, come la Tobin Tax". "Anche con un'Europa - aggiunge - che sul raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi dei fondi strutturali faccia le pulci come sul rispetto delle regole del patto di stabilità".
Jacques Delors, nel 1989 e con un'Europa allora a dodici, ricorda il presidente della Toscana, propose ed ottenne il raddoppio dei fondi strutturali. "Oggi siamo tornati indietro. Dopo il 2014, in piena crisi, sono calati a meno dell'1 per cento del Pil e ora si rischia un altro colpo che sarebbe esiziale". "L'Europa di destra che ci comanda – spiega meglio a margine, intervistato da alcuni giornalisti - vuole ridurli ancora. E a questo dobbiamo opporci perché altrimenti rimarrebbe solo l'Europa delle multinazionali e dei grandi capitali finanziari, mentre l'Europa deve essere anche dei lavoratori, dei giovani, dei ricercatori e delle imprese che fanno innovazione e ricerca. Il nostro Paese ha una posizione assennata e ci mobiliteremo con le altre Regioni".
"Vi immaginate - dice Rossi – cosa potrebbe fare l'Italia o un qualsiasi altro paese europeo in un mondo di grandi paesi continenti come la Cina, l'India o gli Stati Uniti?". E' la risposta a chi pensa che coltivare il proprio orticello sia meglio. Non si può, per il presidente, neppure misurare il vantaggio dello stare in Europa con calcoli puramente ragionieristici su quanto versa e riceve ogni Stato, e per giunta limitandosi al riparto dei fondi comunitari. "Così è nata la Brexit e si finisce all'Italiexit" rimarca. "Poi – aggiunge – i problemi ci sono: è vero che in certe regioni c'è un ritardo sulla spesa. Ma non dimentichiamoci che siamo partiti con due anni di ritardo e che i fondi, con i Governi impegnati a fare i conti e discutere, sono arrivati nel 2016 e non nel 2014". Con la Toscana che a scelto, anche per questo, di anticiparli con proprie risorse.
A margine del convegno c'è anche una domanda sugli strumenti per combattere la precarietà del lavoro, a partire da quello dei giovani. "Basta far sì che i contratti precari costino molto di più degli altri – risponde Rossi – E non lo dico io: cito Prodi".
Parlano Barni e Grieco
Due fuochi che convergono: impreziosire il capitale umano ma anche tenere sulla coesione sociale. E sullo sfondo, senza mai dimenticarlo, le persone. Al Cinema "La Compagnia" di Firenze si è fatto stamani il punto sulle politiche messe in campo dalla Regione Toscana sul fondo sociale europeo, da sessanta anni lo strumento finanziario principale con cui la Ue investe sulla sua risorsa più preziosa, le persone. E i due obiettivi, formazione e coesione, li richiama dal palco l'assessore all'istruzione e al lavoro Cristina Grieco, che presiede anche la commissione omonima della Conferenza delle Regioni.
Poco prima era stata la volta della vice presidente ed assessore alla ricerca, università e attività internazionali Monica Barni, che ha sottolineato la coerenza tra le politiche messe in campo e gli obiettivi dell'Europa. "E' soprattutto attraverso le azioni sulla formazione, l'istruzione e l'inclusione sociale, in gran parte realizzate attraverso il fondo sociale europeo – dice –, che si ottengono giovani più competitivi, un mercato del lavoro più forte e soprattutto paesi in cui c'è inclusione sociale. E non dobbiamo dimenticarcene".
Grieco entra nello specifico, ricordando luci e ombre. "L'occupazione in Italia in questi anni è cresciuta, anche tra i giovani – annota - ma si è fatta più precaria. Rimangono inoltre le difficoltà di alcuni territori. Questi ed altri sconvolgimenti vanno gestiti". Puntando appunto sulla formazione e sulla coesione.
I risultati non mancano. "In Toscana – ricorda Grieco - il tasso di abbandono scolastico è passato dal 2014 al 2016 dal 13,8 all'11,5 per cento, quasi a livelli europei. In Italia è calato dal 15 al 13,8 per cento". Per i cosiddetti ‘neet', ovvero i giovani che non studiano, non seguono corsi di formazione né lavorano, si è passati, negli stessi anni, dal 20,1 al 18%. In Italia il progresso, ricorda l'assessore, è stato dal 26,2 al 24,3%. "Ma vogliamo far ancora far meglio – prosegue dal palco Grieco – e ridurre ancor di più il numero di ragazzi che oggi siedono in panchina e non entrando in campo non possono giocare la loro partita, rischiando di accrescere le sacche dell'emarginazione sociale".
Si dice che oggi un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro cambierà in media almeno nove volte impiego nell'arco della vita. "Dobbiamo concentrarci su queste transizioni per renderle più facili e veloci – conclude Grieco - e la prima e più importante è quella tra scuola e accesso al lavoro. Lo stiamo facendo creando ponti e orientando sempre più la formazione al risultato".
Fonte: Giunta Regionale
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